di GIANNI SARTORI
Chiamatela resa, chiamatela scelta consapevole, chiamatela come vi pare... ma dalla definitiva rinuncia alle armi di ETA non sembra sortire granché. O almeno per gli etarras prigionieri. Basta fare un confronto con quanto era avvenuto nel secolo scorso prima in Sudafrica e poi in Irlanda, dove almeno le porte delle celle si erano aperte e gli ex combattenti avevano potuto rientrare a casa loro.
Ma non in Spagna. Sarà la cultura cattolica dell'espiazione, sarà che lo Stato spagnolo è geneticamente fascista e vendicativo...non so. Resta il fatto che l'idea di lasciarli crepare dietro le sbarre (a guerra finita, ricordo) a Madrid pare non dispiacere.
In prigione il tempo passa lentamente, ma passa. E si invecchia. Per questo le condizioni di salute dei prigionieri sono andate via via peggiorando. Al punto che molti di loro sono in pericolo di vita. Una percentuale, quella di chi è afflitto da malanni fisici o psichici, notevolmente aumentata negli ultimi