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Ara és l’hora! la volonta’ condivisa di un popolo

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OLYMPUS DIGITAL CAMERAdi CHIARA BATTISTONI

Barcellona –  11 settembre: un’alba che non dimenticherò più, preludio di una giornata che segnerà il futuro dell’Europa dei Popoli, senza retorica, con la forza dirompente dell’entusiasmo e della determinazione di questo popolo un po’ spigoloso come la lingua che parla, fiero e audace, capace di mostrare al mondo intero, con dignità e maturità, l’amore appassionato per la libertà, la libertà di essere Popolo tra i Popoli.

Oggi il cielo è blu, blu come il triangolo delle bandiere catalane che in questi ultimi anni sono sempre ben visibili sui balconi e i davanzali di molte case e che oggi, giorno della Diada, campeggiano ovunque. E’ una Diada speciale: si ricordano i trecento anni dalla caduta di Barcellona in mani spagnole, l’11 settembre 1714 ma, soprattutto, si attende il referendum per l’indipendenza del prossimo 9 novembre, referendum che Madrid ha già considerato inaccettabile, paventando interventi duri.

11S e 9N, numeri e lettere presenti ovunque, legati indissolubilmente uno all’altro: dall’esito della Diada (11S), democratica, inclusiva, pacifica (come ricorda già di primo mattino la presidente del Parlamento de Catalunya, Nuria De Gisperta) dipende la consultazione referendaria (9N). Alle nove la città è già tutta un brulicare di magliette gialle e rosse, le magliette acquistate e indossate da un milione ottocentomila persone (lo saprò in serata) protagoniste della più grande mobilitazione che la Catalunya abbia mai vissuto: undici chilometri di cittadini, insieme per disegnare la V di Vittoria (Visca Catalunya!) per le vie di Barcellona, con i colori rossi e gialli delle strisce della bandiera catalana. Anche il Parlamento apre le sue porte, accoglie il suo Popolo; le generazioni si incontrano: ci sono intere famiglie, bambini, genitori, nonni, tutti insieme, sereni e tranquilli come può essere chi ha le idee chiare, ha capito qual è il proprio ruolo e conosce l’obiettivo: l’indipendenza.

Non vedo una sola manifestazione di nervosismo, insofferenza o prevaricazione; la serenità con cui i cittadini vivono la Diada è l’espressione della maturità con cui questo Popolo cammina verso la libertà. Inutile derubricare la Diada in manifestazione folcloristica; questa è la lezione più cristallina e audace che un Popolo europeo abbia dato all’Europa contemporanea, la dimostrazione che idee strutturate e passione si tengono per mano e realizzano l’inimmaginabile; non c’è traccia di violenza neppure negli slogan; c’è invece fermezza in quel Som una Naciò”, “Volem Votar che si alza all’unisono dalla folla, allo scoccare dell’ora fatidica, 17:14 (a ricordare l’anno 1714).

E’ un pugno allo stomaco, per chi come me proviene da un Paese che ha smarrito identità prima e dignità poi, incapace com’è di riconoscere la libertà, di capire che nell’ipertrofia di leggi, norme e burocrazia si nasconde il giogo che ci toglie tutto ciò per cui le generazioni precedenti hanno dato impegno e vita. E’ un cazzotto sul naso, per chi vive in un Paese che preferisce la politica degli annunci e delle parole all’audacia delle scelte, che accetta riforme centraliste dimenticando che la nostra unica ricchezza (nonché via di salvezza) è nella specificità delle genti e dei territori, che smarrisce il senso della storia e non sa più costruire un futuro. Volem Votar perché Votar és normal en un paìs normal (perché votare è normale in un paese normale) è il sogno coltivato dalla Catalunya, dai suoi bambini come dai suoi vecchi. E’ l’obiettivo comune che da qualche anno ha saputo unire schieramenti politici diversi, è lo strumento per raggiungere l’agognata indipendenza, è il bene comune su cui articolare il domani, a partire dalle accurate analisi di impatto sul tessuto economico, sociale, ambientale di cui la Catalunya in questi anni si è dotata. E’ il Progetto, che catalizza risorse, affina l’intelletto, illumina le giornate e riscalda i cuori. E’ la Visione, che diventa volontà condivisa di un popolo in marcia che costruisce il proprio futuro, che accoglie in un abbraccio caldo e luminoso, come solo il cielo di Catalunya sa essere.

Ara és l’hora, Catalunya!

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