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Artsakh, la terra degli armeni “figli di un dio minore”

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di AMILCARE ALDRICH

Fumano ancora le macerie nello stato dell’Artsakh, devastato dalla guerra, mentre proprio in questi giorni gli armeni stanno lasciando la loro terra e vivono l’ennesima tragedia della loro storia. E non gliene frega niente a nessuno! Questo piccolo lembo di terra, da sempre armeno, nel 1923 è stato assegnato alla Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaigian dal quel dittatore sanguinario noto come Stalin, che ben conosceva la logica del divide et impera. L’Artsakh è così finito sotto il potere azero turcofono e musulmano e ha dovuto subire da quel momento una lunga oppressione e l’immigrazione forzata di azeri.

Con il disfacimento della vecchia URSS, il 6 gennaio 1992 anche gli armeni dell’Artsakh dichiarano la loro indipendenza, ma non passò neppure un mese e il 30 gennaio la neonata repubblica dell’Azerbaigian attaccò militarmente questa piccola encalve armena, dove vivono poco più di 100.000 persone. Gli armeni combatterono con valore e si conquistano la libertà, così nel 1994, dopo 2 anni di guerra, venne firmato il cessate il fuoco.

Passati altri 26 anni l’Azerbaigian ha mosso di nuovo guerra agli armeni dell’Artsakh, che questa volta non sono riusciti a difendere la loro terra, di fronte a loro non solo gli azeri, ma anche le milizie mercenarie islamiste. Buona parte dell’Artsakh è perso, gli armeni scappano e prima di farlo danno fuoco alle loro case per non lasciarle ai “turchi” e prima di farlo spostano le tombe dei loro cari per non lasciar ai “turchi” il divertimento di profanarle. E non gliene frega niente a nessuno! Sembra che non ci sia pace per questo piccolo popolo, già vittima del Medz Yeghern, il grande crimine, ovvero il genocidio perpetrato dai Turchi a inizio novecento.

Spiace constatare come a distanza di 26 anni nessuno abbia riconosciuto il legittimo diritto degli armeni di vivere nella loro terra; lo stato dell’Artsakh non è stato infatti riconosciuto da nessuno stato al mondo. Nessuno vuole inimicarsi gli azeri e il loro petrolio e neppure i Turchi. La paura è tanta e tale che non usano neppure il nome armeno Artsakh, ma continuano ad utilizzare il nome turco: Nagorno-Karabakh.

Non riconosciuto da nessuno proprio l’Artsakh ha ospitato nel 2019 il Campionato Europeo Conifa di calcio, campionato dedicato alle nazioni senza riconoscimento, al quale ha partecipato anche la nostra Padania.

Gli unici riconoscimenti di cui ha beneficiato l’Artsakh in questi anni sono giunti da alcuni stati degli Stati Uniti d’America, dall’australiano Nuovo Galles del Sud, dai Paesi Baschi e dalla Navarra e buon ultimo dalla nostrana regione Lombardia, che non muove un dito per la sua autonomia, ma che nel novembre di quest’anno è per lo meno riuscita a riconoscere lo stato dell’Artsakh.

È triste constatare come gli armeni dell’Artsakh siano “figli di un dio minore” anche nel mondo indipendentista, dove si è speso un diluvio di parole, di articoli, di post a sostegno della Catalogna, dove si sono ammantanti di estelade profili Facebook, magliette e balconi, ma non si nota alcuna mobilitazione per gli armeni. Se giustamente ci hanno indignato i calci e i pugni che la Guardia inCivil ha riversato su giovani, donne, anziani che pacificamente votavano, non capisco perchè non suscitino una reazione analoga e ben maggiore le bombe turco-azero-islamiste che piovono sugli armeni dell’Artsakh.

Non dimentichiamoci dell’Artsakh e degli armeni, non dimentichiamoci del loro diritto di vivere in pace, liberi e indipendenti nella loro terra, proprio come vorremmo vivere liberi e indipendenti noi.

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