Fra qualche giorno lorsignori si inaugurano l’Expò, tutti sorridenti, col vestito della festa a tagliare nastri scrupolosamente tricolori.
Che la vicenda finirà male lo sanno tutti, anche se per ragioni scaramantiche o di semplice autodifesa politica, c’è chi sostiene che alla fine andrà “benino”, che il solito italico stellone ci metterà qualche toppa.
Sarà un buco economico, un disastro urbanistico e un investimento che porterà vantaggi solo ai soliti noti (o ignoti) e che procurerà un gran lavoro per tribunali e cronisti giudiziari. Per spirito patriottico o per disciplina di partito, gli avvisi di garanzia partiranno forse solo dopo la conclusione della paccottigliosa kermesse. Resteranno strascichi, polemiche, debiti, opere inutili, catafalchi rugginosi e la solita amarezza per tutte le occasioni e le risorse buttate via.
Una esposizione è fatta per esporre qualcosa, per mostrare qualcosa di speciale di cui si va orgogliosi, che da lustro o che porta grandi vantaggi all’economia e all’immagine di una comunità. Cos’hanno da esporre di così speciale da scomodare il mondo intero questa Milano e questa Italia?
Non si tratta di realtà in espansione, in un vigoroso momento di progresso o di cambiamento: l’Italia stagna nel suo liquame mediterraneo e con esso soffoca la Padania e Milano che ci sta in mezzo. Cosa ci sarà da mostrare con orgoglio: periferie disastrate, sistemi di comunicazione da day after, forse la più grossa collezione mondiale di campi di strolighi? Si vogliono esibire strade sporche, insicure, graffittate e frequentate da una multicolore marmaglia di sfaccendati? Si faranno visitare autostrade che finiscono nel nulla, ponti crollati a dieci giorni dalla costruzione, opere mai finite, cantieri perpetui, vaccate da archistar, case occupate, quartieri abusivi: tutto il miglior repertorio dell’italianità. Si dice che sarà la fiera dell’alimentazione, dell’agricoltura e della natura. Dove? In mezzo a quartieri fatiscenti, aree industriali abbandonate e periferie con le qualità estetiche di Gaza o Aleppo dopo il bombardamento? Finirà in una serie di orticelli costosissimi, un verziere per ricchi che durerà qualche mese prima di essere sovrastato da erbacce e immondizia. E le architetture? Una sequela di catapecchie tecnologiche, di sgangherate composizioni di vetro, cemento e metallo che finiranno per ispirare le immaginazioni deboli e feconde di tanti progettisti di provincia: aspettiamoci sbrodolate di villette e capannoni che saranno la brutta copia di questi già bruttissimi incubi tridimensionali.
Avrebbe potuto essere una vetrina di autonomia e di autonomismo, proprio come lo erano state le Olimpiadi di Barcellona del 1992. Ma dove sono l’autonomia e l’autonomismo di Milano, della Lombardia e della Padania? La città è governata da un comunista campano, la repubblica da un pievano Arlotto nemico di ogni autonomia e financo di ogni decentramento. La Regione Lombardia è governata da un signore che è stato segretario di un partito indipendentista ma anche ministro di polizia dello Stato da cui diceva di voler secedere: questo sì un prodigio degno di una esposizione universale. Oggi è circondato da collaboratori scrupolosamente scelti al di sotto del 42° parallelo (ma Dos Passos non c’entra…), si interessa poco di autonomia e sicuramente non ha abbracciato con tanto calore la causa dell’Expò per farne una bandiera di lombardità alternativa. Per fortuna, perché questa cosa sarà la più puntuale e veritiera rappresentazione dell’italianità post-moderna, pressappochista, ritardataria, cialtrona, senza idee ma sicuramente perfetta per occuparsi di alimentazione. Soprattutto di forchette, appetiti, dell’apparato digerente e dell’intero ciclo della funzione gastro-intestinale.
leggere Oneto è sempre un piacere!
E’ tutto vero.
Una fotografia esatta.
Il buonsenso avrebbe consigliato di non spendere tutti questi soldi, ma la politica non è buonsenso.
I costi, come al solito, ricadranno sui sudditi.
Qualcuno ha scritto che succederà come in grecia quando si tennero non so se le olimpiadi o altro.
Debiti su debiti.
Ora pagano.