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A proposito di evasione fiscale e concorrenza

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di MATTEO CORSINI

“Solo apparentemente può sorprendere che sia stato il mercato a innescare il miglioramento degli strumenti di compliance fiscale: basta pensare all’incidenza devastante della evasione fiscale sulla libertà di concorrenza per capire che il rispetto delle regole tributarie è essenziale per la tutela delle imprese e dei risparmiatori cui si rivolgono”. Marco Miccinesi, professore di diritto tributario all’Università Cattolica di Milano, ritiene che la collaborazione preventiva delle grandi imprese con le autorità fiscali sia dovuta alla ricerca di una tutela della concorrenza, che subirebbe una “incidenza devastante” da parte dell’evasione fiscale.

Pur non avendo pretese di fornire un dato statisticamente significativo, mi limito a osservare che ogni volta che mi è capitato di parlare di tasse con interlocutori di vario genere non ho mai riscontrato nulla di ciò a cui fa riferimento Miccinesi. Tutti i miei interlocutori, chi più chi meno, considerano il fisco, nella migliore delle ipotesi, un male col quale ci si deve confrontare, una sorta di malattia cronica della quale si cerca, per lo meno, di alleviare le sofferenze.

E’ questo che spinge le grandi imprese a cercare una interlocuzione preventiva con il fisco; lo fanno in ottica di risk management e di contenimento dei costi. Il perché dovrebbe essere chiaro: le visite del fisco comportano impiego di tempo e quasi sempre finiscono con una contestazione, che comporta a sua volta l’insorgere di costi fiscali difficilmente prevedibili ex ante, oppure contenziosi più o meno lunghi e altrettanto costosi.

Ma nessuna impresa, a maggior ragione se grande e con quote di mercato già consolidate, è favorevole alla concorrenza, in senso lato. Di questo si era già accorto Adam Smith, che nella Ricchezza delle Nazioni ben descrisse l’atteggiamento nei confronti della concorrenza perfino da parte dei commercianti. Figuriamoci imprese grandi che devono semmai difendere quote di mercato dalla concorrenza altrui.

La storia della concorrenza è una concessione al politically correct che non ha un solido fondamento; va bene solo per scrivere articoli di supporto all’Agenzia delle entrate o per fare interventi pro fisco in convegni, magari alla presenza del capo dell’Agenzia stessa.

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