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A tavola con gli spaghetti alle mongole e i cavolini di bruxelles

Da leggere

di PONGO

Da giorni se ne parla, con manifestazioni al freddo,  al passo del Brennero, dove Coldiretti  con  migliaia di coltivatori, allevatori e in più l’aggiunta del ministro per le Politiche agricole Nunzia De Girolamo, una ministra che in parte per sua ammissione non ci capisce un granché di questi argomenti ma ha pensato bene di mettersi la giaccavento (gialla di Coldiretti) e di farsi sentire anche lei,  si è messa in evidenza per promuovere il “made in Italy”.

Mentre si manifestava in tal senso proprio lì, sul confine italo-austriaco, avvenivano controlli della Finanza su alcuni Tir che transitavano e trasportavano patate tedesche dirette in Sicilia, fiori provenienti dal Kenya  con deviazione dall’Olanda, biscotti di Germania ma, come il resto, etichettati “made in Italy”. Si aggiungevano cosce di maiale lituane, prosciutti tedeschi però confezionati con  fascia tricolore (col  bianco, rosso e verde anche perché  la Germania ha un tricolore però nero, giallo e rosso). Si è manifestato  non solo dove la temperatura è fredda, infatti il giorno dopo,  analoga situazione  si è tenuta a Roma, in piazza Montecitorio. Infatti altri allevatori (o forse gli stessi dal gelo del Brennero al clima mite della capitale) hanno organizzato un bellissimo recinto con dentro alcuni graziosi maiali  nella paglia ché quasi non si capiva se fossero  ancora Coldiretti o manifestanti contro il Porcellum.

Ebbene erano Coldiretti che, incavolati neri, ricordavano per le prossime feste  la “battaglia di Natale: made in Italy”.  E chiedevano inoltre polemicamente ai passanti ed ai politici di adottare quei porcellini per salvarli e per salvare le stalle italiane. Una protesta contro le importazioni selvagge di prosciutti e salami magari spacciati per italiani e che comunque danneggiano gli allevatori italiani, il loro lavoro e, importantissima, la tradizione immensa che il nostro paese ha.  Personalmente ebbi un primo segnale circa 25 anni fa quando, essendo in Toscana per uno spettacolo, mi portarono alla fine a mangiare la fiorentina pur confidandomi che la carne era importata dall’allora Jugoslavia. La Confindustria ha duramente criticato queste proteste e  manifestazioni, seguendo una logica appunto”industriale” e  dicendo che comunque, seppure le materie prime arrivano da Paesi lontani, spesso la lavorazione è italiana.  Così la colpa va sulle etichette dei prodotti che non specificano la provenienza. O meglio alcuni prodotti l’indicazione ce l’hanno (carne di pollo, carne bovina, frutta e verdura, uova, miele, latte fresco, pesce) ma altri no (carni di maiale e salumi, formaggi, carni di pecora e agnello, derivati dal pomodoro, carne di coniglio, derivati da cereali). Capite che, per esempio, per la bresaola la carne arriva spesso da Brasile e Argentina? ( Ma non era della Valtellina?) e per i concentrati di pomodoro l’origine è dalla Cina e Stati Uniti, per l’olio di oliva, quello vero italiano è pari solo al 12-13% ma per il resto è in gran parte spagnolo e  infatti anche marchi storici italiani come Carapelli, Bertolli, Sasso,  queste industrie stesse son  state  del tutto acquistate dalla Deoleo, società spagnola di Madrid.

Certo è terribile mettere a rischio le capacità e le tradizioni italiane, ma volete mettere farsi un bel panino con salumi presi in una vera norcineria, o entrare un una salumeria emiliana col suo profumo irresistibile  di affettati fatti in casa,  compresa la crescita del maiale? Vi preghiamo, mettetevi d’accordo con queste benedette  etichette, è giusto poter  sapere se ci nutriamo con  bontà e tradizione nostre  oppure con sapori  appena discreti  ma  spacciando  carni orrende di poveri  maiali nutriti con zozzerie, che sicuramente costano meno ma zozzerie restano.

Siamo alle solite, ci lasciamo scappare la cultura, l’arte e la cucina italiana che sono  reali ricchezze immense che possediamo ma che gestiamo malissimo,   distruggendole  ogni anno di più. Capite che ci lasciamo invadere da prodotti  col  tricolore ma che in realtà sono… il prosciutto di Praga però di cattiva qualità, il salame ungherese, il culatello di Sòfia e non di Sof ìa, l’insalata russa, il fico d’ India, il pan di Spagna, il Lussemburgher, le svizzere (anche se le mucche elvetiche son le più felici al mondo) gli spaghetti alle mongole, la Panama montata, la faraona al Faraone anche se il Faraone preferisce la puttanesca, i saltimbocca alla rumena, gli sgombri alla Tienanmen, i cavolini di Bruxelles e via via  così.  Dite la verità, come e con cosa cucinava nostra nonna?… Buon appetito.

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6 COMMENTS

  1. Ma facciamola finita anche con questa storia del Made in Italy. E’ tutta una presa in giro.

    Basta andare in giro per Austria o Francia o Germania per vedere branchi di mucche e capre libere al pascolo, mentre in Italia vivono stressate in stalle ed ambienti innaturali. Da una vacca stressata non può venire sicuramente né un buon latte né una buona carne.

    Senza contare che il 90 per cento della manodopera nell’agricoltura è costituita da stranieri.

    E soprattutto mi fanno ridere questi politici trentenni e quarantenni, cioè della generazione del fast food e dei surgelati, che blaterano sui buoni sapori di una volta che non hanno mai in realtà provato.

    • Pienamente d’accordo.

      Sacrosanta la difesa delle tradizioni locali, del cibo autoctono, ma c’è del buono e del marcio dappertutto.

  2. Ma quando Bossi “comiziava” contro il mondialismo e il libero mercato non era additato come un “pazzo” fuori dal mondo? E’ passato un ventennio …. e abbiamo visto che fine gli hanno fatto fare i taliani e i … padani. Adesso ci teniamo i maiali stranieri e qualche milione di stranieri …..

  3. si vede che all’estero ci sanno fare più degli italiani: sono più furbi, più abili nei mercati e forse anche più bravi nel produrre cibarie

    altrimenti ste robe non arriverebbero

    ma dai pingo pongo che non ne becchi una

  4. Non mi sembrava che il popolo italiano si fosse strappato i capelli quando la commissione europea pagava per abbandonare tradizioni tipicamente italiane, dove le attività agricole facevano la parte del leone. Tutti pronti a passare contenti alla cassa e concedersi finalmente vita natural durante un dolce fa niente. E questi sono i risultati delle decisioni di una generazione di politici e italiani scellerata!

  5. Se la gente cacciasse fuori veramente le palle, questi furbetti qua sarebbero altri da spedire a pedate dopo di che frontiere chiuse sul modello americano relativo l’importazione di frutta e verdura e si torna finalmente a mangiare vero italiano

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