di GILBERTO ONETO
I giornali si occupano delle bolle di sapone cinesi che sarebbero nocive alla salute. Ma ci sono altre bolle che in questa calda estate creano grandi aspettative e ancor più grandi delusioni. Oscar Giannino ha fatto sognare per un po’ di settimane il popolo liberale e poi l’ha risvegliato con un manifesto perbenino e senza grinta. Roberto Maroni ha promosso un turbinio di scope che scuotono l’aria invece che ripulire il terreno. Gli autonomisti tuonano propositi bellicosi e ipotizzano accordi storici e poi se ne vanno tranquilli in ferie. In tutto questo sbollire di iniziative, in questo otto settembre dei buoni propositi, in questo deserto ferragostano di idee si fa sentire un vecchio volpone della politica che – fiutato il vento – ulula alla secessione. Pressato da magistrati e avvisi, in astinenza di consenso, Roberto Formigoni si mette a invocare l’indipendenza da Roma: i fumi di incenso che di solito avvolgono il personaggio inducono a meditare su
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