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La secessione individuale possibile: mostrare la nostra non italianita’

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di GIANFRANCESCO RUGGERI

secessione individualeIl congresso della Lega si è concluso come al solito con tante belle parole ed ora vediamo se arriveranno i fatti, anche al singolare, ne basterebbe uno solo, anche piccolino, basta sia un fatto concreto: sarebbe già qualcosa, sarebbe una bella novità. Per par condicio sia chiaro che il medesimo ragionamento vale anche per tutti gli altri partiti, movimenti, armate brancaleone varie che parlano di indipendenza, che ci promettono l’indipendenza. In effetti, come giustamente sottolineato dal direttore, le prospettive politiche, a meno di clamorosi colpi di scena, sono in generale poco o per nulla esaltanti.

Allora non ci resta che arrangiarci, “settimo arrangiarsi” come si dice dalle mie parti, e l’unica secessione possibile per ora è la “secessione individuale”. Attenzione, non vi sto proponendo stravaganti teorie filosofiche, né bizzarri percorsi esoterici per sdoppiarvi in due, men che meno voglio invitarvi ad andarvene in Svizzera o chissà dove, perché così facendo dareste solo ragione a quanti vi dicono “se non ti sta bene l’italia, vattene!”, quando in realtà l’unica che se ne deve andare da qui è l’italia, che a tutti gli effetti è uno stato occupante.

Più semplicemente vi invito a rimboccarvi le maniche e a darvi da fare, padanamente come è nel nostro costume, per effettuare da soli la vostra piccola secessione individuale, quella secessione della mente e dei comportamenti, che nessuno vi può impedire di fare, neppure la repubblica delle banane e del codice Rocco.

Ora cerchiamo di capirci con qualche esempio. Tutti coloro che anche solo una volta si sono recati in Sud Tirol hanno provato quella stranissima sensazione di sapersi ancora all’interno dei confini della repubblica italiana, eppure di sentirsi contemporaneamente all’estero. È una sensazione singolare, ti parlano in italiano, tutti i paesi hanno la loro “via Roma” e c’è persino il tricolore sui municipi, eppure a pelle ti senti straniero, all’estero. Perché? Semplicemente perché da quelle parti un elevato numero di residenti ha attuato la secessione individuale, ovvero in attesa di creare uno stato sud tirolese autonomo o di riunirsi con il Nord Tirolo e l’Est Tirolo hanno capito che dovevano manifestare in tutti i modi possibili la loro non italianità. Ognuno nel suo piccolo ha fatto la sua parte e tanti singoli comportamenti individuali, ripetuti giorno dopo giorno, rendono possibile questa fortissima immagine collettiva di diversità e la nettissima sensazione di trovarsi all’estero che ne consegue. Non venite a raccontarmi che è solo una questione di soldi, con riferimento ai tanti soldi di cui la provincia autonoma di Bolzano dispone, è il tipico piagnisteo di chi non ha idee e palle, per di più è vero l’esatto contrario, se il Sud Tirol è ancora formalmente italiano ciò dipende solo dai tanti soldi che vi piovono, che hanno stregato molti tirolesi, i quali hanno barattato l’indipendenza con la convenienza, eccezion fatta per le anime belle stile Eva Klotz, pronte a qualsiasi rinuncia pur di essere libere. Per ora sembra che la teoria del Comprateli! funzioni bene.

Tornando ai soldi, credete veramente che servano i fondi della regione autonoma per indossare con fierezza la tipica bigaröla blö da lavoro con le stelle alpine ricamate e il cappello di feltro come fanno quotidianamente e orgogliosamente molti tirolesi? No, non servono i soldi, basta un minimo di autocoscienza mescolato ad un pizzico di orgoglio, i due soli ingredienti necessari per fare la secessione individuale.

Già prima di incontrar di persona i tirolesi, basta dare un’occhiata veloce e distratta al paesaggio, mentre ancora si corre in autostrada, per rendersi conto che si è di fatto all’estero. In Sud Tirolo ogni casa è tipicamente tirolese, tetti e balconi in legno, decori sulle pareti, aspetto tradizionale senza rinunciare ad alcuna modernità, fiori ai balconi e piante tipiche nei giardini. Invero non manca qualche edificio moderno che può star bene (o male a seconda delle prospettive) a Bressanone, così come può star bene o male in Bulgaria, in Burundi o in Burgunghistan, però si tratta di eccezioni, per lo più a fini commerciali, che non fanno altro che confermare la bellezza e la tipicità del costruito tradizionale. Da noi è vero l’esatto opposto, ovunque ulivi, palme, cipressi, sughere e altre amenità esotiche con le quali intasiamo i nostri giardini e i nostri paesaggi, ovunque sbrodolate moderniste anche nel cuore dei centri storici più delicati, mentre l’eccezione è rappresentata da chi la pensa diversamente, che deve persino subite l’ostilità delle amministrazioni locali. Un mio conoscente, che voleva costruirsi casa ispirandosi alle tipiche forme della cascina lombarda, si è visto respingere il progetto dal comune e ha dovuto poi assumere un professionista solo per “giustificare la scelta progettuale”. Insomma una cascina lombarda in Lombardia sembra essere un problema, senza contare l’enorme patrimonio di cascine storiche che stiamo lasciando marcire e crollare. In Tirolo avviene l’esatto contrario.

Se poi i tirolesi invece di osservarli da lontano li frequentate un po’ più da vicino, vi accorgete che la loro quotidiana testimonianza identitaria è ancor più sistematica e radicale.

Conoscendo molto bene i ladini del Sella, cui si dovrà garantire, a mio avviso, il diritto di scegliersi un futuro non necessariamente identico a quello della comunità tedescofona, posso dirvi con certezza che potreste assistere ad una stupenda manifestazione di secessione individuale persino nel caso in cui andiate una sera dal vostro albergatore per chiedere uno cuscino in più. È un fatto estremamente banale, banalmente chiedete un cuscino, altrettanto banalmente lui si gira e chiamata una sua aiutante, le dice rigorosamente in ladino e sempre in vostra presenza di portarvi un cuscino, poi si gira e vi comunica in italiano che quanto richiesto sarà disponibile a breve. Solo che lui la parola “cuscino” proprio non l’ha usata, al massimo potete intuire che nel suo parlar ladino ha chiesto di portarvi un “plumacc” e dopo poco ecco nelle vostre mani ciò che avete domandato: è bianco, morbido e profuma di pulito, avete ciò che volevate, siete stati soddisfatti in pieno, però allo stesso modo vi accorgete che avete chiesto un “cuscino” e vi hanno dato un “plumacc”! Se l’anno dopo tornate nello stesso posto e fate la medesima richiesta domandando direttamente un “plumacc”, vedrete un largo sorriso sulla faccia del vostro albergatore, perché gli avrete dato dimostrazione di aver capito e di condividere la loro secessione individuale.

 Sono questi tre piccoli esempi che aiutano a capire cosa intendo con l’espressione “secessione individuale”, ma vi sono decine e decine di comportamenti simili che tutti noi possiamo mettere in pratica senza alcuna fatica, senza paura, senza commettere illegalità, senza che possano impedirci di dimostrare con i fatti che non siamo italiani. Su, dai, che la possono fare anche per i timidi e timorosi padani! Insomma se, almeno per ora, non riusciamo ad ottenere l’indipendenza come popolo, possiamo per lo meno liberarci come singoli, nessuno può impedirci di fare la nostra secessione individuale, di liberare le nostre menti e i nostri comportamenti e più saremo a farlo e più forte sarà l’immagine complessiva che daremo di noi. Citando Thomas Sankara dobbiamo ricordare che la dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità.

In sintesi l’obiettivo a portata di mano per tutti voi è quello di agire ogni giorno in modo tale da far si che mentre tutto attorno a voi è italia, li dove siete voi, li, è già indipendenza. Padania libera!

 

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4 COMMENTS

  1. Bell’articolo che condivido. Nella pratica lo faccio da anni, non mi comporto da italiano (non essendolo mi riesce facile…) cerco di parlare il più possibile il piemontese, se incontro straniero non dico mai che sono italiano ma piemontese, spiegando le similitudini linguistiche e culturali con il francese. Boicotto negozi ed attività “italiane”, prodotti “italiani” (nel senso che non sono autoctoni), cerco di guardare il più possibile televisioni francesi. Se posso compero libri scritti in piemontese, ma la produzione è limitata. Con l’introduzione degli ebook e le ridotte spese di produzione sarebbe auspicabile creare una casa editrice “nazionale”, che prepari ebook nelle nostre lingue, un quotidiano o un settimanale giornalistico nelle nostre lingue, doppiaggio o sottotitolatura di film (andatevi a vedere peppa pig in piemontese su youtube…) magari una televisione internet con un telegiornale nelle nostre lingue. Non occorrono grosse spese per fare questo, la spesa più grossa sarebbe per doppiatori, giornalisti, ecc ma se si organizzano dei volontari che possano dedicare alcune ore, poi con la pubblicità si potrebbe anche remunerarli.
    L’aspetto paesaggistico è interessante. La Regione Valle D’Aosta da anni da un contributo per chi costruisce o ristruttura edifici con materiali locali (legno e pietra) al fine di avere un uniformità ed evitare di ritrovarsi con palazzoni che sarebbero brutti perfino a Milano (come purtroppo è successo in Liguria). In Liguria si vede qualche tentativo di fare nuovi complessi residenziali in stile ligure, non sempre è possibile, dipende dalle dimensioni, ma il danno ormai è fatto. Le cascine “padane” sono un altro esempio, passare sull’autostrada Gravellona Voltri offre degli scorci di campagna che sono invidiati dagli stranieri.
    Comunque occorre una resistenza passiva, mai arrenderci e sempre ricordare a tutti che non siamo italiani, usare le nostre lingue, parole delle nostre lingue tutti i giorni è fondamentale. Ma occorre ricordare ai nostri figli che a scuola gli raccontano balle e prepararli al nostro futuro indipendente.

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