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Anche i vegani a volte non resistono alle tentazioni della carne

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di MATTEO CORSINI

Ancora prima di avvicinarmi (ormai oltre 25 anni fa) al libertarismo, già provavo repulsione per coloro che pretendevano di imporre o spingere gli altri a fare ciò che essi ritenevano fosse giusto per tutti quanti. In sostanza, non avevo ancora conosciuto formalmente il principio di non aggressione, ma quado iniziai a leggere Rotbard in molti casi non feci altro che dare una forma a ciò che in pratica già ispirava il mio modo di vedere le cose.

Di qui la mia repulsione tanto per le imposizioni mediante l’uso della legislazione in violazione del principio di non aggressione, quanto per la più subdola versione delle cosiddette “spinte gentili” alla Sunstein e Thaler. Repulsione che, ovviamente, si estende ai tentativi di spingere le persone a mangiare ciò che altri ritengono giusto mangiare. A maggior ragione se il motivo sottostante è la riduzione delle emissioni di metano o altri gas cosiddetti climalteranti. Che, in estrema sintesi, significa ridurre o azzerare il consumo di carne.

Se gli ecotalebani sono indigeribili, la loro versione vegana lo è ancora di più, perché non di rado (mi si passi una generalizzazione che so non essere corretta al 100%) i vegani sono più intolleranti dei semplici ecotalebani. Lara Williams, una delle ecotalebane pagate da Bloomberg, ha scritto un lungo articolo in cui constata, non senza preoccupazione, che non solo il numero di vegetariani e vegani non sta aumentando, ma addirittura alcuni di essi tornano perfino a mangiare carne.

  • “Il cibo rappresenta circa il 30% dell’impronta carbonica di una famiglia tipica nei Paesi europei ad alto reddito. La maggior parte deriva da prodotti animali, con gli allevamenti di bestiame che rappresentano il 14,5% delle emissioni globali”, scrive Williams. Secondo la quale “i governi che vogliono azzerare le emissioni dovranno ripulire i piatti delle loro nazioni.”

Stiamo parlando, in estrema sintesi, delle scorregge degli animali da allevamento. Bonta suà, Williams aggiunge che “questo non significa che tutti dovranno diventare vegani”. Ma, citando il classico studio finanziato da una organizzazione che spinge per azzerare le emissioni, il consumo di carne (in questo caso nel Regno Unito), dovrebbe scendere del 20% entro il 2030.

Purtroppo (secondo Williams, ovviamente), la spinta verso carne finta e altre robe del genere pare avere perso slancio. Le stessa ammette, quasi vergognandosene e apprestandosi (metaforicamete?) a indossare il cilicio, che è stata vegetariana per sette anni, ma di tanto in tanto mangia pesce e, in qualche occasione, anche carne.

Grazie alla globalizzazione abbiamo preso a importare più frutta e verdura. Per Williams è una buona notizia perché significa mangiare meno carne. Per me è una buona notizia perché ciò aumenta le possibilità di scelta per i consumatori, ma se fossi tra coloro (Williams inclusa) che pare non prendano sonno la notte preoccupati dalle emissioni di camion, navi e aerei, non sarei tanto tranquillo.

Ed ecco il vero incubo: “Lasciate alla società e al mercato, le cose stanno andando troppo lentamente verso il raggiungimento dei target di consumo di carne”, inteso come riduzione. Diversi suoi amici vegani hanno ripreso a mangiare carne e prodotti di origine animale, per vari motivi, tra cui “i partner” (al cuore non si comanda, verrebbe da dire per non ricorrere a formule più volgari ma non meno efficaci) e “le preoccupazioni per i cibi processati”.

Occorre quindi ripensare alla strategia, partendo dai ristoranti, dove è maglio offrire un menù completo rispetto a uno solo vegano o vegetariano. E fin qui siamo alla scoperta dell’acqua calda. Ma se le spinte gentili non funzionano pensando al clima, si pensi alla salute e ai costi per i servizi sanitari delle conseguenze del consumo di carne.

Ora, il genere umano è carnivoro da milioni di anni, quindi se il consumo di carne fosse realmente nocivo ci saremmo già estinti. Poi, come per ogni cosa, è bene non esagerare. Quello che i talebani non capiscono è che il loro approccio, ammesso che sia animato da buone intenzioni, non solo è liberticida, ma porta a reazioni avverse anche da parte di coloro che non ne farebbero una questione di principio. E il bello (o il brutto, a seconda dei punti di vista) è che non imparano nulla da quello che succede attorno a loro.

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3 COMMENTS

  1. Concordo con la risposta di Gi… io ero vegetariana già durante le scuole medie negli anni ’70 perchè il mio motto era “vivi e lascia vivere” , compreso gli animali. Da alcuni anni sono diventata vegana perchè ho saputo che le vitelle vengono allevate a latte in polvere perchè il latte delle loro madri serve per fare il formaggio per gli umani ed i vitelli sono destinati al macello perchè i tori non servono più… Detto questo, non sono mai stata di sinistra, non impongo agli altri il mio modo di vivere, ritengo che ogni persona possa vivere come crede purchè rispetti gli altri individui.

  2. Rileggendo l’articolo un paio di volte non trovo l’associazione ‘del pensiero “vegano” all’ideologia woke’. Anche perché non leggo mai “woke” nel testo, ma comunque non mi sembra lecito nemmeno desumere l’eventuale associazione vegano -> woke. Semmai il contrario: woke (inteso però come sinonimo di persona che spinge altri – auspicando tutti – al proprio comportamento idealizzato) -> abbandono della carne. L’articolo chiarisce poi che “non di rado” i vegani sono intolleranti. Non tutti, quindi.
    È vero che la percentuale può apparire maggiore di quella reale perché gli intolleranti tendono a essere più chiassosi; tuttavia esistono e non sono eccezioni. Forse non sarebbe male che chi è vegano per libera scelta si esprimesse apertamente contro quel tentativo di imposizione e per riconoscere il diritto di altre libere scelte (onnivore, Corsini, non carnivore: mia moglie ha sfornato da poco una strepitosa pagnotta le cui fette saranno fra poco irresistibili, cosparse d’olio, a qualunque “carnivoro”…)
    C’è poi un discorso che crescerebbe a dismisura sull’opportunità di sostenere la logica conseguenza della scelta vegana dal pensiero libertario. Limitiamoci a far discendere da esso la libertà della scelta e non della specifica scelta vegana, altrimenti insinuiamo la “scomunica” dell’onnivoro!

  3. In risposta a Matteo Corsini.
    Caro Corsini, leggo sempre con molta attenzione i suoi articoli che spesso mi hanno illuminato ma questa volta mi vedo costretto a criticare il suo pensiero perché di una superficialità disarmante. Innanzi tutto associare il pensiero “vegano” all’ideologia woke vuol dire non aver avuto neppure la curiosità di cercare da dove partì la definizione di vegano. La definizione è opera della The Vegan Society fondata nel lontano 1944. Un anno prima della nascita del primo motore Hemi da parte della Chrysler, ed è detto tutto! Mi sento di risponderle perché sono vegano da 21 anni e la leggo proprio sulle pagine del Miglioverde. Ho imparato solo successivamente a capire che la mia scelta, che non è solo alimentare, vale anche per la pelle delle scarpe e delle cinture, perché se me le metto ai piedi allora me le posso anche mangiare, è una scelta libertaria, che andrò ora a spiegare.
    Il principio principe, il principio di non aggressione lo applico anche agli animali, è un principio di libertà se ci fosse un confine non sarebbe più tale. La critica classica è:”ma se fossi su un’isola, ma se fossi in emergenza, ecc” sicuramente in emergenza metterei la mia vita o quella dei miei cari al primo posto, proprio come vuole il comportamento primitivo troppo spesso citato le dico che in una situazione estrema tra un bue e un individuo, forse, potrei cibarmi prima dell’individuo così elimino anche un possibile concorrente. Ma questi estremi non servono a nulla. C’è una voce dentro di me che dice non uccidere e questa voce non posso non ascoltarla. L’altro principio fondamentale è quello che sostiene che i diritti che non si hanno non si delegano. Direi assolutamente libertario, ciò mi consente di non andare dal macellaio a pretendere di fare ciò che io ritengo di non avere diritto a fare, diversamente non avrei bisogno del macellaio. Le assicuro Corsini che se entrassimo in un macello insieme ad altri libertari e ci facessimo un giro completo all’uscita solo una minoranza andrebbe a farsi una bistecca, gli altri andrebbero a prendersi una bustina di Biochetasi. La mia scelta è stata sempre sul percorso logico e cucita sulle fondamenta libertarie.
    Se è vero che nasciamo onnivori è anche vero, come ci ricordano Davindson e Ross-Mogg, che dal momento che abbiamo smesso di fare i nomadi e abbiamo incominciato ad avere dei beni, siamo stati soggetti a furti e predazioni da parte dei nostri simili, ma ciò non ci ha convinto che non avere la proprietà di qualcosa sia meglio che averla, e siamo orgogliosamente proprietari di tutto ciò che è nostro. L’evoluzione conduce a scelte e certe scelte migliorano la vita.
    La mia esperienza non deriva solo dalla mia scelta, sono un ristoratore esclusivamente vegano e le assicuro che non ho mai avuto bisogno di obbligare qualcuno a mangiare. La mia porta è sempre stata aperta anche in uscita. Ho conosciuto vegano spinti da motivazioni vicino alle mie, da quelli spinti da motivazioni pseudo salutiste, da individui in cerca di autore, ognuno è se stesso e cercare di inserlo a forza nella casellina woke e come dare del fascista ad un libertario. Mi è capitato di leggere cartelli: ” vegano stai lontano o il fiorista più avanti” francamente non l’ho mai ritenuto offensivo, anzi un’indicazione utile, dato che ritengo che discriminare in una struttura privata sia corretto, se va bene al proprietario fare a meno di un possibile cliente, chi sono io per oppormi, ma mai mi è capitato di vedere cartelli che indicassero un messaggio opposto.
    Io mi dissocio fortemente dall’ idea che Vegan significhi obbligo, woke, inclusività o altra stupidaggine socialista. Vegan è semplicemente l’idea di un individuo libero che segue con fermezza un filo logico secondo i saldi principi libertari, e come individuo non deve vedersi necessariamente riflesso nel pensiero altrui, proprio come un libertario non è un fascista.
    Spero di aver aperto con questo confronto uno spiraglio di riflessione e attendo con curiosità il suo prossimo articolo su Il Miglioverde.

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