Riferendosi agli azionisti delle due banche venete finite in liquidazione coatta amministrativa dopo anni di crisi durante i quali il governo annunciava soluzioni dietro l’angolo che non sono mai arrivate, il ministro dell’Economia ha detto: “Anche loro possono essere considerati vittime di comportamenti illeciti, ma chi compra azioni di una società assume un rischio elevato, che contempla la possibilità di perdere interamente l’investimento”.
Ha poi aggiunto che ristorare anche gli azionisti significherebbe “far pagare ai contribuenti che non sono in grado di effettuare alcun risparmio o investimento le scelte di altri contribuenti che hanno disposto di rendite e patrimoni più consistenti”.
Tutto vero, anche se le parole usate da Padoan sono implicitamente viziate, a mio parere, dalla classica tendenza a considerare “spennabile” il cosiddetto contribuente, purché “ricco”. Supponiamo, infatti, che tutti coloro che non hanno investito in azioni di quelle due banche fossero persone con redditi e/o patrimoni non inferiori a 4-5 volte la media. Immagino che, in questo caso, Padoan non avrebbe remore nel prelevare denaro da costoro per ristorare le perdite subite dagli azionisti.
Credo, quindi, che sarebbe stato corretto affermare che non è giusto far ricadere su altri soggetti che non hanno colpe gli oneri per le perdite subite dagli azionisti delle due banche.
Sarebbe anche il caso di sottolineare che, contrariamente a quanto più volte sostenuto da esponenti di governo e maggioranza, i ristori (parziali) destinati ai possessori di obbligazioni subordinate azzerate non sono stati effettuati con denaro di tutti i contribuenti, bensì con denaro delle banche sane (o meno malate). Quindi, indirettamente, a pagare il conto sono stati azionisti e clienti di queste ultime, che sono un sottoinsieme dei contribuenti.
Ne consegue che chi invoca più ristori, lo fa a danno di azionisti e clienti di altre banche.