di MATTEO CORSINI
Sono in molti a ritenere che i social network facciano male, soprattutto agli adolescenti. Non ne sono un grande frequentatore, ancorché non abbia nulla in contrario a chi lo fa con assiduità.
Trovo però interessante che questo “male” pare sia diventato più grave da quando i proprietari delle piattaforme si sono allontanati politicamente dall’area progressista che va da sempre per la maggiore soprattutto nella zona di maggiore insediamento, ossia San Francisco e dintorni.
Secondo Enrico Pedemonte i fondatori erano consapevoli degli effetti che le piattaforme avrebbero avuto sugli utenti, ma la loro avidità li ha spinti ad andare avanti, alimentando dipendenze, generando ansia e facilitando la diffusione di informazioni false, con grave nocumento per le democrazie. Ovviamente in una fase storica in cui alle elezioni vincono spesso quelli sbagliati. “I grandi capitalisti che controllano le piattaforme operano in modo da conquistare un controllo monopolistico sui loro mercati”, secondo Pedemonte.
E pare che ciò sia dovuto, tra le altre cose, all’ispirazione tratta dalle idee di Ayn Rand sulle virtù dell’egoismo. Da quando alla Casa Bianca è tornato Donald Trump, poi, le principali piattaforme hanno eliminato il fact checking che riduceva la circolazione di falsità pericolose in nome della libertà di espressione.
A parte il fatto che alla voce “fact checking” ci finivano spesso censure non tanto sui fatti, bensì sulle opinioni quando queste non erano politically correct, segnalerei a Pedemonte che cercare di aumentare le quote di mercato è un obiettivo di qualsiasi società a scopo di lucro.
Ma per quanto possa sembrare controintuitivo, i monopoli e le posizioni dominanti si rafforzano all’aumentare della regolamentazione, perché i costi di compliance rappresentano una formidabile barriera all’entrata per potenziali concorrenti. Non a caso le grandi imprese, in qualsiasi settore, non sono mai contrarie a nuove regole, semplicemente cercano di influenzare il processo legislativo a loro favore.
In tutto questo Ayn Rand non c’entra nulla, come solo chi non l’ha mai letta può non sapere. E ho l’impressione che Pedemonte sia tra costoro.
La presenza di pochi grandi attori, i famosi “oligarchi” o “grandi capitalisti” che esercitano un “monopolio” o un “oligopolio”, o che fanno “cartello”, conviene alla politica, è voluta, cercata e mantenuta, perché chiaramente pochi grandi attori con cui sedersi al tavolo e fare accordi per poter attraverso di loro esercitare un controllo sulla discussione pubblica e l’informazione, quindi sul processo democratico che dovrebbe controllarli, sono esattamente ciò che vogliono politici e burocrati. È ovvio che il loro dirigismo mal si sposi con settori dinamici, in mano al mercato, con una pluralità di attori di ogni dimensione, ordine e grado, che nascono, muoiono, crescono, decrescono, si aggregano si separano, e che sono tenuti dal processo concorrenziale a seguire il mercato e non la politica. Certo, si potrebbe sempre superare questo modello fascistoide in peggio, con lo Stato che espropria e gestisce direttamente lui i social, la rete, i media, etc..
Mah, Twitter e Facebook 4 anni fa avevano bannato a sangue Trump presidente e tutti i canali TV (a parte i camerieri della Fox) lo vedevano come il fumo negli occhi.
Magari oggi hanno aggiustato un po’ il tiro, ma tornare in rovina si fa in fretta (“gradatamente prima, poi di colpo” come diceva Hemingway).