Quando, in Italia, pensi che al peggio non c’è limite, non stai sbagliando. Se credevate che pagare l’82,7% di tasse su un reddito di 75.000 euro fosse il peggio (VEDI QUI), vi sbagliavate. Il limite è stato valicato alla grande, perché un artigiano lombardo nel 2014 ha fattura 74.964 euro, ma tra anticipi e balzelli vari ne deve allo Stato 83.700! In soldoni, il nostro servo deve al governo canaglia il 111,6% di quanto guadagna.
La storia è ben raccontata da Flavia Mazza Catena su “Il Giornale”. In sintesi: “Ma ecco i conti. Il reddito lordo dichiarato, dunque, è di 74.964 euro. Con gli oneri deducibili si scende a 73.600. Su quanto dichiarato, da pagare ad agosto ci sono 24.639 euro di Irpef a saldo, l’addizionale regionale a saldo per 1179 euro, l’addizionale comunale a saldo per 589 euro. Ma anche l’Irap a saldo per 2591 euro. Non dimentichiamo, poi, i contributi (Inps) a saldo per 13.487 euro. E, in più, sempre da saldare ad agosto ci sono 9855 euro di acconto Irpef. Più il primo acconto per l’addizionale comunale di 177 euro, il primo acconto Irap di 1036 euro e il primo acconto di contributi di 6873 euro. Totale da versare in estate: 60.427 euro”.
Finito? “No, ci sono le scadenze di novembre, sempre in base a quanto dichiarato dal contribuente. Che tra secondo acconto Irpef di 14.783 euro, secondo acconto Irap di 1554 euro e secondo acconto contributi per 6873 a novembre dovrà versare 23.211 euro. Il totale complessivo da pagare da qui a fine anno è dunque di 83.700 , appunto a fronte di 74.964 di reddito lordo dichiarato”. Una storia non molto diversa da altre che abbiamo raccontato su queste pagine.
Lascio a ciascuno di voi la considerazione appropriata. Personalmente, dopo tanti anni di dedizione a questi temi, ho finito le parole, mi resterebbero solo le parolacce, ma anche di quelle solo alcune. Dunque, faccio mia la considerazione di John W. Whitehead, che ha scritto:«Forse il fatto più preoccupante di tutti è questo: abbiamo consegnato il controllo del nostro governo e le nostre vite a dei burocrati senza volto, che ci vedono come poco più di bestiame da allevare, marchiare, macellare e vendere a scopo di lucro. Se ci deve essere qualche speranza di ripristinare le nostre libertà e di rivendicare il controllo sul nostro governo, essa non riposerà sui politici ma sul popolo stesso. Quando tutto è detto e fatto, ogni americano dovrà decidere da sé se preferiscono la pericolosa libertà o la pacifica schiavitù».
Whitehead fa riferimento all’America, dove il fisco espropria i contribuenti del 35-40% del frutto del loro lavoro. In Italia, le sue parole sono fiato sprecato. Nella patria delle zecche, il gregge di pecore ha scelto la pacifica schiavitù della tosatura. Ma non agitatevi… Renzi ha detto che abbasserà le tasse, quella cosa che lui non ha mai pagato! (VEDI QUI) e (VEDI QUI)
P.S. Non ci si meravigli se – stando ai dati dell’Ispettorato del Lavoro, dei primi 6 mesi del 2015 – il 59% delle aziende italiane è oggetto di irregolarità e 18.000 lavoratori attualmente sarebbero impiegati in nero. Ah, ovviamente, l’artigiano citato nell’articolo è uno sporco evasore fiscale!
Non cambia la sostanziale anti-economicità della produzione del reddito anche se distinguiamo tra saldi imposte dell’anno precedente ed acconti anticipati di imposte per l’anno corrente su redditi aleatori ed ancora in formazione.
Il soggetto in questione doveva essere al suo primo impatto con le tasse relativamente ad un anno iniziale nel quale non ha praticamente versato acconti per mancanza di storico.
Quindi non abbiamo imposte che superano il 100% sull’anno in questione ma comunque siamo ben oltre il 65 con la contribuzione obbligatoria che non verrà accantonata, ma usata per pagare oggi insostenibili prestazioni previdenziali a suo tempo incautamente promesse.
Ciò non consolerà il soggetto in questione perché comunque legalmente si trova a versare nel giro di sei mesi praticamente le tasse di due esercizi (una a saldo sul precedente e lo stesso importo in acconto sul corrente).
Che la richiesta prestazione finanziaria complessiva alla quale è sottoposto un imprenditore all’inizio dell’attività e non solo (anche su incrementi di reddito tra un anno all’altro) sia una prestazione impossibile è aritmeticamente di una evidenza palmare. Non è una questione di evasione, ma è una questione di aritmetica da seconda elementare: “se Pierino ha un cesto con dieci uova quante uova può consegnare se qualcuno glie ne chiede undici adesso?”
Ma la questione è ancor più paradossale che essere una prestazione impossibile.
E’ chiaro che la prestazione sopra cento si riferisce economicamente ad un reddito di due esercizi: per metà virtuale (per l’anno corrente non ancora terminato) e per metà consolidato (quello dell’anno precedente).
Già, ma il reddito di una impresa non è detto che, pur uscendo da sommatorie di ricavi ai quali si sottraggono i costi, si trovi in forma di moneta contante magari depositata su un conto corrente.
Forse non sarà evidente ma naturalmente in caso di anni iniziali ogni risorsa finanziaria ha una collocazione in poste di bilancio che tutto hanno tranne che la forma di moneta spendibile con un dannato F24.
Ciò è vero soprattutto se parte del reddito è finito per pagare durante l’anno precedente quote di capitale di finanziamenti o è finito in crediti da incassare a scadenza e che la banca non ha potuto anticipare perché superiori al fido accordato (e all’inizio il ogni fonte di credito è centellinata per ragioni diverse al di sotto della stimata capacità di certa restituzione).
L’imprenditore se non vive d’amore qualcosa del reddito deve pur aver consumato (basta anche aver consumato il minimo vitale senza scialare) e queste somme non son li per finire puntualmente e sopracento (sopracento significa: più di tutto) nelle profonde tasche della tesoreria erariale.
Non è questione nemmeno di dimensione perché un’impresa che parte per fare centomila di fatturato ed una che parte per fare diecimilioni soffrono delle stesse dinamiche grossomodo di doppio esborso finanziario.
Se fossero partite a gennaio di quest’anno tra giugno e novembre dell’anno prossimo avranno praticamente doppia aliquota per ogni imposta sul reddito calcolata sul reddito prodotto quest’anno.
Quando la somma aritmetica delle aliquote superasse (come le superano quelle del caso in articolo) il 50% ecco il fenomeno del sopracento formarsi con tutto il suo carico di disperazione ed incredulità comprensibili.
La dimensione non conta quello che conta semmai è non aver avvisato il malcapitato di come sarebbero andate le cose secondo bastarda legge ed in maniera quantitativamente prevedibile ex ante.
I provvedimenti per dimensionare e riportare sottocento il tutto rendendo possibile un adempimento impossibile (in carenza di finanziatori esterni malati di mente da finanziare tasse) sarebbero stati forse illegali o forse no, ma sicuramente avrebbero salvato un imprenditore da una spoliazione finanziaria che rende impossibile la cessazione dell’attività soggiogando un essere umano alla soddisfazione anticipata ed in contanti della famelica bestia.
Il tutto sarebbe incredibile poi se si pensa che le imposte liquidate ossia calcolate di Unico non sono che una parte delle altre somme che vanno allo stato variabilmente come: Iva, imposte di registro, successioni, donazioni, imposte di bollo, accise aaah! Le accise sui carburanti, e mille altri dazi e blazelli Conai, canoni Rai, Imu, tasi, tari, peppe..pere…pere….peppe….pere. Nominarle tutte non si può.
Le tasse non finiscono qui. La inflazione monetaria perseguita a colpi di QE provoca la perdita di potere d’acquisto anche di quel niente che resta dopo il sacrificio del risparmio.
L’inflazione gonfia gli imponibili e sottrae ricchezza in favore del grande debitore che è lo stato. Questa tassa c’è, non si vede, ma la sente soprattutto per chi ha un reddito fisso. La sensazione riconoscibile è un po’ come pulire l’argenteria con la carta vetrata. Ne avrete sempre meno da pulire.
Norimberga, intesa evocativamente come giusto processo alle canaglie naziste, sarebbe un civile suggerimento per chi direttamente o indirettamente tortura, spoglia, induce a far danno a se stesso, a volte con gesti estremi, non solo con richieste di prestazioni impossibili, ma anche con modalità complicate e macchinose perché le semplificazioni sono state fatte solo dal lato amministrativo interno a favore dello lo stato, nessun facendo notare che la fluidità delle procedure interne oggi raggiunta e ventagliata come successo dell’Agenzia si fonda esclusivamente sull’ onere supplementare burocratico pagato a caro prezzo da ogni contribuente adempiente anche in termini di perdita di produttività.
Se avessimo una giustizia che desse un vero colpo d’ala ma..forse….naaaaa.
La Giustizia come ordine e non potere dello stato ci tengono i togarelli a rimarcare, come di fatto dovrebbe essere, gode di status di ente non sottomesso al governo, ma solo alle leggi sulle quali ha il dovere di vigilare, rispettare e concretamente servire. Evvai arrivano i nostri!
Purtroppo però ahimè andrebbe processata per prima visto che non poteva, con tanta alta competenza, giustificare di non avere avuto coscienza delle proprie incapacità aritmetiche da seconda elementare avendo mancato di distinguere ed intercettare almeno le operazioni di regolazione possibili (pur sempre ingiuste imho) da quelle probabilmente addirittura impossibili in natura. Invece un coacervo di conflitti di interessi tra Giustizia ed lo stato erogatore di giuste prebende si estrinseca in mille modi e con mille beguccie, recriminazioni ed azioni para politiche che hanno l’unico filo comune di rafforzare la sensazione di solitudine ed abbandono della gente.
Così si concretizza genericamente un dolo complessivo e lato percepibile come la più grande negligenza rispetto alla preordinata funzione originaria di protezione del più debole e dell’equilibrio generale delle istanze di giustizia.
Quando la giustizia non è percepita come credibile, sciagure maggiori necessariamente accadranno. Speriamo di no, ma la logica non lascia scampo.
Già, paese senza speranze
Grazie