Grande caccia ai pensionati: sono merce sicura

di PONGO

E’ un ricordo fisso e irremovibile da quando ero bambino. Parlo ormai di qualche secolo fa, quando appunto avevo 7-8 anni, erano i primi anni ’60 e magari poteva capitare che con il papà, la mamma ed il mio fratellino si andasse, una o due volte l’anno, a fare una gita domenicale in Svizzera. Canton Ticino, diciamo a Lugano o dintorni, seppure allora non me ne rendevo chiaramente conto. Mi ricordo, forse anche grazie alle foto in bianco e nero, di una bella giornata trascorsa alla “Svizzera in miniatura” a Melide, con trenini che andavano avanti e indietro, piccoli palazzi antichi, pezzi di città d’epoca con gli omini e le macchinine, tutto decenni prima dell’Italia in miniatura di Capriate e di un’altra che mi pare sia dalle parti di Rimini.

Ricordo che si comprava il cioccolato buonissimo e non ricordo se mio papà facesse benzina. Ora è obbligatorio ma allora non so perché ero un bimbo e di sicuro  l’Italia e la lira erano in grandissima crescita. Ma una cosa che chiaramente mi è rimasta in mente sono le vecchie signore svizzere di allora, brutte, sgraziate esattamente come la lingua che parlavano con duri versacci (cioè il tedesco che poi  in Svizzera non è nemmeno quello) coi sandaloni, un po’ montanare, lunghe, magre e dinoccolate oppure con dei culi enormi, orrendi cappellini sportivi e  macchine fotografiche quasi  fossero  giapponesi. Sempre allegre e sorridenti che scendevano dai loro pulman meravigliosi e di lusso. Così, è per me un immagine come un “amarcord” di Fellini.

Poi anni dopo ho capito chi erano, ed ancora chi  sono: son  le vecchie signore svizzere pensionate e vedove (perché i ricchi mariti muoiono 20 anni prima di loro,  anche se in Svizzera ci sono le migliori cliniche del mondo, come Umberto Bossi sa bene) che sole e benestanti vanno in giro in comitiva, fanno le turiste e si divertono un mondo. Ora lentamente tutto il resto dell’Occidente si sta adeguando ma loro ci erano arrivate oltre 40 anni fa. E non è quindi un caso che la Svizzera sia tra le prime a rendersi conto che oggi, nel 21° secolo, i pensionati da gestire sono una ricchezza enorme. Ed oltre al paese elvetico ci ha già pensato da tempo anche la Gran Bretagna. Altre nazioni si organizzano in tal senso, non a caso la Grecia, la Spagna e poco dietro il Portogallo. Agevolazioni fiscali, offerte su misura, addirittura corsie preferenziali per chi vuole investire su immobili di un certo valore.

E’ caccia grossa al pensionato, perché non trasferirsi, almeno parzialmente, in un altro Paese? La situazione si è ribaltata, ormai i vecchi hanno e danno  futuro.  I giovani sono precari, insicuri e  bamboccioni, quei pochi che abitano lontano da casa sono comunque spesso non lontani dai genitori, punto di riferimento fondamentale. E i genitori, cioè i vecchi pensionati?  Mai stati meglio di ora, non ci sono più  i vecchi di una volta! Viaggi, crociere, attività sportive, tempo libero,  mille interessi e poi  si scopa come dei dannati grazie al viagra che poi non è neppure detto. Insomma, altrettanto spesso, tenori di vita ben superiori a quelli dei figli che quasi sempre arrancano e infatti anche le statistiche degli ultimi vent’anni parlano in questo senso.

Il pensionato spesso può, il giovane non può ancora e forse non potrà mai. Quindi una prospettiva di eccellenti e confortevoli cimiteri degli elefanti (infatti si vive ben più a lungo di una volta) dove per i  residenti o semiresidenti ci sono anche validi interessi a livello fiscale.  E l’Italia che fa? Credo nulla, anche perché l’Italia è uno dei Paesi con  popolazione più vecchia mentre sono le menti giovani che hanno intuizioni sul futuro del genere. Siamo in Europa il secondo Paese più vecchio, dopo la Germania, la quale, mi pare, ha però ben altro dinamismo.  Peccato, anche qui ci lasciamo staccare dagli altri e se fra qualche anno, un paio di decenni, ci saranno meno vecchietti, o meglio meno pensionati italiani non sarà certo per la nascita di nuove vite ma forse perchè chi ha 50-60-70-80 anni se ne sarà andato in posti anzianamente e fiscalmente migliori.

Ricordo un caro personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere anni fa in una trasmissione tv e che è da pochissimo scomparso, Febo Conti. Chissà chi lo sa come visse i suoi ultimi vent’anni di vità? Me lo disse lui: metà in Italia e metà in Brasile. Avrà avuto meravigliosi motivi per fare una scelta del genere, forse non solo  filosofica,  magari anche qualche ragione più materiale mentre noi, da bravi vecchietti italiani ci limitiamo a farci qualche lifting mentre  la Svizzera, Gran Bretagna, Grecia, Spagna… stan tramando!