di MATTEO CORSINI
Se un settore che produce un determinato bene necessita per anni e anni di essere sovvenzionato, mediante incentiVi ai compratori e/o ai produttori, significa che non avrebbe senso di esistere in un contesto di libero mercato. Per di più, il buon senso dovrebbe fare intuire che gli incentivi possono funzionare per un mercato di nicchia, ma non per un mercato di massa, per una semplice questione di sostenibilità.
Con l’elettrificazione forzata del settore auto, invece, da anni si procede a ondate di incentivi e i progressi promessi più volte non si sono ancora manifestati. Le auto continuano a costare molto di più di quelle a motore endotermico, l’autonomia delle batterie lascia a desiderare e i tempi di ricarica sono ancora biblici. Il tutto senza voler sottolineare che la vita utile di un’auto elettrica è ben più breve di una con motore a combiustione interna, e quando le batterie sono da sostituire il valore residuo del mezzo è risibile. Tutte cose che diventeranno ancora più evidenti nei prossimi anni.
Ciò nonostante si procede con questo fanatismo ambientalista, salvo poi riscontrare che le cose non procedono come vorrebbero i Timmermans di questo (sciagurato) mondo. Per esempio, rileva EY che il 43% del campione sondato in Italia si dice intenzionato a comprare un’auto elettrica, salvo poi il fatto che meno del 4% delle nuove auto vendute sono elettriche. Il che significa come minimo che c’è un problema di budget per i compratori.
Infatti, solo “
il 13% è disposto a pagare di più per l’elettrico e pesano ancora sia la spinta inflattiva, che limita il potere di acquisto, sia il costo dell’energia, che riduce il vantaggio economico.” E chi l’avrebbe mai detto?
Forse, ma è una mia ipotesi, c’è anche il fatto che qualcuno dichiara di voler comprare una macchine elettrica perché questa è la risposta politicamente corretta, ma non lo farà fino a quando sarà possibile evitarlo. Poi ci sono i rappresentanti della categoria, come Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, associazione per la promozione della mobilità elettrica, che continuano a battere cassa per incentivi vari:
“Proponiamo di inserire un trattamento di deducibilità importante per le auto a zero emissioni nelle flotte aziendali, cosa che altri Paesi stanno facendo. Questo trascinerebbe il mercato. Sono auto che fanno tanti chilometri e hanno un ricambio piuttosto veloce, il che porterebbe nel giro di tre, quattro anni veicoli elettrici usati di buona qualità sul mercato dell’usato.”
Probabilmente dopo 3-4 anni è ancora perfetta la carrozzeria, ma se i chilometri fatti sono tanti, non sarei altrettanto sicuro che lo siano l’elemento essenziale di quelle macchine, ossia le batterie. Ancora sugli incentivi:
“Quelli all’elettrico servono ad arrivare a quote di mercato tali da permettere al prodotto di diventare via via di massa e ad abbattere il prezzo.”
Capisco che ognuno cerchi di tirare l’acqua al proprio mulino, ma l’abbattimento di prezzo via incentivi massicci mi sembra ben poco credibile. E, come ho più volte sottolineato, perfino insostenibile. Perché, non va dimenticato, l’altra faccia della mediaglia degli incentivi sono le tasse che qualcuno deve pagare per finanziarli.
Sarebbe illusorio pensare di poter vivere tutti quanti alle spalle di tutti gli altri, come notò Bastiat.