di MATTEO CORSINI
La notizia che Ben Bernanke sia stato insignito del premio Nobel per l’economia 2022, assieme a Douglas Diamond e Philip Dybvig, non stupisce, alla luce della lettura mainstream degli eventi degli ultimi tre lustri. Il premio è stato attribuito per i lavori che i tre autori hanno compiuto in merito alle crisi bancarie e all’individuazione dei salvataggi pubblici come strumento per contrastare esiti peggiori quando la fiducia dei depositanti viene meno.
Bernanke è indubbiamente il più noto dei tre, essendo stato presidente della Federal Reserve dal 2006 al 2014, periodo nel quale ha gestito il salvataggio delle grandi banche americane dopo il default di Lehman Brothers e introdotto il quantitative easing.
Le sue azioni sono state coerenti con le conclusioni tratte nell’ambito dei suoi lavori accademici sulla Grande Depressione. Che, se mi si concede la semplificazione, forniscono una lettura di quei fatti diametralmente opposta a quella, per esempio, di Murray Rothbard in “America’s Great Depression”. Le banche in regime di riserva frazionaria sono intrinsecamente fragili e la loro solvibilità dipende dalla fiducia (spesso mista a ignoranza) dei depositanti. La quale, se viene meno, può generare la corsa agli sportelli e il default, con tanto di effetto domino sulle concorrenti.
Lungi dall’aver messo in discussione il regime di riserva frazionaria, Bernanke esalta il ruolo della banca centrale come prestatore di ultima istanza e il salvataggio delle banche in difficoltà. Ciò per evitare conseguenze peggiori a livello sistemico. Va da sé che contenere l’azzardo morale in un contesto del genere è praticamente impossibile. Quindi ogni “soluzione” di una crisi pone le basi per quella successiva, che peraltro tenderà ad avere dimensioni maggiori.
Altro elemento tipico è l’incremento della regolamentazione, che incrementa l’interventismo, ma non risolve il problema. Semplicemente lo sposta in un altro settore della finanza.
Dalla crisi nata da una politica monetaria espansiva di cui lo stesso Bernanke è stato protagonista e le cui conseguenze ha “risolto” con salvataggi e QE si è passati a una situazione attuale ancora più fragile. Quanto basta, evidentemente, per vincere il Nobel per l’economia!
oggi si compra tutto! ho visto ,postato su internet, che e’ possibile versare una bella sommetta e comprarsi la …”santita’”…figurarsi se una persona come il Bernacchio non si possa comprare un Nobel !!!