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Ad agosto arriva puntuale il dibattitto sulla “tassa stupida”

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di MATTEO CORSINI

Riempire le pagine agostane di un giornale non è sempre facile, per cui può essere utile aprire un dibattito su un argomento, ospitando di giorno in giorno articoli di diversi autori. Il Sole 24 Ore lo fa con una certa regolarità. Da qualche tempo il dibattito verte sulla riforma fiscale, argomento a dire il vero sempreverde, dato che se ne parla da tempo immemore.

In un periodo in cui il governo ogni mese aggiunge qualche decina di miliardi di extra deficit al conto che, volenti o nolenti, i pagatori di tasse attuali e futuri dovranno pagare, l’argomento è indubbiamente di attualità.

Praticamente nessuno ipotizza di ridurre la spesa pubblica (anche quella è politica fiscale!), se non le cosiddette tax expenditures, ossia deduzioni e detrazioni per questo o quel tipo di spesa, mentre diverse sono le proposte di riforma di questa o quell’imposta.

Nel pamphlet di Carlo M. Cipolla “Le leggi fondamentali della stupidità umana”, la terza Legge (quella aurea) stabilisce che:  “Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.”

Qualcosa di simile può essere applicato alla tassazione, che, in generale dovrebbe invece ricordare la figura del bandito (il fisco), il quale si procura un guadagno causando una perdita ad altri.

Se c’è una tassa stupida e che ha dimostrato più volte di essere tale, questa è la Tobin Tax, o tassa sulle transazioni finanziarie. Tassa ideata da James Tobin per contrastare la speculazione sui cambi, peraltro poi messa in discussione dallo stesso ideatore. Tassa, però, amata dai sinistrorsi di ogni dove, perché ritenuta capace di generare enormi gettiti al tempo stesso colpendo gli avidi speculatori.

Il problema è che si è sempre trattato di una tassa con complicazioni applicative e capace di generare gettiti infinitesimali rispetto a quelli attesi. In pratica, ha danneggiato chi doveva applicarla come sostituto d’imposta senza portare il gettito atteso. Una tassa stupida.

Negli ultimi tre decenni gli esperimenti sono stati diversi, dal Regno Unito alla Svezia, dalla Francia, fino all’immancabile Italia, con risultati sempre ridicoli. Si dovrebbe giungere alla conclusione che non è il caso di perseverare. Invece no: puntualmente rispunta qualcuno che ne propone una nuova versione, che dovrebbe funzionare meglio delle precedenti.

Da ultimo lo fa Fabrizio Onida, secondo cui bisognerebbe “disegnare meccanismi automatici di prelievo alla fonte con aliquote infinitesimali che colpiscano tutte le transazioni finanziarie fra soggetti non residenti, a prescindere dalla loro finalità e dal particolare titolo.”

Posto che è dubbio che si possa limitare l’imposizione ai non residenti, dopo diversi esperimenti dovrebbe essere chiaro che il problema non è nelle diverse modalità applicative finora utilizzate (che peraltro indubbiamente hanno reso questa tassa ancora più stupida di quanto sarebbe nella sua versione di base), bensì nel fatto che il gettito sarà sempre inferiore a quello atteso, dato che gli scambi o migrano dove la tassa non è applicata, oppure, nel caso (puramente teorico) fosse applicata universalmente, si ridurrebbero, rendendo per di più i mercati meno liquidi.

Il tutto genererebbe inevitabili complicazioni e costi a chi dovesse prelevarla, senza generare il gettito atteso. Una tassa stupida (qualcuno potrebbe dire: da stupidi).

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