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Bce, la politica monetaria: vantaggi e svantaggi per la germania

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di MATTEO CORSINI

Da tempo in Germania è elevato il dissenso nei confronti della politica monetaria della Bce, la quale, avendo non solo portato a zero bensì in territorio negativo i tassi in interesse, ha fortemente penalizzato quei risparmiatori (e pare non siano pochi) abituati a investire in strumenti a reddito fisso.

La cosa non deve stupire: ogni politica monetaria espansiva è redistributiva, a danno dei risparmiatori e a favore dei debitori. Ovviamente i difensori a oltranza della Bce e, soprattutto a sud delle Alpi, del suo presidente pro tempore, avanzano argomentazioni utili a smentire questa diffusa convinzione teutonica. Citando addirittura la Bundesbank, che ha calcolato in 240 miliardi di euro la diminuzione della spesa per interessi sul debito pubblico tedesco riconducibile alle politiche non convenzionali adottate dalla Bce negli ultimi anni, soprattutto sotto la presidenza di Mario Draghi. Il quale, dal canto suo, ripete spesso: “Tutti i Paesi hanno beneficiato molto della nostra politica monetaria”.

Il che è vero se si guardano le cose dalla prospettiva del debitore pubblico. E’ tuttavia fuorviante dedurre che il danno che eventualmente hanno subito in quanto risparmiatori sia stato compensato nella loro veste di contribuenti e lavoratori, come fa Alessandro Merli sul Sole 24Ore: “Le imprese si sono a loro volta avvantaggiate dei tassi bassi e hanno assunto manodopera, tanto che la disoccupazione è ai minimi dal dopoguerra, e dell’euro debole, che ha favorito le loro esportazioni. I risparmiatori tedeschi sono stati insomma «indennizzati» dell’esproprio in quanto contribuenti e lavoratori. Ma anche i loro risparmi non se la passano male: l’indice Dax della Borsa di Francoforte ha guadagnato più del 30% da quando i tassi sono negativi e anche i tassi reali sui risparmi sono stati assai più bassi di adesso durante molti periodi dell’era Bundesbank: parola della Bundesbank stessa. I prezzi delle case sono finalmente saliti. Ma i tedeschi non comprano case, né azioni e i soldi preferiscono tenerli depositati in un conto bancario o in polizze assicurative a rendimento (fino a ieri) garantito. E se non rendono niente, si può sempre dare la colpa a Draghi.”

Indubbiamente una parte di cittadini tedeschi avrà tratto vantaggio dalla politica monetaria degli ultimi anni, ma non è affatto detto che il dare e l’avere coincidano a livello individuale. Anche perché, se coincidessero, si dovrebbe quanto meno concludere che quello della Bce è stato uno sforzo inutile.

Ahimè le cose non stanno così. Merli sembra attribuire la colpa ai risparmiatori, rei di voler continuare a destinare il loro denaro a forme di impiego che sono state oggettivamente penalizzate dalla politica monetaria degli ultimi anni. Così facendo, oltre a confondere gli effetti sullo stock di ricchezza con quelli sui flussi di risparmio (il primo, gonfiandosi di valore, beneficia il proprietario, mentre i nuovi risparmi comprano asset via via più cari per via della politica espansiva), è come se incolpasse il proprietario di una casa di non essersi assicurato contro l’incendio, quando l’incendio non è dovuto a cause fortuite, ma all’opera di un piromane.

Per di più, se si riconosce che una parte della rivalutazione dei prezzi di asset finanziari e reali è dovuta alla politica monetaria espansiva, si dovrebbe tenere il considerazione che una riduzione dello stimolo potrebbe avere (generalmente ha) l’effetto opposto. In definitiva, non tutti i tedeschi sono danneggiati dalla politica monetaria della Bce; ma una parte di essi, inevitabilmente, lo è. E non mi sembra il caso di prendersela con costoro se non sono contenti.

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