Il neo-direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha scritto ai circa 40mila dipendenti per indicare come ritiene dovrebbero andare le cose. Si tratta di un vero e proprio libro dei sogni, che peraltro accomuna Ruffini ai suoi predecessori quando anch’essi erano appena arrivati al vertice di quella struttura.
Ecco alcuni passaggi: “Meno burocrazia, carta e timbri, meno adempimenti, ingiustizie, meno distacco dalla vita reale di chi produce, meno distanza dalla lingua italiana e, se saremo bravi, anche meno balzelli”. Tutto condivisibile, ma da prendere con sano scetticismo, dettato dall’evidenza empirica. Ruffini non è il primo a sostenere certe cose, ma la struttura finora è andata avanti come se niente fosse.
E ancora: “Non appartengo alla squadra di chi sostiene che gli italiani hanno nel proprio Dna la furbizia dell’evasore. Non esiste questo tratto genetico. A chi in Agenzia vede gli italiani come contribuenti prima che come cittadini, come evasori prima che come contribuenti, consiglio di cambiare approccio in tempi rapidissimi”. Sembra che chi ha scritto queste parole venga da Marte. Vedremo.
Ruffini invoca anche “ascolto continuo e dialogo instancabile con i cittadini”, ricordando ai collaboratori che “dobbiamo rendere più leggero lo sforzo di chi ogni mattina alza la saracinesca della propria impresa”.
In effetti un modo per rendere più leggero lo sforzo di chi alza la saracinesca ci sarebbe: lasciarlo in pace. Ma questo è in antitesi con la missione dell’Agenzia. Quindi quello di Ruffini credo sia destinato a restare un libro dei sogni (a cui non crede nessuno).
Parole al vento.
Fiato alle trombe.
Avrebbe potuto esordire con un invito al potere politico a ridurre del 30% tutte le tasse, immediatamente, e di provvedere a una riforma fiscale radicale entro 6 mesi da oggi.
Pena le sue dimissioni.
Solo parole.