«Dopo La calata dei Goti, dei Visigoti, dei Vandali, degli Unni e dei Cimbri, la più rovinosa per l’Italia fu la calata dei Timbri,» scrisse Ennio Flaiano. E spiegò che «erano costoro barbari di ceppo incerto, alcuni dicono autoctoni, dall’aspetto dimesso e famelico, che ispiravano più pietà che terrore.» Usciva pazzo, a parlare dei burocrati. Aveva commesso l’errore, racconta Diego De Carolis in “Flaiano e la pubblica amministrazione”, di chiedere all’ufficio preposto (c’è sempre un “ufficio preposto”) se all’anagrafe si chiamasse “Ennio” o “Enio” con una sola “n”. Non l’avesse mai fatto! Uscito stremato dal conflitto coi travet, si vendicò con la penna.
C’è chi s’illude di partecipare alle elezioni regionali del 2015, e di entrare nelle istituzioni italiane per cambiarle, o (cosa discutibile) per dichiarare l’indipendenza. Il referendum, ancorché consultivo scordiamocelo. Costoro dimenticano o ignorano che la prima Liga Veneta non ottenne alcunché dall’entrare in Parlamento nel lontano 1983 o alla Regione Veneto nel 1985. Stessa cosa per la Lega Nord, malgrado questa abbia avuto dal 1990 innumerevoli parlamentari e Ministri. Niente sta ottenendo il M5S malgrado una opposizione ferma quanto attenta. Un esempio? A fare l’elenco dei ministri schierati a riformare la burocrazia tra gli anni cinquanta e settanta non finiremmo più: Ennio Zelioli Lanzini, Mario Zotta, Camillo Giardina, Giorgio Bo, Armando Angelini, Renato Tozzi Condivi, di nuovo Roberto Lucifredi, Luigi Preti, Tiziano Tessitori, Eugenio Gatto, Remo Gaspari… Tentativi di riforma? Zero. Risultati? Zero.
Tutto nei partiti politici del Novecento, che ancora oggi sopravvive nonostante il loro calo di credibilità, e i loro colossali fallimenti, è legato alla conflittualità: da quella “esterna” a quella “interna”. Nella forma di lotta fra bande per conquistare il bottino dello Stato: i poteri arbitrari di legiferare, espropriare e di tassare senza consenso (mezzi politici di acquisizione della ricchezza); c’è una gara che favorisce i soggetti peggiori, i talenti politici aggressivi e più pericolosi.
Ci sono partiti sedicenti indipendentisti che mostrano un chiaro deficit storico- culturale. Proclamano di volere l’indipendenza per avere maggiore libertà e benessere, ma non sono affatto innovatiti: non vanno oltre il sistema dei partiti. Eppure la presa del potere in Italia, nel 1922, da parte del fascismo fu la conseguenza della conflittualità ed inefficienza dei partiti politici. Stessa cosa nel 1933 in Germania con l’ascesa al potere di Adolf Hitler. È ancora l’inconcludente conflittualità dei partiti che porta la Francia alla quinta repubblica nel 1958, ed alla materializzazione di quel fenomeno che è passato alla storia come gaullisme, ovvero non una forma evoluta di democrazia, considerato che ancora oggi il Presidente della Repubblica Francese ha molti più poteri delle rispettive controparti nelle altre democrazia parlamentari europee.
Per i partiti ed i loro leader ogni bugia, simulazione o messinscena sono validi ed accettati. Si pensi a quel partito indipendentista veneto (una caserma in cui prevale l’adulazione nei confronti di chi comanda ed è, con una superstizione, ritenuto onnisciente) che circa un anno fa si trasforma in movimento. Dov’è la differenza? Non c’è! Si è cambiato l’abito, non la sostanza. Hanno dichiarato coram populo: «Noi non intendiamo candidarci a nessuna elezione. Noi facciamo lobby dall’esterno. È facendo azione di lobby dall’esterno che abbiamo ottenuto la legge regionale 16/2014 che prevede un referendum consultivo per l’indipendenza del Veneto.» Poi, come la più classica macchina centralizzata al servizio del leader, e della quale il leader non avrebbe potuto fare a meno per raggiungere i suoi scopi, fanno un congresso e ad acclamazione decidono non solo di candidarsi alle regionali del 17 maggio, ma sempre per acclamazione sarà il loro Presidente onorario il candidato alla presidenza della Regione. E cosa farà? Oh bella! Il referendum che voleva fare lo Stato italiano glielo nega. Dichiarerà l’indipendenza dall’Italia? E per farlo ha sentito la necessità di candidarsi nell’istituzione italiana?
Ohibò! Ma costui non ha più volte scritto e dichiarato che: [VEDI QUI] «L’autodeterminazione è un diritto pre-costituzionale, ovvero diritto naturale riconosciuto pacificamente quale fonte primaria a cui sono subordinate le norme del diritto costituzionale.» Stante ciò, perché non redige una bozza di nuovo assetto istituzionale, e con chi l’accetta dichiara l’indipendenza? Non lo sappiamo!
Di che ci sorprendiamo? In fondo nella storia dell’uomo si è giustificato di tutto: prima la pena di morte, poi no. La supremazia della razza, indi l’egualitarismo. Il nazionalismo ed il multiculturalismo , e ci fermiamo qui, perché l’elenco risulterebbe assai lungo. Ai politicanti non mancano certo il buon eloquio. Semmai ciò che manca è fornire una buona informazione che consenta al cittadino onesto di discernere. Preferiscono la propaganda. Insomma, non manchiamo di politicanti, manchiamo di cittadini consapevoli.
Uno studio svizzero, unico nel suo genere, evidenzia come l’economia globale è sostanzialmente controllata da 147 multinazionali. Per contenere le derive della concentrazione del potere ci vogliono nuove istituzioni. «Una grande multinazionale può avere più potere del Presidente di uno Stato di piccole o medie dimensioni», osserva Mauro Baranzini, in passato decano della facoltà di economia all’Università della Svizzera italiana. Per questi organismi è facile “acquisire” partiti e governi per ottenere leggi a loro favorevoli. Più difficile per questi “poteri” sovranazionali, convincere la maggioranza dell’elettorato che interviene per mezzo degli strumenti della democrazia diretta. Svizzera Docet.
Gianluca Marchi ha recentemente scritto: «…mettiamo a disposizione il MiglioVerde.eu come luogo di dibattito e di confronto fra tutti coloro che, insieme a noi, si pongono le due domande di fondo riportate in precedenza (che vogliamo fare? Vogliamo battere un colpo oppure scegliamo di far calare il sipario per alcuni decenni sulle nostre aspirazioni?) e vogliono dire la loro su cosa fare nell’immediato futuro e magari avanzare qualche proposta. Ribadisco: luogo di dibattito e di confronto e non altro, giusto per non ingenerare equivoci.»
Gli indipendentisti che non si sentono rappresentati da partiti politici come quelli sin qui descritti in questo ed altri articoli da noi pubblicati, hanno una soluzione praticabile: strutturarsi in «organizzazioni single issue» [per singola questione]. A Bolzano una di esse è la prova che funzionano, e l’abbiamo documentato qui.
Una nostra proposta allora può essere:
- I vari indipendentisti che non si riconoscono nel sistema dei partiti si riuniscano in gruppi comunali.
- Dichiarino di costituire il “Libero ed indipendente Comune di…”. Gli esuli Istrio-Dalmati lo fecero a suo tempo.
- Prendano in esame lo Statuto del loro Comune.
- Ricerchino un altro Statuto comunale in Europa. Quelli svizzeri hanno il pregio d’essere scritti anche in italiano.
- Confrontino i due Statuti, e ne abbozzino uno proprio da contrapporre a quello ufficiale, per mezzo del quale entrare nel dibattito politico al fine di avanzare le loro proposte in contrapposizione alle disposizioni non gradite dell’attuale potere politico-partitico.
- Coinvolgano quanta più popolazione è possibile. È la cosa che i partiti politici non fanno!
- Il “Libero ed indipendente Comune di…” assieme ad altri possono formare tra di loro reti o confederazioni che accettino la secessione quale principio fondante. Suggeriscano modalità pratiche e mezzi non-violenti attraverso i quali la secessione possa essere raggiunta, e la tipologia di reti e di confederazioni che potrebbero essere create per rimpiazzare gli attuali Stati-nazione oppressori.
- Si lavori all’interno del Sistema. Promuovendo alternative decentralizzate attraverso l’educazione, il lobbysmo, i referendum, le petizioni per emendare gli Statuti in essere, influenzando i partiti e i loro candidati. Si mantengano rapporti cordiali con chi detiene il potere, e i loro sostenitori, perché ciò divide le élite locali, conquista e converte all’azione secessionista.
- Ci si prepari per scenari alternativi possibili: “graduale riformismo“, ovvero cambiamento relativamente lento, scandito da crisi. Continui scenari di “crisi” ed escalation economico-politica. Le dinamiche autodistruttive dei grandi Stati nazionali, sono favorite dalla diffusione della tecnologia che li rende sempre più irrilevanti. Queste sono opportunità che gli amanti della libertà devono cogliere. Se qualcuno negasse o rinunciasse al diritto alla secessione, allora egli sarebbe poco più che uno schiavo: e nessun accordo per diventare uno schiavo può essere considerato giuridicamente e moralmente vincolante.
Sicuramente non si costruirà il Paradiso in terra. Non esiste! Tuttavia si potranno evitare degenerazioni come la demagogia moralmente disinibita, la ciarlataneria, la menzogna, il sotterfugio, l’opportunismo, la corruzione, gli imprenditori politici, i lobbisti senza scrupoli, evitando così che uomini pericolosi riescano ad arrivare al governo. Tutto questo porta alla ricerca della verità, fatta di indagine libera e indipendente, di libertà di discussione. E chi più ne ha più ne metta.
e come si va a dichiarare un “libero comune” al di fuori del comune istituzione delo stato italiano? come fai a dimostrare di avere l’appoggio della popolazione senza una votazione referendum nelle uniche istituzioni (purtroppo) presenti?
mi sembra un articolo un po’ contraddittorio…non capisco se il probelam sia reale o se vi stia antipatica Indipendenza Veneta…
Questo articolo mi sembra un buon inizio.