di MAURO MARABINI
Di recente le cronache hanno lungamente narrato e commentato i fatti della Scozia, il referendum che ha avuto luogo e il risultato finale. Si è quindi parlato molto di questa nazione che, per poco non è divenuta Stato. La Scozia infatti è una nazione antica con una forte impronta identitaria data dalla lingua che fino a qualche secolo fa era il Gaelico scozzese, una lingua celtica retaggio di una cultura in via di estinzione. Oggi in Scozia ancora si parla nelle zone più remote questa lingua (Gaelic Scottish) salvata grazie all’impegno e alla passione sviluppatesi negli anni ’90. C’è stato l’impegno delle comunità locali desiderose di preservare l’identità storica, e pertanto nelle zone dove ancora si parla viene insegnata a scuola ed ha assunto il rango di lingua co-ufficiale insieme all’inglese. Tuttavia sono meno di 100.000 persone, situate nelle isole nord occidentali, che lo parlano, su poco più di 5.300.000 di abitanti dell’intera Scozia. Si può tuttavia presumere che anche grazie alla accresciuta autonomia in seguito al referendum, la protezione della lingua venga accresciuta e che quindi l’estinzione sia scongiurata.
Non è tuttavia della Scozia che in questa breve nota vogliamo parlare, in fondo se ne è detto forse troppo.
Vogliamo invece ricordare che ne nelle scorsa settimana, nei giorni che precedevano e seguivano il referendum scozzese, la Bretagna (regione francese) veniva scossa da sussulti di rivolta contro lo Stato: si trattava di qualcosa che ricordava le «jacquerie».
Che cosa è successo esattamente?
A Morlaix, cittadina di 15.000 abitanti, nel dipartimento bretone di Finistère, i coltivatori di legumi hanno assaltato e dato fuoco ad un edifico dello Stato, l’ufficio delle imposte. Non ci sono state vittime, che nessuno voleva, ma il segnale è forte contro uno Stato che dopo avere preteso le imposte e prelevato i contributi sociali non lascia quasi nulla all’imprenditore agricolo. Non solo, ma quando vi sono emergenze lo stesso Stato è assente e, se c’è, intralcia con vincoli burocratici ogni iniziativa.
Queste manifestazioni in Bretagna sono ricorrenti, ci fu perfino una grande rivolta paesana nel 1673. E, da allora in poi, fatti analoghi sono ricorrenti sia pure di intensità diversa.
Le Figaro, principale giornale francese di orientamento liberal conservatore, così titolava il 20 settembre : “La Bretagne, terre de révolte contre l’Etat” e dava di seguito alcune informazioni sulle precedenti manifestazioni di astio antistatalista.
Nel 1961, l’8 di giugno, dopo varie settimane di blocchi stradali e di sabotaggi vari, sfilate di trattori, 1500 agricoltori bretoni, produttori di cavolfiori e carciofi si impadroniscono della sottoprefettura di Morlaix e bloccano la città con 200 trattori.
Anni ’70. Il nazionalismo bretone prende corpo, ricorre alle armi e moltiplica i suoi attacchi contro i simboli dello Stato, chiamato “état colonial français”. Obiettivi degli attacchi sono le sedi dei gendarmi e soprattutto gli uffici fiscali.
Negli anni ’80 le cose sembrano calmarsi grazie alla riforma regionale – nasce la Regione amministrativa della Bretagna – che porta in Francia un certo – scarso – decentramento.
Negli anni ’90 le cose tornano a peggiorare. Nel 1994 si ha una grande crisi nell’industria della pesca. I marinai sfilano minacciosi e nel corso di una delle tante manifestazioni divampa un incendio che distrugge quasi del tutto la sede del Parlamento regionale, un edificio storico classificato (classé) del ’600. Succedeva nel febbraio 1994. Nel 1999 sempre a Morlaix, “l’hotel des impots” , l’ufficio delle tasse, subisce un attentato che per fortuna non fa vittime.
Nell’inverno 2013 il fatto più clamoroso, la rivolta dei cosiddetti berretti rossi (Bonnets rouges). Si tratta di una protesta generalizzata contro l’ennesima tassa, detta ecotaxe, che dovrebbe colpire i trasportatori e i camion inquinanti. La furia deila protesta colpisce gli strumenti per la misurazione delle imposte da pagare, i radar stradali, le strutture per il controllo fiscale. Il movimento dei Berretti Rossi si è in seguito organizzato e persiste; si tratta per l’appunto di un movimento regionale, identitario che protesta per chieder meno tasse, un progetto per la Bretagna; è interclassista ma decisamente anti ecologista che vede nell’ecologismo come una tendenza totalitaria sostenuta dal partito socialista al potere. Sono ancora fluttuanti, organizzati ma non troppo. La loro bandiera, che si ispira a reminiscenze celtiche, contiene simboli storici fra la quali la Croce di San Giorgio, protettore degli scozzesi ai tempi delle guerre contro gli inglesi.
Oggi questo fermento alimentato da pescatori, agricoltori, allevatori, operai disoccupati fa pensare ad una moderna Jaquerie, gli sviluppi della quale non sono per ora prevedibili.
La Bretagna é una antica provincia francese e forma ancora oggi una entità geografica e culturale con una forte identità. Si tratta di una penisola che occupa l’estrema propaggine nord occidentale dell’esagono Hexagone, così’ i francesi chiamano a volte la Francia) protesa nel mare fra l’Atlantico e la Manica. Abitata da tempo immemorabile, in tempi storici vi si istallarono varie tribù di Celti e per molto tempo si é chiamata Armorica. Questo nome designa una importante tribù insediata in quei luoghi, c’era pure un’altra tribù, quella dei Veneti. C’è chi dice che questa fosse imparentata con i Veneti, quindi ci sarebbe una lontana parentela etnica fra i Veneti e i Bretoni. Alla fine del VI secolo affluirono numerosi i Britanni, Celti anch’essi che abbandonavano la Britannia (poi diventata Grande per distinguerla dalla piccola, Britannia minor ) per sfuggire all’invasione degli anglo-sassoni.
La storia della Bretagna è complessa; si costituì in entità autonoma che poi divenne parte del Regno di Francia, pur mantenendo una propria identità fino alla Rivoluzione Francese.
In Bretagna naturalmente si parlava il Bretone e col tempo l’uso di questo idioma celtico si è ristretto. Si cominciò a parlare anche il francese ed un idioma di transizione fra il bretone e i dialetti francesi delle zone vicine, il Gallo ora quasi del tutto estinto.
La regione ha poco più di 3 milioni di abitanti ed una superficie di 27,000 chilometri quadrati. Per fare paragoni, la Lombardia ha dieci milioni di abitanti su una superficie di 23.800 chilometri quadrati.
Fino al 1914 il bretone era parlato dal 90 per cento degli abitanti della regione, nel 1945 da circa il 75. Oggi lo parla il 20 per cento circa, 250.000 persone. Dalla Rivoluzione francese in poi la lingua è stata disprezzata, boicottata e a volta perfino proibita. Negli anni ’90 del secolo scorso grazie ad un nuovo atteggiamento della Repubblica volto a rivalorizzare le lingue regionali (come patrimonio della nazione francese) le cose sono cambiate ed il declino per ora sembra arrestato. Vi sono una televisione e giornali e vi è l’insegnamento a scuola. Le indicazioni stradali sono in bretone e francese. Il capoluogo è Rennes /Roazhon.
Vi sono addirittura scuole monolingui e bilingui, frequentate da 15.000 allievi.
I bretoni non pretendono l’indipendenza ma vogliono che la regione abbia più poteri, molti di essi si sentono (50%) ugualmente francesi che bretoni, ma un quarto si sente soprattutto bretone. Ricordiamo che le vicende raccontate nei famosi fumetti con protagonista Asterix, il campione della lotta contro i Romani invasori, sono ambientate nell’Armorica, il nome della Bretagna ai tempi dei Romani. E’ rimasta una traccia di questo nome nella gastronomia francese e internazionale “a langouste à l’Armoricaine”.
Abbiamo tanto parlato in queste note dei Celti. Ma che sappiamo di loro? Tante cose sono state scritte e dette a proposito e a sproposito (vedi Umberto Bossi).
In Francia c’è un signore che sa tutto dei Celti (ricordiamo che quelli di Francia si chiamavano Galli, perché abitavano la Gallia), Jean-Louis Brunaux professore, ricercatore archeologo (di luoghi celti), direttore di centri studi ed autore di tanti testi, di cui uno almeno in Francia Nos ancêtres les Gaulois, molto rinomato.
Ebbene questo signore ha scritto da poco, 21 settembre 2014, un libro dal titolo e sottotitolo quanto mai significativi: Les Celtes, histoire d’un mythe.(I Celti, storia di un mito)
Celebrati per lo loro lingua, la musica, la cultura, i Celti, così come sono rappresentati oggi, sono veramente esistiti?