Nonostante lo scorso 14 novembre, la “rivolta fiscale” minacciata da Salvini si sia rivelata un bluff pazzesco, ormai, ai leghisti è concesso dire qualsiasi corbelleria e la mandria giornalistica riporta. L’Ultima? E’ di ieri, dell’imbucato di sempre Davide Caparini: “Il canone Rai non lo paghiamo, non abbiamo intenzione di versare imposte a un’emittente che oggi è il megafono di uno Stato ladro. La nostra è legittima obiezione fiscale”. La storia della Lega e della Rai, merita qualche rinfrescata di memoria.
“Nel 1994, la Lega appoggiò i referendum dei radicali che prevedevano sia la “privatizzazione della Rai” che “l’abolizione della pubblicità per la televisione pubblica”.
Il 9 agosto del 1996, il “capo” (Bossi), in una dichiarazione rilasciata durante il solito comizio estivo a Ponte di Legno, dove ha sempre passato le vacanze in casa Caparini, minacciò “l’abbattimento dei suoi ripetitori televisivi”. Io c’ero ad ascoltarlo. In molti altri comizi, ad ogni buon conto, prese a male parole la tv di Stato ed i suoi giornalisti.
Nel dicembre del 1998, qualche decina di giovani leghisti occupò la sede Rai di Milano. Motivo? Erano “stanchi dell’oscuramento sistematico di cui la Lega Nord è vittima”.
Quando nel 1994, Umberto Bossi decise di togliere la fiducia a Berlusconi disse che un altro dei motivi era la mancata approvazione di una legge antitrust, che il cavaliere non voleva fare.
Per farla breve, da anni, la Lega ha iniziato ad occuparla per davvero la Rai, a tutti i livelli. Il primo in “quota” Lega, come si usa dire nel linguaggio politically correct fu Gianluigi da Rold. Tra i direttori de “la Padania”, a parte Gianluca Marchi, sono entrati nella tv di Stato Giuseppe Baiocchi, Gigi Moncalvo e, ultimo, Gianluigi Paragone. Quest’ultimo, arrivò al giornale del Carroccio grazie alla conoscenza di Antonio Marano, che in Rai ha fatto il direttore di Rete. Di lui il ricordo migliore che serbo è la censura di un giornalista assolutamente indipendente come Massimo Fini, al quale non venne permesso di realizzare il programma “Cyrano”.
Max Parisi, quello delle dieci domande al presunto “Berlusconi mafioso” quando stava a “la Padania”, ha pure lui provato le brezza della tv pubblica come giornalista con un contratto di consulenza. Ha lavorato come inviato di “Punto a capo”, la trasmissione condotta da Giovanni Masotti.
Sonia Sarno, ex compagna di Daniele Vimercati, è passata da “Tele Padania” prima di approdare alla Rete ammiraglia dello Stato, oggi è un volto del Tg1.
Il mondo Rai in “quota Carroccio” è composto da una sequela di nomi. Il conduttore Milo Infante, Daniele Renzoni, Aldo Papa, già collaboratore dell’ex ministro Castelli.
L’abbordaggio alla Rai iniziò con la politica però, nel senso più stretto della parola: Davide Caparini, deputato bresciano entrò nella “Commissione Parlamentare per l’indirizzo Generale ela Vigilanzadei Servizi Radiotelevisivi”.
Il primo uomo di peso, invece, lo piazzarono dentro il Consiglio di Amministrazione di mamma Rai, il professor Ettore Adalberto Albertoni, docente prima alla Statale di Milano.
Dopodiché, la nomina nel CDA toccò a una “donna di peso”, la bustocca, Giovanna Bianchi Clerici
Massimo Ferrario è stato presidente leghista della Provincia di Varese tra il 1993 e il 1997, ma dal 2002 al 2004 fu direttore del Centro produzione Rai di Milano. Continuando la serie, a volo d’uccello, alla vice-presidenza di “Rai-Cinema”, nel 2004, è stato nominato Roberto de Anna, presidente dell’associazione “Padania Bella”
Un caso particolare del degrado lottizzatorio, invece, risale a qualche estate fa. Cito dal mio libro “Umberto Magno”: “Ricordate Valerio Merola, “il merolone”? Come un fulmine a ciel sereno è riapparso sulla tv di Stato per presentare “La Giostra sul Due”, un inutile contenitore pagato dalla Regione Calabria, che Aldo Grasso ha stroncato in questo modo: “Il problema non è il ritorno di Merola, il problema è che la Rai faccia programmi simili”. A noi, al contrario, interessa proprio il ritorno del conduttore che sarebbe legato a doppio filo con Renzo Bossi, il trota”. Lo ha scritto anche “Il Fattoquotidiano”. Del resto Merola bazzicava la mitica kermesse di “Miss Padania”.
In conclusione: la Faverio – che peraltro è per quel che la conosco io una lavoratrice indefessa – è solo uno dei casi di “occupazione manu militari” del carrozzone pubblico con le antenne. E son certo che qualche nome l’ho perso per strada. La morale di questa storia è la seguente: quelli che volevano far saltare i tralicci della Rai, han perso per strada la dinamite.
Nel 2011, la Lega è tornata al governo con Berlusconi, ma la Rai non è stata toccata! Ha continuato ad essere quella cloaca di sempre e i suoi bilanci hanno continuato ad accumulare debiti (pagati dai contribuenti). Siamo alle solite, i leghisti sono tutto chiacchiere, distintivo e prebende. Anzi, preparatevi, perché la prossima tappa sarà quella del canone per tutti, direttamente nella bolletta della corrente. Ma come dico sempre, le pecore stanno bene tosate!
La lega nord questa volta sembra fare le cose un pochino più seriamente. Siamo ancora lontani dalla rivolta fiscale contro il canone Rai. Si tratta, per quanto ne so io, di una class action simile a quella dell avvocato piccarozzi. I modi per ribellarsi al canone in bolletta, per non pagarlo, sono molti e presumibilmente tante le persone che lo faranno. Non mi fiderei troppo della lega nord, che su questo versante ha già dimostrato negli anni poca serietà, ma se militanti ed elettori di quel partito partecipano alla class action, che prevede il non pagamento o un pagamento parziale del canone, le previsioni di incasso che il governo ha fatto dovranno essere riviste. Comunque chi paga è una pecora.
Salvini può risultare simpatico.
Può piacere e può ottenere qualche voto di qualche disperato.
Ma non rappresenta alcun che di organico, coerente, efficiente.
E’ sulla falsariga del Bossi.
Questa è una lega priva di idee, e di prospettiva.
Priva di programmi chiari, pragmatici, operativi, applicabili.
Non è la lega di Miglio.
Questi non hanno chiaro quel che vogliono, e neppure sanno come ottenerlo.
Con misure pratiche, concrete.
Sono rimasti agli slogan.
Caro Leonardo
Grazie per il ripasso che ci hai fornito. Nulla di buono quindi dal camerata nudista Salvini come c’era da aspettarsi.