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Cara ue, l’autentico libero commercio non richiede alcun trattato

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unione_europeadi MATTEO CORSINI

“Tra il 1973, anno d’ingresso della Gran Bretagna nella Cee a oggi, i tassi di crescita della ricchezza e di progresso economico in Europa sono stati rilevantissimi perché il guardare avanti, in forma collettiva, con grande fiducia e ottimismo ha alimentato i grandi cambiamenti positivi, ora invece prevarranno le incertezze e le instabilità; propellenti potenti che freneranno fortemente la diffusione del benessere”. Leggendo alcuni articoli dedicati al post Brexit ci si imbatte in ricostruzioni storiche piuttosto fantasiose. Generalmente gli apocalittici, come Giuseppe Maria Pignataro, di cui le parole poco sopra, sostengono che tutto quello di buono c’è stato in Europa negli ultimi decenni lo si deve alla CEE prima e alla Ue poi. Il tutto perché si sarebbe guardato avanti “in forma collettiva”, mentre “ora invece prevarranno le incertezze e le instabilità”.

L’incertezza fa parte della vita ed è una pia illusione pensare di poterla rimuovere. Ciò detto, non dubito del fatto che quando si verifica un evento che modifica in modo potenzialmente radicale lo status quo aumenti l’incertezza. Ma il mondo va avanti, e probabilmente andrebbe avanti ancor meglio se le fonti di incertezza non fossero per lo più attribuibili alle frapposizioni politiche nella libera interazione di cittadini e imprese di ogni dove.

Come sostenne Murray Rothbard, infatti, “l’autentico libero commercio non richiede un trattato”.

Evidentemente Pignataro la pensa diversamente. “Ma se questo è lo scenario che si presenta davanti a noi non sarebbe meglio prima di soccombere alla stupidità provare a fare sulla scacchiera europea una mossa spiazzante verso i dietrologisti? Sospendere i negoziati per l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, convocare un summit tra i primi cinque o sei Paesi europei (Gran Bretagna inclusa) e decidere di rilanciare il progetto europeo su nuove basi da sottoporre entro due anni all’approvazione di tutti i popoli europei, britannici inclusi?

A parte il fatto di bollare come “stupido” chi la pensa diversamente è un modo piuttosto debole per difendere la propria posizione, non si vede per quale motivo invocare un accordo a 5-6 Paesi quando si è voluto che la Ue arrivasse a contarne 28. In buona sostanza, solo 5 o 6 governi dovrebbero trovare un accordo, e suppongo che poi se un lettone, un portoghese o un polacco votassero contro sarebbero anch’essi degli stupidi, secondo le metriche di Pignataro. Il quale aggiunge: “È meglio avere un giocattolo essenziale ma logoro che perde paurosamente i suoi pezzi migliori o provare a farne uno nuovo, più moderno, forte e ben funzionante?

Tutto si spiega. La Ue è un giocattolo. Peccato che mentre gli illuminati giocano, 500 milioni di persone ne subiscano le conseguenze. E chi manifesta dissenso si sente pure dare dello stupido.

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1 COMMENT

  1. Dazi, tasse, limitazioni, ingerenze sono la fonte di parte degli introiti degli stati.
    Lo sanno tutti e lo capiscono tutti che la merce si può e di dovrebbe scambiare semplicemente tramite contratti privati.
    Ma lo stato ha fame.

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