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Antileghisti come cani e gatti: analisi delle diverse tipologie antropologiche

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dI GILBERTO ONETO

cani e gattiGli antileghisti sono legioni. Ci sono quelli che lo sono per convinzioni politiche (destra o sinistra, centro o chissà cos’altro), ci sono quelli che lo sono per questioni di latitudine e ci sono quelli – tanti – che lo sono diventati per delusione: ex tesserati, simpatizzanti, militanti o votanti che si sono allontanati dalla Lega perché questa ha tradito i progetti originari e/o perché si è impaludata nel malaffare.

L’ultima categoria – quella degli ex – si ramifica in diverse tipologie antropologiche.

A – Ci sono quelli che se ne sono venuti via, hanno stracciato la tessera o hanno smesso di votare perché federalismo, secessione e Padania sono stati rottamati o perché sono diventati il paravento di poco nobili imprese. Accusano la dirigenza ma non la Lega che resta per loro una nobile fabbrica di speranze. È gente che, di fronte a un radicale cambiamento, a un ritorno alle origini e a una pulizia profonda, sarebbe anche disposta a tornare a votare o addirittura a rientrare nei ranghi.

B – Ci sono le vittime della sindrome degli “amanti traditi e delusi” che proprio non ne vogliono più sapere. “La Lega è diventato un partito come gli altri, di affaristi e cadregari” è il loro mantra più praticato e nulla li farebbe più recedere dal loro Aventino esistenziale e senza ritorno. Si occupano dei fatti loro e solo un duraturo miracolo farebbe cambiar loro d’avviso.

C – Ci sono tutti quelli che dalla Lega si aspettavano qualcosa, che non l’hanno avuta o l’hanno avuta fino a un certo punto. In giro ci sono frotte di ex deputati, ex consiglieri di qualcosa, ex sindaci o assessori che si sono intruppati (o hanno cercato di farlo) in altri partiti o se ne sono fondati su misura. Non è gente che fa grandi distinguo ideologici: per loro le cadreghe non sono di destra o di sinistra, non sono centraliste o autonomiste. Sono solo cadreghe.  Inutile perder tempo con questi allupati dello scranno: sono il prodotto dell’opportunismo e della malafede.

D – Ci sono tutti quelli che hanno fatto i leghisti senza capire bene cosa volesse dire o che sono stati per un certo periodo sedotti da una piccola porzione del suo programma pensando che fosse la più importante o la sola. Quelli che sono solo contro le tasse, solo contro i terroni, solo contro gli immigrati o che “bisogna togliere gli autovelox”. Sono pronti a seguire chiunque si sbracci davanti al loro scampolo di mondo e vagano perciò fra un simbolo e l’altro.

E – Ci sono quelli – e sono tanti – che hanno associato la delusione per la Lega al rifiuto di quello che ha rappresentato. Roba del genere: “Caio mi aveva promesso un gelato e mi ha rifilato una minestra di ortiche: odio Caio e odio il gelato”. Sono tutti quelli che sulla via di Damasco sono stati fulminati al contrario: “non siamo riusciti ad avere quello che volevamo e perciò quello che volevamo era impossibile o sbagliato”. Sono i candidati al lettino dello psicanalista, quelli che credono (adesso) che l’indipendenza sia impossibile, la secessione una sanguinosa utopia, il liberismo una mania di Facco, il federalismo una fissazione di Bracalini,  la Padania una invenzione dell’Oneto e battersi  per queste cose una malinconia del Marchi. Saltellavano felici sul Po e adesso ritengono che abbiano senso solo il Granducato di Orzinuovi o il Principato di Montegaldella: obiettivi che sono ovviamente pronti ad abbandonare con disgusto non appena fossero sostenuti dalla Lega. Insomma l’antileghismo è un mondo variegato di cani schizzati e gatti isterici con cui ci si deve pazientemente confrontare, ma questo passa il convento.

Così la Lega – se davvero vuole risorgere – non può che trovare forme di dialogo e di riconciliazione  con questa poltiglia  variegata ma – a suo modo – vitale. Proprio come devono fare con la Lega e con i suoi cassetti pieni di calzini maleodoranti tutti quelli che sono davvero autonomisti e indipendentisti. É così o così.

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8 COMMENTS

  1. Ok adesso facciamo un gioco: dovete associare ognuno dei 5 commenti fatti prima di questo ad una delle tipologie descritte da Oneto.

  2. Simpatico articolo dove l’ostinazione nel ritenere il “progetto Lega” sia ancora fattibile. Non scrive l’autore che la Lega e’ morta con la condanna morale ai Serenissimi, che la Lega e’ morta una seconda volta nell’abbraccio mortale con Berlusconi, che la Lega e’ morte altre decine di volte con gli scandali e soprattutto con la firma di accordi vergognosi e deleteri per tutto il Nord (decreto Roma capitale etc.). La lega e’ morta perché si comporta e agisce solo come centro di potere finalizzato al mantenimento dello status quo che garantisce, come a tutto il sistema politico italiano, vitalizi, prebende, soldi etc. La lega e’ morta perché ogni due anni cambia slogan e non ne centra uno… autonomia, federalismo, devolution, il 75% ai lumbard, prima il Veneto e cagate assortite varie. Non che la cosa stupisca piu’ di tanto. Non ci sono ricordi a memoria d’uomo di un’area geografica che secede pacificamente da un’altra. Poi ci sono i nostalgici, come credo sia l’autore dell’articolo che suppongo giustifica la politica leghista per il fine ultimo. Ma e’ solo, se lo lasci dire Dott. Oneto, pia illusione.

  3. Caro Gilberto, lo dico in tutta sincerità. Preferisco essere poltiglia piuttosto che tornare a credere a chi ha preso in giro me e milioni di altri votanti. Almeno fino a quando la Lega tornerà ad essere un movimento indipendentista, che possa anoverare tra le proprie file persone di destra e sinistra, etero ed omosessuali, cristiani e musulmani, con l’unico scopo di ottenere l’indipendenza per la nostra terra e radicare nelle generazioni una cultura identitaria. Senza badare a scranni, rimborsi, beghe interne tra dirigenze attualie passate, euro e mire espansionistiche su Sardegna, Basilicata, Sicilia ecc.
    E’ un mio limite? Indubbiamente sì. Preferisco essere coerente e non ottenere nulla che dialogare e riconciliarmi per illudere persone sapendo che gli obiettivi sono altri. Io, coi calzini maleodoranti, non voglio avere niente a che fare. Se e quando ci sarà davvero un cambiamento all’interno di quel partito e sarà distrutto il comò coi calzini, allora ne riparleremo.

  4. Quando si deve scegliere una persona, per dirigere qualcosa occorre porsi una semplice domanda : il candidato che cosa faceva cinque minuti prima della candidatura ?
    Se non faceva niente ( o presso a poco, come accade per la maggior parte dei politici) la conclusione è chiarissima.

  5. C’è chi pensa che la libertà (l’indipendenza è un mezzo, non un fine) possa passare solo attraverso lega, e chi pensa che possa passare solo SOPRA alla lega, con il rullo compressore… “È così o così” lo dice solo il governo ladro, con la pistola puntata… per gli altri esiste sempre un’alternativa.

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