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Draghi: e’ ora che gli stati cedano sovranità all’europa

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draghidi REDAZIONE

Se vuol tornare a crescere, l’Italia deve realizzare riforme strutturali che incidano sulla sua economia. A dirlo è il presidente della Bce Mario Draghi che, il giorno dopo la certificazione della terza recessione in cinque anni, si rivolge specificamente a Roma, cui chiede un salto di qualità negli interventi governativi in aree come liberalizzazioni, burocrazia, giustizia. E’ giunto il momento che i Paesi europei cedano sovranità all’Europa sulle riforme strutturali, dice Draghi.

“I Paesi che hanno fatto programmi convincenti di riforma strutturale stanno andando meglio, molto meglio di quelli che non lo hanno fatto o lo hanno fatto in maniera insufficiente”, è la sferzata lanciata alla conferenza stampa dopo che la Bce ha, come atteso, lasciato i tassi invariati. Inevitabile pensare al confronto fra Spagna, forte di un +0,6% di crescita nel secondo trimestre che molti attribuiscono all’energico pacchetto di riforme, e i casi di Italia e Francia, la prima in recessione, la seconda stagnante. Ma rompendo il protocollo che sconsiglia commenti sui singoli paesi, Draghi è ancora più specifico. “Uno dei fattori del debole Pil italiano è il livello significativamente basso degli investimenti privati, mentre recuperano i consumi”, dice aggiungendo che ciò accade anche altrove. E di fatto “l’incertezza generale che la mancanza di riforme strutturali produce è un fattore molto potente che scoraggia gli investimenti”, spiega Draghi. Cita esempi come i tempi lunghi affrontati dai giovani per aprire un’attività o quelli di un’azienda per dotarsi di nuovi impianti.

E precisa che alcune riforme darebbero un impulso immediato, non di lungo termine, sulla crescita: “continuo a dire le stesse cose, per la verità: riforme nel mercato del lavoro, dei prodotti, nella concorrenza, nel sistema giudiziario e così via”. Non è la famosa lettera privata (poi trapelata) fatta recapitare tre anni fa dal predecessore di Draghi, Jean-Claude Trichet, che per la verità chiedeva le stesse cose. Ma per certi versi Draghi va oltre, in un appello rinnovato e che, per di più, avviene pubblicamente. E arriva mentre la stampa anglosassone critica il governo Renzi parlando di riforme da “vetrina” – il riferimento è al Senato – senza affrontare quelle, più difficili, che toccano le lobby economiche. Un appello – cui si aggiunge l’invito ai Paesi dell’Eurozona a non abbassare la guardia sulla correzione dei conti pubblici, ma facendolo senza aumentare le tasse laddove (come in Italia) sono già alte – che fa rumore a Roma e al quale risponde in serata lo stesso Renzi.

“Sono assolutamente d’accordo con Draghi, se è un affondo affondo anche io – il commento del premier – Il presidente della Bce ha detto una cosa sacrosanta, noi dobbiamo rimettere in ordine l’Italia per farla diventare più competitiva. E le parole di Draghi sono la migliore risposta ai critici del Senato, che è una delle riforme che stiamo facendo”. Nella conferenza stampa di Draghi c’è spazio per una domanda che ammicca alle voci circolate nelle settimane scorse di una partecipazione di Draghi a una futura corsa per il Quirinale. “Sì, andrò in vacanza in Italia”, dice scherzando. “E non parteciperò alla ripresa del Paese”. Accanto ai tassi che resteranno “a lungo” agli attuali minimi record (0,15%, -0,10% quello sui depositi), la Bce con Draghi si dice determinata anche a misure non convenzionali se le prospettive dell’inflazione non dovessero migliorare. C’è anche “l’acquisto dei titoli di Stato, che è sempre un’opzione sul tavolo”. Al momento, la Bce non vede il rischio che le prospettive d’inflazione nel medio e lungo termine creino rischi di deflazione. Ma sulla crescita i rischi al ribasso sono aumentati: in particolare Draghi si sofferma sulla geopolitica, citando l’Ucraina e la guerra delle sanzioni fra Ue e Russia che possono minare la crescita, ma anche i fronti di Gaza, dell’Iraq, della Siria, della Libia.  (Ansa)

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1 COMMENT

  1. Sulla cessione di sovranità deve passare anche – e qui mi appello a voi del miglioverde – la cessione della già scarsa autonomia regionale allo stato.

    Nella riforma costituzionale in corso (che ha l’unico pregio di abolire il bicameralismo perfetto. Non ne ha altri), l’autonomia legslativa e amministrativa regionale viene totalmente subordinata al volere dello stato.
    Con la scusa di rimediare agli errori dell titoloV, si è riportato il paese in un assetto totalmente centralista.
    Lo stato avrà sempre l’ultima parola su ogni decisione regionale. Le regioni virtuose potranno solo , su concessione dello stato, godere di qualche delega in più. Ma sarà sempre lo stato a decidere se e quando dare e soprattutto togliere il contentino a questa o quella regione. E’ stato respinto l’emendamento macroregionale che avrebbe portato le nostre regioni a 6 soltanto. Il motivi sono molteplici, ma uno fra tutti è quello di limitare il peso delle regioni rispetto allo stato, lasciando le prime in una condizione di sudditanza rispetto a quest’ultimo. Nei confronti di una macroregione è ovvio che lo stato potrebbe esercitare un potere molto più basso.

    Po il colpo di teatro del senato. Una vera mistificazione, una vera presa per i fondelli : Si delegano 95 senatori di regione. (oltre all’assurdità di 5 senatori eletti dal PdR)

    Senatori rappresentanti di regioni senza autonomia. Figure assolutamente inutili.
    Inoltre a differenza di quanto accade nel senato tedesco, i nostri senatori non avranno vincolo di mandato. Quindi invece di essere dei semplici delegati regionali che si limiteranno con il loro peso numerico a votare decisioni prese in seno alla propria regione di appartenenza , saranno espressione dei partiti di appartenenza..Avremo cioè un senato di tipo austriaco invece che tedesco. Un senato cioè inutile per garantire gli interessi regionali. Talmente inutile che in Austria molti ne vorrebbero la sua abolizione.

    Quindi noi ci sobbarchiamo un senato di tipo autriaco . che la storia ha dimostrato essere fallimentare.

    Personalmente sarei tentato a votare si per il referendum che si terrà il prossimo anno o quello successivo, ma solo per l’abolizione del bicameralismo perfetto. Ma poichè la contropartita è doversi accollare uno stato ancora più invadente e invasivo, voterò no.

    Mi auguro vi sia una martellante campagna di informazione da parte degli autonomisti che possa spiegare ai cittadini settentrionali che la riforma costituzionale in atto toglierà invece di aggiungere libertà a livello locale.

    Per spiegare cioè, che questa riforma costituzionale va nella direzione opposta a quella proposta 8 anni fa nel referendum sulla devolution.

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