di TONTOLO
Ramin Bahrani è un affermato pianista, nato in Iran ma fuggito da bambino in Italia per evitare la persecuzione degli ayatollah contro la sua famiglia: suo padre Paviz era stato incarcerato ed ammazzato nel 1991 perché “occidentalizzato”. Ha studiato al Conservatorio di Milano e un poco alla volta si è affermato come musicista di qualità, specializzandosi nelle esecuzioni di Bach.
Fino a qui tutto bene: un esempio di straordinaria riuscita di un giovane sfuggito all’ordinaria follia dell’integralismo islamico, abituato a ben altre melodie e suonate.
Quello che non capisco è perché ad un certo punto questo signore si è messo ad esaltare Bach come una specie di musicista islamico, carico di influssi siciliani e arabi. Fino ad affermare ispirato che la musica di Bach è una specie di canto orientale, simile alla preghiera dei muezzin. Addirittura ha detto che la sua maestra, Rosalyn Tureck, che era di Stoccarda e non di Istambul, era “una specie
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