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Cari veneti, continuiamo a votare turandoci il naso

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VOTAREdi ENZO TRENTIN

Forse i lettori ricorderanno quando Indro Montanelli scrisse: «Turatevi il naso e votate Dc». Accadde alla vigilia delle elezioni politiche del 1976. Erano quelle del sorpasso, temuto o sperato, che il Pci avrebbe compiuto sulla Balena democristiana. Turarsi il naso e votare divenne un obbligo per chi non voleva la vittoria delle Botteghe Oscure. E il sorpasso non ci fu. Per decenni abbiamo votato “turandoci il naso”, ovvero scegliendo il candidato “meno peggio”. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un disastro!

Ai giorni nostri, ovvero già in campagna elettorale per le regionali, in Veneto capita di leggere documenti dove tra l’altro è scritto: «Certamente il rischio di una vittoria del PD alle Regionali 2015 esiste e sarebbe a mio avviso assurdo consegnare una vittoria al partito più unitarista d’Italia (stando a un recente sondaggio del Gazzettino, solo il 18% dei suoi elettori sarebbero a favore dell’indipendenza in paragone al 45% degli elettori di FI e a quasi l’80% di quelli della Lega). […] Cerchiamo di non fare i soliti “tafazzi” e consegnare al PD il Veneto su un piatto d’argento magari per una manciata di voti, solo perché tizio, caio e sempronio ce l’hanno con l’altro tizio, caio e sempronio e così via. […] Non lasciamo il Veneto in mano al PD. Non bruciamo tutto per qualche mela marcia. Non bruciamo tutto per sciocche divisioni. Dimostriamo a tutti che siamo affidabili, che abbiamo capacità, competenza e soprattutto un’etica di ferro e che, proprio per questo, rappresentiamo i Veneti al meglio.»

Prima di entrare nel merito di queste argomentazioni proviamo a contestualizzare, nel tempo, l’esortazione di Indro Montanelli. Siamo nel pieno del confronto tra due imperialismi: quello USA e quello dell’URSS. L’Italia è inserita nella NATO/OTAN (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord). In Parlamento è presente il più grande partito comunista dell’Occidente. I comunisti italiani sono sovvenzionati dal KGB sovietico che da’ anche consulenze per organizzare un “servizio speciale d’informazioni”. [VEDI QUI] Armando Cossutta (Senatore del Pci) firma le ricevute dei soldi che il Pci riceve da Mosca per questo ed altri “servizi”. Quello con Cossutta viene definito nella documentazione Mitrokhin un “contatto confidenziale del Kgb”. La data dell’informazione è sino al 1984. Nel rapporto numero 132 si legge: “Durante la notte del 12 dicembre 1975 Armando Cossutta ebbe un incontro segreto con Nikita Ryzhov ambasciatore sovietico in Italia”.

Nelle vicende che passeranno alla storia come “la guerra fredda”, l’Italia è in prima linea in quanto ha confini contigui con paesi a regime comunista. La maggior parte delle forze armate italiane è schierata a Nord-Est. Per esempio: tre delle cinque Brigate Alpine sono schierate qui: la Tridentina in Alto-Adige, la Cadore in Veneto, La Julia in Friuli. A cavallo tra la fine dell’estate e l’inizio d’autunno d’ogni anno, si tengono in Friuli le grandi manovre Display Determination [VEDI QUI]. Il tema ricorrente di tali esercitazioni, per non dire l’unico, è come prevedere, contenere e ricacciare una eventuale invasione di migliaia di carri armati del Patto di Varsavia provenienti dalla cosiddetta “soglia di Gorizia”. Si saprà decenni dopo che se la NATO presiedeva all’organizzazione paramilitare segreta staybehind [VEDI QUI] [dalla lingua inglese, traducibile in italiano letteralmente come “rimanere indietro”]. Il Pci aveva organizzato una Gladio rossa, altrettanto armata ed agguerrita.

In tale contesto un’ideologia occidentale contrastava con ogni mezzo un’ideologia orientale. Oggi non ci troviamo di fronte ad una ideologia che va combattuta, appunto, sul piano ideologico. Ci troviamo di fronte al mal governo dei partiti che non si può combattere fiancheggiando altri partiti ancor che sedicenti indipendentisti, ma sul piano dell’offerta di un progetto istituzionale che superi le devianze, la corruzione e l’invasività di tutti i partiti della scena istituzionale italiana.

Ora, poiché parliamo di elezioni regionali analizziamo cosa, a grandi linee, esse rappresentino. Per esempio: il 70/80% del bilancio regionale è impiegato nella sanità. Rimane un 20/30% da “briciolarsi” in una galassia d’interventi, perlopiù clientelari alla stregua in cui lo è la sanità.

indro-montanelliSe nel 2015 vincesse il PD ed i suoi alleati alla Regione Veneto cosa cambierebbe? Sicuramente tutta la pletora di burocrati targati PD & Co. attraverso lo spoils system  [traduzione letterale dall’inglese: sistema del bottino] si isedierebbe in ogni dove della pubblica amministrazione, sostituiendo gli omologhi di LN e centrodestra. La sanità scadrebbe di qualità? È dubitabile. Queste cose non cambiano dalla sera alla mattina. Sparirebbero i ticket sanitari? Improbabile considerato il deficit della spesa pubblica. Avremmo più immigrati clandestini? Anche questo è discutibile. In ogni caso gli “Zio Tom” della LN quanto efficacemente hanno potuto opporsi alle decisioni statali in merito all’accoglienza degli immigrati clandestini? Per nulla! Certo hanno fatto qualche strepito (elettoralistico?), ma niente più.

Di contro, se la Lega Nord ed i suoi alleati risultassero confermati dalle urne non avremmo, per il 2015, nessun referendum per l’indipendenza (Legge Reg. 16/2014), perché non si possono indire referendum negli anni in cui ci sono altre votazioni. Per il 2016 c’è da temere che ci saranno altre votazioni per quelle amministrazioni locali che sono in scadenza o verranno nel frattempo commissariate. E questo senza contare l’impugnativa statale della legge appena citata, come la possibilità di elezioni politiche per un eventuale cambio di governo. Si badi bene che tali incertezze vanno riproposte per tutti gli anni a venire. Intanto di una certezza si può prendere atto: il 12 dicembre 2014 la commissione Affari costituzionali della Camera ha praticamente disattivato la Legge Reg. 15/2014 che perorava lo Staturo speciale per il Veneto. Insomma, gli “Zio Tom” della LN, quelli che non fanno i ribelli, non capeggiano rivolte e che trovano nelle pieghe del bilancio regionale i circa 4 milioni di Euro per il referendum sull’autonomia (Legge Reg. 15/2014), ma pretendono 14 milioni di Euro direttamente dalle tasche dei cittadini veneti per il referendum per l’indipendenza, non rappresentano affatto una chance per l’autodeterminazione del Veneto. Del resto non abbiamo nemmeno notizie aggiornate e rassicuranti sulla raccolta dei predetti 14 milioni di Euro che secondo alcuni movimenti e/o partiti sedicenti indipendentisti avrebbero dovuto essere facilmente raccolti.

Leo longanesi sosteneva: «non si ha idea delle idee della gente senza idee». È pur vero che «il socialismo puzza di formaggio», come disse un giorno quel signore alludendo agli scandali delle cooperative rosse. Tuttavia, se può essere vero che un’idea che non trova posto a sedere è capace di fare la rivoluzione. L’idea di continuare a votare il meno peggio dei partiti italiani o di quelli sedicenti indipendentisti non può portare a nulla, in quanto se fai sempre le stesse cose, otterrai sempre gli stessi risultati.

La storia ci dovrebbe ammonire sul fatto che i partiti politici non sono la soluzione, ma sono il problema. Questo non significa avere istituzioni prive di rappresentanti politico-amministrativi, al contrario. Ma in una democrazia effettiva, tutti i rappresentanti devono essere subordinati all’esercizio semplice e tempestivo della sovranità popolare, per mezzo dei suoi strumenti che non sono esclusivamente in voto per eleggere i delegati, bensì il referendum, l’iniziativa e la revoca, tra gli altri.

Chi sinceramente si vuole spendere per l’indipendenza – in questo caso quella del Veneto e/o del suo popolo – dovrebbe anzitutto impegnarsi a prefigurare un nuovo assetto istituzionale. Dovrebbe fare tesoro delle lezioni che ci offre la storia. Si consideri che il ritiro da un dipartimento metropolitano della Francia sembrava impensabile, soprattutto dopo la sconfitta in Indocina, ma Charles de Gaulle – a partire dal 1958 – amputò quello che considerava un arto malato per evitare ulteriori contagi. I nazionalisti algerini lottarono fieramente contro i francesi, e poi tra di loro senza portare l’Algeria alla stabilità o allo sviluppo economico. Lì come altrove, le aspirazioni della decolonizzazione raramente si realizzarono.

Il Front de libération nationale (FLN);  è diventato un partito politico. Nacque il 1º novembre 1954 dalla fusione di altri gruppi più piccoli per conseguire l’indipendenza dell’Algeria dalla Francia. La Repubblica Democratica Araba di Algeria, è retta dal 1999 dal presidente Abdelaziz Bouteflika. Uno studio del 2010 della Freedom House di Washington ha sancito che l’Algeria non è un paese libero, che non vi è libertà di stampa e che non è una democrazia elettorale. Nelle ultime elezioni presidenziali svoltesi il 17 aprile 2014 Abdelaziz Bouteflika è stato eletto Presidente per la quarta volta. Nelle ultime elezioni parlamentari svoltesi il 10 maggio 2012 il Fronte di Liberazione Nazionale è risultato il partito maggiormente votato (17.35%)

Se, quindi, la storia può darci delle lezioni; guardiamo a Filippo Mazzei che il 6 maggio 1776 nelle “Istruzioni dei possidenti della Contea di Albemarle ai loro delegati alla Convenzione degli stati uniti d’America”, tra l’altro scriveva: «Sicché se non stiamo in guardia contro le conseguenze di tali pregiudizj mediante salutari leggi costituzionali, vedremo perpetuare alcune cospicue famiglie, e i loro congiunti clienti, e ridurre il governo sostanzialmente a un’aristocrazia e magari oligarchia insolentemente esercitata all’ombra della libertà. Per evitare quindi un tal gran male, per rendere ognuno conscio della propria importanza come membro della comunità uguale a chiunque altro nei suoi diritti naturali, per renderci più competenti in materia di leggi e più felici sotto di esse, deliberiamo: […] Che le leggi fatte dai nostri rappresentanti non possono essere dette né devono essere, leggi del paese fintanto che non saranno approvate dalla maggior parte del popolo.»

Teniamo a mente che la Repubblica di Venezia, che alcuni indipendentisti dichiarano di voler ripristinare, sia pure con i dovuti adeguamenti, scoraggiava la formazione di partiti politici. E soprattutto convinciamoci che in questo primo scorcio del XXI secolo l’autodeterminazione non si chiede; la si esercita legittimamente dopo aver conquistato il consenso popolare mediante la formulazione di un nuovo modello istituzionale. Si potrà così uscire dalla legalità dello Stato italiano, per entrare nella legittimità dell’indipendenza del Veneto.

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