Notizia Ansa: “Nuovo calo record del rendimento del BTP a 10 anni, che scende al 2,369%, con lo spread con il Bund che, di conseguenza, si porta a 145,9 punti. Sia il rendimento che il differenziale sono inferiori ai T-bond americani, rispettivamente al 2,377% e a 146,7 punti”.
Notizie come quella che ho tratto dall’ANSA sono solitamente rilanciate con enfasi dai mezzi di informazione e non mi meraviglierei se fossero usate strumentalmente anche dalle parti di palazzo Chigi. C’è un problema, però: quando si paragonano pere e mele bisognerebbe avere la correttezza di precisare che non sono la stessa cosa. Nello specifico, paragonare i BTP ai Bund tedeschi di pari scadenza ha senso, essendo denominati nella stessa valuta. Al contrario, il confronto tra titoli denominati in valute diverse dovrebbe essere fatto riportando finanziariamente entrambi i titoli nella stessa valuta (tecnicamente si deve fare uno swap del BTP in dollari o del T-bond americano in euro).
Se si ragionasse in termini finanziariamente corretti, ci si renderebbe conto che se il Tesoro italiano volesse emettere un titolo decennale in dollari anche in quel caso pagherebbe uno spread rispetto al Tesoro statunitense. Tra l’altro esistono emissioni della Repubblica Italiana in dollari, per cui è possibile confrontare un titolo di Stato italiano in dollari con uno del tesoro americano di pari durata anche senza dover swappare un BTP in dollari.
Sulla scadenza 2023, tanto per fare un solo esempio, la Repubblica italiana ha un rendimento superiore al titolo del Tesoro americano di pari durata di circa 100 punti base. Altro che rendimento inferiore…