di PIERGIORGIO MOLINARI
“Best in Hell” è un film russo realizzato l’anno scorso e finanziato da PCM Wagner, il famigerato gruppo mercenario che sta combattendo in Ucraina per conto di Putin. Date le premesse, ti aspetteresti un film grondante di quella stessa ottusa propaganda che viene ammannita quotidianamente dai media occidentali, con i “buoni assoluti” contrapposti ai “cattivi assoluti”, senza spazio per sfumature o riflessioni di alcun genere. “Aggrediti e aggressori”, insomma, semplicemente in forma speculare.
Invece ti ritrovi a guardare tutt’altra cosa: girata con un asciutto stile documentaristico, la pellicola racconta la missione d’assalto di un gruppo di soldati la cui missione è sloggiare entro due ore il nemico trincerato in una serie di edifici.
Le parole “ucraino” e “russo” non vengono mai menzionate, né compaiono distintivi nazionali di alcun tipo – lo scontro è astrattamente tra “gialli” e “bianchi”. E distinguere tra i due è comunque difficile, perché indossano divise e parlano lingue molto simili; anche le loro facce sono uguali, così come uguali sono il disperato coraggio, la sofferenza e i sentimenti.
Estremamente simbolica la scena nella quale uno dei soldati “gialli”, asserragliatosi dentro una stanza, nota un’icona sacra caduta per terra: la raccoglie rispettosamente, la rimette al suo posto, e si fa il segno della croce. Un attimo dopo un’esplosione lo uccide ed entra un soldato “bianco”. L’icona è di nuovo a terra: il soldato “bianco” la nota, la rimette a posto e si fa il segno della croce, ripetendo esattamente e inconsapevolmente i medesimi gesti del “nemico” ora cadavere ai suoi piedi. Neppure in questa scena vi è tuttavia compiacimento retorico: l’azione scorre frenetica, nella continua violenza e nel fluire implacabile di quella che per tutti è una guerra senza senso.
Non credo di rovinare il finale anticipando che quasi tutti moriranno nel tentativo di raggiungere un obiettivo che si rivela comunque inutile. Oltre alle brutali scene di combattimento girate con un realismo assai lontano da ciò a cui ci ha abituato Hollywood (qui i soldati muoiono come può cadere una foglia secca: casualmente, nell’indifferenza, senza che vi sia il tempo di maledire la sorte), “Best in Hell” aiuta anche a capire come funziona una guerra moderna: il sanguinoso gioco delle artiglierie che, a distanza, annientano le truppe e vengono a loro volta annientate da altre artiglierie nel tiro di controbatteria, l’uso dei droni, le comunicazioni, l’aviazione, ecc. Ma nella sostanza, ciò che davvero impressiona al di là dei meriti (o demeriti) cinematografici, è il modo schietto e dolente in cui quello che dovrebbe essere un prodotto di propaganda racconta il conflitto.
Certo, può darsi sia proprio questa l’abile operazione psicologica, e forse i russi di Putin sono soltanto più scaltri nel dissimulare – i “migliori all’inferno” del titolo. Ciò non toglie che una volta arrivati ai titoli di coda, ci si senta in bocca un inaspettato retrogusto: la spiacevolissima sensazione che lo schieramento maggiormente impegnato ad alimentare l’odio ideologico, a censurare le opinioni discordanti e a raccontare (male) le menzogne sia dopotutto quello occidentale.
QUI IL DOCU-FILM
NOTA BENE: STAMANE, IL VIDEO ERA DISPONIBILE. SIAMO DI FRONTE ALL’ENNESIMA CENSURA DA PARTE DI YOUTUBE.
Video rimosso? E quali termini avrebbe violato se come descritto neanche prende posizione? Evidentemente sanno che mostrarsi super partes può danneggiare la causa filoucraina. Involontari rei confessi, dunque.
Youtube è UNA VERGOGNA!