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Anatocismo e stupidità dei finti difensori dei consumatori

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di MATTEO CORSINI

Quando mi capita di occuparmi di questioni bancarie sostengo che di motivi per essere critici ce ne sono parecchi, ma spesso chi lancia strali e grida di allarme lo fa per i motivi sbagliati. Un esempio è il famigerato anatocismo, ossia la pratica di calcolare interessi su interessi.

Va detto che in passato, in effetti, le banche ne hanno fatte un po’ di tutti i colori, ovviamente con il benestare delle autorità di vigilanza. In sostanza gli interessi attivi (passivi per i clienti) erano calcolati per lo più trimestralmente, mentre quelli passivi (attivi per i clienti) erano calcolati annualmente. Le banche vennero poi (giustamente) obbligate a utilizzare la stessa periodicità per il calcolo e la liquidazione degli interessi sia attivi, sia passivi. La pretesa, però, che non fossero calcolati interessi su interessi, che pure ha trovato consensi da parte di soggetti in parte finanziariamente ignoranti e in (larga) parte in malafede (è il caso delle associazioni di consumatori e di pseudo consulenti) non trova riscontro fuori dall’Italia.

Il punto è semplice. Supponiamo per facilità di esposizione che un cliente abbia un saldo a credito sul conto corrente costantemente pari a 100 euro per tutto l’anno, con un tasso pari all’1 per cento. A fine anno la banca accredita 1 euro di interessi (in realtà 0,74 euro, perché 26 centesimi se ne vanno allo Stato, ma per comodità facciamo finta di essere in un mondo privo di tasse). A partire dal 1° gennaio dell’anno successivo il saldo è pari a 101 euro e, se non cambia nulla, alla fine dell’anno successivo la banca accredita 1,01 euro (ossia calcola gli interessi al tasso dell’1 per cento su 101 euro), portando il saldo a 102,01.

Di questo nessuno si lamenta.

Poniamo il caso, al contrario, che il cliente abbia un saldo a debito, come accade tipicamente nel caso di un’apertura di credito in conto corrente. Supponiamo anche che il saldo a debito sia stato pari a 100 euro tutto l’anno, al tasso del 5 per cento. A fine anno la banca calcola gli interessi, pari a 5 euro. Se il cliente non versa quella somma, a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo il saldo negativo dovrebbe essere pari a 105 euro, dato che la banca, di fatto, sta prestando al cliente altri 5 euro. Quindi alla fine dell’anno successivo gli interessi dovrebbero essere calcolati su 105 euro.

Di questo si lamenta chi è contrario all’anatocismo. Per esempio Elio Lannutti di Adusbef, che per l’occasione ha trovato ospitalità sul blog di Beppe Grillo. Scrive Lannutti: “La pratica di far pagare gli interessi sugli interessi, adottata dagli istituti di credito per oltre mezzo secolo, espressamente vietata dal legislatore dal 1 gennaio 2014, è diventata a tutti gli effetti consentita su base annua, da un emendamento del 7 aprile 2016, approvato al Senato dalla maggioranza di Governo con il decreto di riforma delle banche di credito cooperativo e dalla delibera 343 del Comitato interministeriale credito e risparmio“.

Ciò che il legislatore aveva fatto nel 2014 era semplicemente abominevole dal punto di vista finanziario, perché è pacifico che se si conviene che la periodicità di calcolo degli interessi sia annua, quando gli interessi sono dovuti ci sono solo due possibilità: o il debitore li paga, oppure aumenta il suo debito per l’importo degli interessi, ed è normale che il creditore esiga interessi anche su quella somma. Così come avviene nel caso in cui il cliente presenti un saldo a suo credito.

L’emendamento del 2016 non serviva a far altro che riportare l’Italia in linea con il resto del mondo civile. Peraltro, come spesso accade, la soluzione è raffazzonata e finisce con il regalare due mesi di interessi al debitore. Infatti, mentre gli interessi passivi (attivi per il cliente) sono accreditati al 31 dicembre e su di essi maturano altri interessi a partire dal 1° gennaio successivo, gli interessi attivi (passivi per il cliente) vengono calcolati, ma possono essere addebitati solo a partire dal 1° marzo successivo e se ciò è espressamente autorizzato dal cliente.

In pratica il debitore ha due mesi di tempo per pagare gli interessi o autorizzarne l’addebito a partire dal 1° marzo. Ovviamente le banche prevedono l’introduzione di clausole contrattuali che autorizzino tale addebito. L’alternativa non può che essere la revoca del fido a quel cliente che, non pagando gli interessi, di fatto diventerebbe insolvente, andando ad aumentare i famigerati crediti deteriorati che già pesano per oltre 300 miliardi lordi sui bilanci delle banche italiane.

E’ bene ricordare che le banche operano in minima parte (circa il 10 per cento) con denaro degli azionisti (ossia dei proprietari), utilizzando per lo più denaro di depositanti e obbligazionisti. Che sono sovente le stesse persone che i Lannutti di questo mondo avrebbero la pretesa di tutelare. Non aggiungo altro.

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1 COMMENT

  1. Salve Matteo
    Le rispondo per chiarire quello che probabilmente le è sfuggito. Quando afferma che “le banche operano con il denaro degli obbligazionisti e dei depositanti…” risulta fuorviante e non corretta. Le banche fanno credere così ma di fatto creano denaro dal nulla con semplice emissione di credito che riportano nella loro contabilità come debito e sulle cui somme non pagano tasse.
    Questo lo hanno affermato personaggi di spicco come il defunto economista Bernard Maris reo di essersi trovato “casualmente” nella redazione di Charlie Hebdo il giorno dell’attentato qualche giorno dopo avere rilasciato questa intervista dove afferma ce le banche creano denaro dal nulla: https://www.youtube.com/watch?v=rVSUZSn6bB0
    A rafforzare l’informazione anche il tribunale di Bolzano si è pronunciato in merito riportando nella stesura della requisitoria:
    “Il 7 luglio 2016 a Madrid, in Spagna, il vice presidente della BCE ha ammesso:
    Una motivazione fondamentale per la regolamentazione bancaria si riferisce al fatto che, quando concedono credito, le banche creano denaro creando un deposito corrispondente.” Il testo completo lo trova qui: http://www.lonesto.it/?p=23413
    Altra precisazione al suo articolo riguarda la differenza sostanziale tra il fido e gli interessi su conto corrente in attivo.
    Quando si parla di anatocismo su fidi lei non considera che viene applicato già un interesse debitore (poniamo del 10%) che l’imprenditore paga ogni trimestre. Su queste somme la banca applica ulteriormente anatocismo. Inoltre, l’analogia che lei ha portato ad esempio, mostra invece quello che si chiama “asimmetria” ossia la enorme sproporzione tra gli interessi accreditati (circa l’1% annuo se va bene) sui conti in attivo contro i 5% e più addebitati con l’anatocismo quando si usa il fido. Qui si tratta di truffe e di sfruttamento da parte degli istituti di credito che hanno il solo fine di massimizzare i profitti a qualunque costo, andando spesso e volentieri a sforare i tassi di usura normati dal codice penale con la legge 108/96

    Cordialmente

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