C’è aria di indipendenza a iosa in Spagna. Non c’è solo la Catalogna a dare grattacapi secessionisti a Madrid (a novembre si terrà un referendum a tal proposito), o i Paesi Baschi, ora ci si mettono anche le isole Canarie, che l’autonomia ce l’hanno nel sangue da tempo.
Ora, alla base del risentimento nei confronti del governo centrale della “Peninsula” vi è il via libera dato da Madrid alle perforazioni per la ricerca del petrolio al largo dell’arcipelago, un’iniziativa che ha portato il capo del governo regionale, Paulino Rivero (del partito autonomista Coaliciòn Canaria, più autonomista che secessionista, da sempre maggioranza relativa nei palazzi del governo locale), a minacciare di rompere “i rapporti istituzionali” con la Moncloa e a riferirsi a quella attuale come alla “crisi più grave” nei 500 anni da quando le Canarie sono entrate a far parte del Regno.
Rivero – un presidente non certo amatissimo- ha comunque chiesto un urgente incontro con re Felipe VI e con il premier Mariano Rajoy. Gli abitanti delle Canarie temono l’impatto ambientale delle perforazioni petrolifere e si oppongono quindi al via libera dato dal ministero dell’Industria alla Repsol per iniziare i lavori nel terzo trimestre di quest’anno, ad una cinquantina di chilometri a largo delle isole di Lanzarote e Fuerteventura. Il timore, secondo quanto riferito dagli isolani, è che la ricerca del petrolio al largo dell’arcipelago possa compromettere la vocazione turistica delle Canarie, che ogni anno fanno registrare circa 10 milioni di turisti.
Se non sbaglio le Canarie erano state oggetto di terremoti alla fine dell’anno scorso e si era deciso di sospendere temporaneamente.
Le Canarie sono isole di origine vulcanica.
L’attività dei vulcani rimane , per ora, dormiente.
Ma è noto che ogni tanto si svegliano e producono terremoti, eruzioni, distruzione.
I geologi lo sanno certamente.
Ma la domanda rimane sempre quella.
Chi ha deciso, i politici?