In questo articolo replico alla risposta[1] di Gerardo Coco al mio articolo[2] in cui, a mia volta, commentavo la sua critica[3] alle criptomonete. Dal punto di vista dei contenuti, questa mia ultima risposta non aggiunge quasi nulla al mio articolo precedente: il suo unico scopo è dimostrare che la replica di Coco in molti casi evita di rispondere agli argomenti sollevati e che, nei non frequenti casi in cui risponde con argomenti, questi sono sbagliati.
- Esempio di Ricardo/libero mercato del denaro. «[L’articolo di Birindelli] è incentrato sulla teoria quantitativa a cui nel mio articolo ho dedicato solo tre righe in riferimento a un celebre esempio di David Ricardo che Birindelli non deve aver capito, visto come ci ha ricamato sopra».
A parte il fatto che Coco dedica alla teoria quantitativa della moneta una buona metà del suo primo articolo[4], in relazione all’esempio di Ricardo io sostenevo:
- che quell’esempio assume per ipotesi il monopolio statale del denaro;
- che senza questa ipotesi l’esempio non regge;
- che questa ipotesi non ha alcuna ragione di esistere in generale e
- in particolare, essa non ha ragione di esistere nel caso di un’analisi delle criptomonete, dato che queste sono state pensate per operare in un contesto di libero mercato del denaro.
Nella sua risposta, Coco dice che non ho capito l’esempio di Ricardo senza spiegare perché e soprattutto evita di rispondere al mio argomento.
- 2. Teoria quantitativa della moneta. «In nome dei Bitcoin Birindelli critica la teoria quantitativa della moneta e non si accorge che è la teoria su cui si basano i Bitcoin, ma applicata nel modo più estremo e pedestre. [In realtà egli, senza accorgersene] sostiene la teoria quantitativa nella forma più bislacca. […] Gli ricordo che Mises non critica la teoria quantitativa; ne critica la versione “meccanica”, quella che assume la diretta proporzionalità [fra aumento della quantità di moneta e] aumento dei prezzi. […] L’inflazione è l’aumento di quantità monetaria. Ecco la teoria quantitativa»!
Coco ha ragione a ricordare che gli austriaci non criticano la teoria quantitativa della moneta ma la sua versione “meccanica”, quella che assume la diretta proporzionalità fra aumento della quantità di moneta e aumento dei prezzi.
Ora, la teoria quantitativa della moneta che gli austriaci non criticano (ma anzi difendono) è quella che, ricorrendo al metodo prasseologico, studia i diversi effetti economici di un aumento della quantità di moneta. Fra questi effetti (ma non è affatto l’unico) c’è la tendenziale (ma non necessaria) perdita del potere d’acquisto della moneta (sulla confusione che Coco fa fra perdita di potere d’acquisto della moneta e aumento del “livello dei prezzi” tornerò dopo).
La teoria quantitativa che gli austriaci criticano è quella che, prescindendo dal metodo prasseologico, dalla teoria del capitale e quindi dagli effetti che l’aumento della quantità di moneta ha sui prezzi relativi e sulla struttura produttiva, propone una relazione “meccanica” diretta fra aumento della quantità di moneta e aumento del “livello dei prezzi”. In altri termini, essi criticano la teoria quantitativa della moneta per come è espressa dalla formula di Fisher MV=PQ e quindi per come essa è intesa da Coco quando nel suo primo articolo scrive: «l’equazione P=MV/Q, […] esprime la teoria quantitativa nella sua forma più semplificata».
Dato che nel mio articolo io criticavo esplicitamente la teoria quantitativa per come la intende Coco, cioè quella espressa dalla formula di Fisher (la teoria quantitativa nella sua forma “meccanica”), non c’è differenza fra la mia posizione e quella degli austriaci. In altre parole, non sono io a sostenere la teoria quantitativa della moneta nella sua forma più «bislacca»: è Coco a farlo. È lui che, nel suo primo articolo, identifica la teoria quantitativa della moneta con l’equazione di Fisher (che, se la matematica non è un’opinione, implica oggettivamente una relazione “meccanica” diretta fra quantità di moneta e “livello dei prezzi”), non io. Nel mio articolo io ho criticato duramente la teoria quantitativa così intesa.
D’altro canto, Coco fa confusione e si contraddice: se nel suo primo articolo egli adotta la versione “meccanica” della teoria quantitativa, nel secondo, citando Mises, sembra criticare la stessa versione “meccanica” che ha difeso nel suo primo articolo; allo stesso tempo, tuttavia, egli continua a difendere i concetti che stanno alla base dell’equazione di Fisher (come la “velocità di circolazione della moneta, V” e il “livello dei prezzi, P”) e che oggettivamente (il primo quando è utilizzato come variabile indipendente in un’equazione che vuole spiegare i prezzi, il secondo sempre) non hanno alcun senso economico (vedi articolo precedente[5] e oltre in questo[6]).
Date le contraddizioni di Coco, è tecnicamente impossibile capire quale versione della teoria quantitativa egli sostenga: se quella “austriaca” che sembra difendere in modo contradditorio nel suo secondo articolo o quella “meccanica” che difende esplicitamente nel suo primo articolo. Naturalmente, avere una posizione diversa da quella degli austriaci non è sbagliato a priori. Tuttavia, prima di invalidare gli argomenti degli austriaci, è necessario affrontarli e discuterli, e questo, di nuovo, è esattamente quello che Coco evita accuratamente di fare. Infatti, come vedremo al punto seguente, egli ha accuratamente evitato di affrontare e discutere gli argomenti di Rothbard, che dimostrano l’assurdità logica di concetti quali il “livello di prezzi” e la “velocità di circolazione” della moneta nella formula di Fisher.
Inoltre, nel mio articolo[7] facevo notare (riprendendo un ragionamento di Rothbard) che l’equazione di Fisher, che Coco adotta come espressione della teoria quantitativa della moneta, oltre a essere una tautologia che non spiega nulla, è in contrasto con la teoria soggettiva del valore in quanto assume che ci possa essere (e che in effetti ci sia) scambio a parità di valore economico (cosa che come sappiamo, per la teoria soggettiva del valore, è tecnicamente impossibile). La dimostrazione matematica che l’equazione di Fisher è una tautologia che non spiega nulla e quella economica che essa è in contraddizione con la teoria soggettiva del valore, sono altri due dei molti argomenti a cui Coco evita accuratamente di rispondere.
- “Velocità di circolazione” della moneta e “livello dei prezzi”. «Birindelli scrive che anche i concetti di “valore intrinseco”, di “velocità di circolazione” e di “livello dei prezzi” non hanno alcun senso economico. Allora cos’è che per Birindelli ha senso se tutti gli elementi che formano la dinamica economica per lui non contano? […] Se il “livello dei prezzi” è per lui un concetto senza senso allora lo è pure quello del potere d’acquisto, cioè del valore della moneta».
Sul “valore intrinseco” torno al punto successivo, dove dimostrerò che Coco o non conosce la teoria soggettiva del valore (cioè la base, il punto di partenza della scienza economica intesa nel suo complesso come lo studio dell’azione umana) oppure, se la conosce, non la ha capita.
La risposta di Coco su “velocità di circolazione” e “livello dei prezzi” è, insieme a quello sul “valore intrinseco”, uno dei due punti più sorprendenti della sua risposta. Nel suo primo articolo, come abbiamo visto, lui difende la teoria quantitativa per come essa è espressa dalla formula MV=PQ (formula di Fisher) e quindi nella sua versione “meccanica”. Nel mio articolo, io sintetizzo l’argomento di Rothbard in base al quale non solo questa formula, ma due dei suoi termini (V, “velocita di circolazione” della moneta e P, “livello dei prezzi”) non hanno alcun senso economico. L’argomento di Rothbard è matematico, non economico. Le formule «buttate a caso» sono quelle di Rothbard, non le mie: sono quelle che Rothbard usa per dimostrare che l’equazione a cui è ricorso Coco (e alcuni dei termini che vi sono inclusi) non hanno alcun senso economico. Quindi il suo affermare che «Birindelli ragiona a forza di citazioni e formule buttate a caso» è una cosa che non gli fa onore, né come interlocutore, né come economista.
Rothbard (che era un matematico peraltro) trova fuorviante l’uso della matematica in economia, ma qui è costretto a usare questo strumento per dimostrare che quella formula e quei concetti (V, P), oltre a non avere alcun senso economico, sono anche delle impossibilità matematiche. In particolare, come ho spiegato in maggiore dettaglio nel mio primo articolo (punto 5), la “velocità di circolazione, V” della moneta, non essendo una variabile indipendentemente definibile, non può logicamente essere usata in una formula come variabile indipendente (cioè come essa viene usata nella formula di Fisher e come Coco la assume essere quando afferma: «data una velocità di circolazione della moneta V, … »).
D’altro canto, il “livello dei prezzi, P”, essendo una media che richiede, al denominatore, la somma di grandezze non omogenee (p. es. un cappello e due etti di zucchero), non ha alcun senso perché non può essere fatta matematicamente. Infatti, a causa del fatto che ciò richiederebbe di addizionare quantità non omogenee fra loro, «non può mai essere fatta una media dei prezzi di merci eterogenee» (Rothbard); «la mancanza di omogeneità rende quella [che è necessario fare per arrivare al “livello dei prezzi” P] una somma impossibile» (Huerta de Soto).
Ora, invece di rispondere ai due argomenti matematici di Rothbard e di De Soto, quelli che dimostrano come oggettivamente la “velocità di circolazione della moneta, V” e il “livello dei prezzi, P” (e quindi la formula MV=PQ a cui Coco ricorre per esprimere la teoria quantitativa della moneta) non hanno alcun senso economico né matematico, Coco ancora una volta evita accuratamente di rispondere: «formule buttate a caso».
In particolare, in relazione al “livello dei prezzi”, invece di rispondere agli argomenti di Rothbard, Coco va per un’altra strada che lo porta a fare una confusione grossolana fra “livello dei prezzi” e potere d’acquisto della moneta. Il “livello dei prezzi”, cioè la media P, è un concetto senza alcun senso economico per il motivo che abbiamo appena discusso: non può mai essere fatta una media dei prezzi di merci eterogenee. Al contrario, il potere d’acquisto della moneta non richiede alcuna media di prezzi di merci eterogenee. In altre parole, un conto è dire che la moneta può comprare meno zucchero e cappelli dell’anno scorso in quanto il prezzo del primo nel negozio X è salito del 10% e quello dei secondi nel negozio Y del 5%, e una cosa completamente diversa (e senza alcun senso logico) è dire che la moneta può comprare meno zucchero e cappelli perché “P” (la media dei prezzi) si è alzata. Mises scrive: «Una madre di famiglia giudiziosa sa molto di più dei cambiamenti dei prezzi dei beni che fanno parte della sua economia domestica di quanto le medie statistiche possano dire […] Nella vita pratica nessuno si lascia prendere in giro dagli indici statistici. Nessuno crede alla finzione che essi debbano essere considerati come misurazioni.»[8] In altre parole, nella vita pratica nessuno si lascia prendere in giro da “P”.
Il fatto che Coco faccia confusione fra “livello dei prezzi, P” e potere d’acquisto della moneta è indice, fra le altre cose, del fatto che egli adotta un approccio macroeconomico completamente distaccato dall’azione umana e dalla realtà economica. Questo tra l’altro è evidente quando identifica aggregati macroeconomici senza senso (V, P) con «tutti gli elementi che formano la dinamica economica». La “dinamica economica” è formata dagli scambi individuali e alla base di questi c’è l’azione umana che la teoria soggettiva del valore, che come vedremo Coco non ha capito, aiuta a studiare.
In relazione alla “velocità di circolazione della moneta”, per evitare di rispondere all’argomento matematico di Rothbard, Coco fa una divagazione che lo porta a saltare di palo in frasca discutendo di stock di moneta e di credito. Risponderò quindi a queste obiezioni oltre.
- Moneta: «E cos’è per Birindelli la moneta? Perché nel suo saggio di 5000 parole non ce lo rivela mai».
Falso. Nel mio primo articolo definivo la moneta come la merce più commerciabile: «Dato che il denaro è una merce come tutte le altre (solo che, rispetto alle altre, è la più commerciabile), esso può essere qualunque cosa o “non cosa” a cui le persone attribuiscano valore per le ragioni più varie che a molti possono sembrare assurde, incomprensibili e perfino delle superstizioni (qui non voglio assolutamente dire che non ci siano motivi razionali e concreti per dare valore a Bitcoin: farò un breve cenno a questo più avanti).» Quello che Coco non riesce a concepire è che, quando l’oro è aggredito, ulteriormente aggredibile, tassato, manipolato[9], tracciato, un’altra merce può diventare quella più commerciabile. Se ci fosse libero mercato nel settore del denaro e se lo stato non avesse il potere di confiscarlo e di limitarne l’uso nei modi più diversi, allora i vantaggi delle criptomonete sarebbero “solo” la loro sicurezza, la loro economicità, la loro facilità d’uso, la loro efficienza e queste potrebbero essere facilmente combinate al valore dell’oro come suggerisce Coco nel suo articolo e come peraltro alcuni hanno già tentato di fare. Tuttavia, dato che siamo in un assetto socialista in cui lo stato ha il monopolio legale della moneta (e quindi, fra le altre cose, impedisce all’oro di apprezzarsi come farebbe se potesse fungere anche come mezzo di pagamento); in cui esso può appropriarsi di qualunque valore fisico o monetario in senso tradizionale; in cui può abolire perfino il contante e può violare la privacy delle persone tracciando ogni acquisto che esse fanno; dato che siamo in questa situazione, le due caratteristiche fondamentali di Bitcoin e delle altre criptomonete (quella di garantire l’anonimato e quella di essere una forma di denaro non aggredibile dallo stato) diventano una parte fondamentale della loro domanda, e quindi del loro valore. Durante la crisi di Cipro il valore di Bitcoin è aumentato vertiginosamente e chi aveva Bitcoin ha evitato il prelievo forzoso del 40% e rotti sul conto corrente e non è rimasto bloccato dalla chiusura delle banche. In Ucraina oggi c’è il blocco dei bonifici verso l’estero: provi Coco a fare tre trasferimenti dall’Ucraina verso l’Italia: uno in oro, uno in denaro fiat, l’altro in Bitcoin e poi mi sappia dire quale dei tre è riuscito a fare.
- “Valore intrinseco” e teoria soggettiva del valore. «Infine anche il valore intrinseco per Birindelli non ha senso economico. Eppure è uno dei capisaldi di Mises. Ma siccome anche questo concetto invalida i bitcoin, lo elimina. Nei campi di concentramento le sigarette circolavano come moneta proprio perché avevano un valore indipendente (precedente direbbe Mises), cioè un’utilità o valore intrinseco indipendente dall’uso monetario a cui erano adibite. Come mai non usavano pezzetti di carta in quantità fissa»?
In questo passaggio davvero sorprendente Coco mostra di non conoscere, o quantomeno di non aver capito, la teoria soggettiva del valore. Egli infatti fa una confusione grossolana fra “valore intrinseco” e valore indipendente dall’uso monetario.
L’oro ha valore indipendente dall’uso monetario in quanto, per esempio, ha valore come metallo per la fabbricazione di gioielli. Nel momento in cui l’oro diventa anche denaro la sua domanda aumenta (viene richiesto non solo per fabbricare gioielli ma anche come mezzo di scambio) e quindi aumenta il suo valore. Il punto fondamentale è che, anche prima di diventare mezzo di scambio, l’oro non ha, né hai mai avuto, alcun “valore intrinseco”. La teoria soggettiva del valore infatti insegna che il valore non sta nelle cose (come Coco assume quando parla di “valore intrinseco” e quando scrive che una “non cosa” non può essere denaro) ma nelle persone, cioè nel fatto che i singoli individui sono disposti a privarsi volontariamente di beni di loro proprietà per ottenere in cambio quelle cose (o “non cose”) qualsiasi queste siano, e qualsiasi siano le loro ragioni per farlo (per questo si chiama teoria soggettiva del valore). Anche prima di diventare denaro, l’oro aveva valore perché qualcuno era disposto a scambiare pecore con monili: se questo qualcuno, per le sue ragioni, non fosse stato disposto a questo scambio, l’oro sarebbe stato solo un metallo giallo senza più valore di quanto ne abbia il granito di uno scoglio. Il solo parlare di “valore intrinseco”, cioè di un valore che esisterebbe nelle cose e non nelle persone, vuol dire rinnegare la teoria soggettiva del valore, e quindi la scienza economica.
Nello specifico, il fatto che nei campi di concentramento le sigarette avessero un’utilità indipendente dall’uso monetario a cui erano adibite è vero, ed è pacifico. Per i motivi appena discussi, questo tuttavia non vuole dire affatto che avessero “valore intrinseco”! Esse avevano valore perché qualcuno, in quei campi di concentramento, fumava ed era disposto a scambiare beni e servizi contro sigarette. Se le persone recluse nel campo (e i loro carcerieri) fossero state tutte non fumatrici (e avessero avuto la certezza di non potersi salvare) le sigarette non avrebbero avuto alcun valore (proprio perché esse non hanno alcun “valore intrinseco”) e quindi non avrebbero potuto fungere da mezzo di scambio: i pezzetti di carta di cui parla Coco sarebbero stati più utili a questo scopo in quanto avrebbero avuto più valore economico. Dato che Coco non ha capito la teoria soggettiva del valore, non mi stupisce che egli non abbia capito (assumendo che li abbia letti) i testi degli austriaci, che si contraddica continuamente, che faccia confusione, che non capisca Bitcoin e che non riusciamo a comunicare.
- 6. Credito. «Lo sa Birindelli che sotto Natale o altre feste comandate la velocità [della moneta] può triplicare? Una quantità di moneta fissa provocherebbe depressione dei prezzi e delle vendite nei periodi in cui la gente vende e spende di più. Per evitarla si dovrebbe ricorrere a forme di credito [cioè a] un potere d’acquisto aggiuntivo che invaliderebbe il principio stesso della quantità fissa. Birindelli non sa come funziona praticamente l’economia. Altrimenti non avrebbe sorvolato sul credito, l’aspetto cruciale di tutta la faccenda a cui nell’articolo ho dedicato un paragrafo. Ma siccome invalidava il suo “assoluto monetario” lo ha ignorato. Senza il credito c’è solo il bazar dei micropagamenti, non l’economia complessa».
Qui ci sono diverse considerazioni. In primo luogo, il fatto che a seguito di un aumento della domanda di moneta ci sia un aumento del suo potere d’acquisto (quello che Coco chiama una «depressione dei prezzi») è un fatto sano a) perché permette alla quantità di moneta fissa di essere ottimale in ogni situazione (vedi punto successivo, oltre che mio articolo precedente) e b) perché l’aumento del potere d’acquisto della moneta (quella che sbagliando sui giornali viene chiamata “deflazione”) non solo rende le persone più ricche ma permette al processo spontaneo di mercato di auto-correggersi e così di continuare a creare crescita economica sostenibile. In America’s Great Depression e Man Economy and State Rothbard scrive pagine illuminanti su questo che sfortunatamente non posso citare perché in questo momento sono in viaggio. Quindi questa «depressione dei prezzi» non dovrebbe affatto essere «evitata» come suggerisce Coco (e come oggi tentano disperatamente di fare le banche centrali), tantomeno con l’espansione artificiale della quantità di denaro e del credito. Tralasciando di discutere qui la questione dell’espansione della quantità di denaro (l’affronterò al punto successivo), concentriamoci sul credito. A proposito del credito occorre distinguere un aspetto tecnico relativo ai Bitcoin e un aspetto economico relativo alla funzione del credito nella crescita economica. Al primo aspetto farò cenno qui, al secondo nel punto successivo. Coco afferma a) che Bitcoin sarebbe incompatibile col mercato del credito e b) che, data questa incompatibilità, io avrei «sorvolato» sull’aspetto del credito. La prima affermazione è logicamente ed empiricamente falsa. È logicamente falsa non solo perché non c’è alcuna ragione per cui Tizio non possa prestare a Caio, dietro pagamento di un tasso d’interesse, una certa somma di Bitcoin, ma anche perché non c’è alcuna ragione per cui nel tempo non possano svilupparsi strumenti complessi del credito basato su Bitcoin. È empiricamente falsa perché già esistono piattaforme per il credito in Bitcoin (www.btcjam.com è una di queste), ed è grazie a queste piattaforme che, come ho affermato nel mio primo articolo, Bitcoin consente al circa 75% delle persone che nel mondo ieri non avevano accesso al credito di avervi accesso. La seconda affermazione è empiricamente falsa perché quello che ho scritto qui lo ho scritto anche nel mio primo articolo (non è mia abitudine “svicolare”). Tra l’altro, vi ho riportato il link a btcjam la cui esistenza di per sé contraddice quello che sostiene Coco e quindi rende inutili altre spiegazioni, peraltro ovvie.
- 7. Domanda di denaro e depressione come risultato dell’insufficienza di credito. «[Nel dire che ogni quantità fissa di denaro è ottimale Rothbard si sbaglia] Perché? Birindelli non lo sa e glielo dico io. [L’argomento di Rothbard vale] in teoria. Ma nella realtà il potere di acquisto si aggiusta con un ritardo temporale durante il quale la gente resta senza denaro e, in mancanza, come sopra detto, bisogna ricorrere a strumenti creditizi [che con le criptomonete non potrebbero esserci: falso, come abbiamo visto, n.d.r.]. Quello che Mises voleva sottolineare è che un’economia ha più bisogno di produzione piuttosto che di denaro; tuttavia più produzione ha anche bisogno di più denaro nella forma di credito altrimenti si verifica depressione».
A parte le fondamentali questioni economiche relative alla creazione di strumenti creditizi per venire incontro all’aumento della domanda di denaro (sulle quali arriveremo fra poco), non c’è alcuna ragione di supporre, come fa Coco, che il ricorso a strumenti creditizi possa essere più veloce dell’aggiustamento dei prezzi. In effetti, ci sono diverse ragioni per ritenere il contrario. Fra queste c’è il fatto che i prezzi si definiscono istantaneamente nelle azioni di scambio e si propagano (in molti casi altrettanto istantaneamente) attraverso di esse. Gli strumenti creditizi, a cui peraltro ha accesso solo un ristretto numero di soggetti, spesso vanno individuati, richiesti, studiati, concordati, sottoscritti, concessi, ecc. In altre parole, non c’è alcuna ragione valida per cui ciò che è valido in teoria (il fatto che, come dice Rothbard, ogni quantità di moneta è ottimale ed è resa tale dal mercato attraverso variazioni della sua domanda e quindi del suo potere d’acquisto) non sia valido anche in pratica. Di certo, col denaro fiat a corso forzoso e con la sua continua e schizofrenica espansione da parte di chi ne detiene il monopolio legale, questo processo di mercato oggi è difficilmente osservabile. Questo tuttavia non vuole affatto dire che in condizioni di libero mercato non avvenga necessariamente. Una delle ragioni fondamentali della superiorità del mercato rispetto a un sistema collettivista sta proprio nell’efficienza e velocità con la quale i prezzi veicolano le informazioni. A parte queste considerazioni, l’affermazione che «più produzione ha bisogno […] di più denaro nella forma di credito altrimenti si verifica depressione» è ambigua e si presta a interpretazioni molto pericolose. La crescita economica sostenibile ha bisogno di maggiore risparmio, e quindi di minore consumo (e, come abbiamo visto, nulla impedisce di risparmiare e prestare Bitcoin ad altri). La Scuola Austriaca di economia dimostra che la crisi economica (e nel lungo periodo la depressione) è il risultato dell’espansione artificiale del denaro e del credito, e quindi di maggiore credito non derivante da maggior risparmio. Se col termine «più denaro nella forma di credito» Coco si riferisse a maggior risparmio, allora questa sua affermazione non porrebbe alcun problema. Tuttavia, per avere maggiore risparmio (e quindi credito sostenibile) non occorre affatto (e anzi dovrebbe essere evitata accuratamente) un’espansione della quantità di moneta: maggiore risparmio si può avere tranquillamente con una quantità di moneta fissa, tanto più con una il cui potere d’acquisto sale grazie alle forze di mercato. Ma questo è esattamente il punto che Coco contesta. Addirittura egli sostiene che «[per evitare la «depressione dei prezzi»] si dovrebbe ricorrere a forme di credito [cioè a] un potere d’acquisto aggiuntivo». Quindi par di capire che egli sia a favore di un’espansione artificiale del denaro e del credito per andare incontro alla maggiore domanda di denaro ed evitare la depressione. Tuttavia, come dimostrano gli austriaci, l’espansione artificiale del denaro e del credito è esattamente ciò che nel lungo periodo, attraverso le distorsioni della struttura produttiva, crea la depressione.
- 8. Quantità di moneta fissa e Bitcoin. «Nel mio articolo ho affermato che fissare a priori il mezzo di trasferimento della ricchezza, la moneta, è un errore clamoroso. Solo i monopolisti fissano a priori, non il mercato».
A questo ‘argomento’ ho già risposto sopra (oltre che nel mio primo articolo). Per le ragioni dette (che Coco riconosce essere valide solo in teoria ma non in pratica) Rothbard ha ragione e Coco ha torto: qualunque quantità fissa di moneta è ottimale e compatibile con la crescita economica sostenibile di lungo periodo. Quindi anche se, per assurdo, esistesse una sola criptomoneta e la quantità di questa fosse stabilita a priori da chi la ha creata, questa quantità sarebbe necessariamente ottimale. Tuttavia, nel caso specifico delle criptomonete, e al di là di queste considerazioni, in questo passaggio Coco mostra non solo di non aver proprio capito le criptomonete ma anche di avere le idee piuttosto confuse su cosa sia un «monopolio». In primo luogo, di criptomonete ce ne sono a centinaia: nuove ne vengono fuori ogni giorno. Esse sono fra loro in competizione di mercato. Come ho argomentato nel mio primo articolo (altro argomento a cui Coco ha evitato di rispondere), il creatore di una di queste numerose criptomonete (poniamo Bitcoin) che fissa arbitrariamente la sua quantità (21 milioni in questo caso) non è diverso, in sostanza, dal costruttore di un albergo che decide arbitrariamente il numero di stanze che quell’albergo deve avere. È forse il costruttore di quell’albergo un “monopolista”? È forse egli un “regolatore”? Certo! Egli è “monopolista” e “regolatore” del suo albergo; e, in una società libera (quindi non in Italia), fissa il numero di stanze che vuole. Dato che ci sono centinaia di altri alberghi, che altri ne vengono costruiti continuamente e che non c’è alcun limite a costruirne altri ancora, egli non è monopolista del “mercato degli alberghi”. Anche se lo fosse, nel limite in cui questo suo monopolio fosse economico e non legale (cioè nei limiti in cui fosse dovuto al fatto che egli è più bravo, più fortunato, che offre condizioni migliori, che è più efficiente, e non al fatto che ha aggredito o minacciato di aggredire qualcuno), in questo suo essere monopolista del settore degli alberghi non ci sarebbe niente che fosse in contrasto con la competizione di mercato correttamente intesa. Quindi questa frase di Coco secondo cui i creatori di criptomonete, nel momento in cui fissano la quantità della loro moneta sarebbero dei “monopolisti” e si comporterebbero come dei “regolatori”, non ha alcun senso logico né economico. Quello che lui considera essere un «errore clamoroso» dei creatori delle criptomonete non è altro che un’azione imprenditoriale logica e razionale, perfettamente in sintonia con la teoria economica della Scuola Austriaca.
- 9. Volatilità di Bitcoin. «Birindelli sorvola sul fatto che il valore dei bitcoin crolli o vada in bolla, come si trattasse di cosa di secondaria importanza. Non può esistere la contabilità senza un numerario stabile e affidabile. Immaginiamo che un’impresa produca con profitto. Se contabilizzasse i valori con un numerario che subisce un crollo di valore, fallirebbe all’istante. Nel caso invece di un’impresa che producesse in perdita, distruggendo quindi ricchezza, un improvviso rialzo del valore del numerario la renderebbe florida, spingendola ad aumentare la scala delle operazioni che distruggono ricchezza. Quindi, una moneta, ossia un numerario inaffidabile, penalizza le imprese produttive e premia quelle improduttive, proprio quello che accade, oggi, su scala gigantesca nell’economia governata da un sistema monetario inaffidabile. E’ così che si ragiona Birindelli, non a forza di citazioni e formule buttate a caso».
In primo luogo, nel mio articolo non ho affatto evitato di toccare l’argomento della volatilità di Bitcoin. Infatti ho scritto: «la domanda [di Bitcoin] sta crescendo e con essa, naturalmente, il prezzo. Non certo in modo lineare e senza scossoni: è una tecnologia troppo nuova, troppo dirompente e dalle potenzialità troppo enormi (ricordiamoci che è una moneta globale ed è ancora in larghissima parte sconosciuta) perché il prezzo possa fin da subito seguire la stessa dinamica di quello di una moneta di mercato matura. Tuttavia non c’è niente di assurdo nel fatto che si apprezzi. Qualunque moneta sana tende ad apprezzarsi». Quindi, sebbene io sia molto contento del fatto che Bitcoin si stia apprezzando (oggi siamo a 683 dollari per 1 Bitcoin: nel 2009 se non mi sbaglio eravamo attorno a 0,05 dollari per 1 Bitcoin o giù di lì), non solo non ho trascurato di discutere la volatilità di Bitcoin, ma ho riconosciuto che, in relazione all’uso di Bitcoin come numerario, essa è un problema (almeno su questo, in parte, sono d’accordo con Coco).
La volatilità di Bitcoin ha diverse cause, alcune endogene, altre esogene. Fra le prime c’è il fatto che si tratta di una moneta nuova che deve ancora trovare il suo equilibrio dinamico in termini di valore; il fatto che è in grandissima parte una moneta sconosciuta (e che, grazie a coloro che non la conoscono, specie nella stampa mainstream, viene dipinta come “il denaro della criminalità”); il fatto che gli scambi sul mercato valutario sono ancora talmente ristretti che un ordine di acquisto o di vendita di proporzioni anche relativamente modeste può creare forti oscillazioni del prezzo. Tutte queste cause endogene tendono a ridursi nel tempo. In altre parole, diamo tempo al tempo e vedremo che la parte di volatilità di Bitcoin provocata da questi fattori tenderà a ridursi. Il discorso è diverso per le cause esogene di volatilità. Fra queste c’è il fatto che dall’altra parte c’è il monopolio legale del denaro da parte di uno stato in continua espansione: le aziende non possono pagare le loro tasse in Bitcoin; in molti casi gli impiegati (non solo quelli pubblici ma anche quelli privati) non possono scegliere di essere pagati in Bitcoin; in molti paesi l’uso di Bitcoin è illegale (ricordiamoci che Bitcoin è una moneta globale e quindi che il suo prezzo risente anche della legislazione avversa in altri paesi: p.es. Cina e Russia): questo non impedisce gli scambi in Bitcoin ma quelli nei mercati valutari con altre monete fiat, il che aiuta a mantenere le piccole dimensioni degli scambi su quei mercati e quindi contribuisce positivamente alla volatilità del prezzo; e altre. In sostanza, una buona parte della volatilità di Bitcoin (non tutta) è dovuta al fatto che lo stato ricorre alla forza per difendere i propri privilegi nel settore del denaro. Incolpare Bitcoin per questa parte di volatilità sarebbe come incolpare Uber Pop per il fatto che in paesi come l’Italia o la Francia è stato costretto a chiudere (ma a differenza di Uber Pop, Bitcoin, sebbene possa essere ostacolato dallo stato, non può essere da questo costretto a chiudere). C’è tuttavia un passaggio, nella frase di Coco qui riportata, che di nuovo stupisce (per usare un eufemismo). Posto che la volatilità è un problema in relazione alla funzione di numerario, affermare che «un numerario inaffidabile, penalizza le imprese produttive e premia quelle improduttive» è vero allo stesso modo in cui è vero l’inverso. Coco ha fatto il caso di un’impresa che produce con profitto e che contabilizza i suoi guadagni in una moneta il cui valore diminuisce rapidamente e in misura consistente. In questo caso la volatilità la penalizzerebbe. Tuttavia, per le stesse ragioni, una volatilità in senso inverso la premierebbe. E lo stesso nel caso delle imprese improduttive: queste sarebbero premiate da un rapido e consistente crollo della moneta, tuttavia sarebbero penalizzate da un suo rapido e consistente apprezzamento. Guardare solo un lato delle cose, quello che fa più comodo al proprio argomento, e trascurare di menzionare l’altro, non è esattamente un approccio che definirei scientifico.
- 10. La domanda retorica. «Coloro che la pensano diversamente [da me] si pongano la domanda: posti di fronte alla scelta tra un portafoglio di “impulsi magnetici” e uno di once d’oro, quale sceglierebbero»?
Con questa domanda, che vuole essere retorica, Coco dimostra semplicemente di non aver capito le due caratteristiche fondamentali delle criptomonete (vedi punto 4 sopra):
- a) quella di garantire l’anonimato di chi le utilizza, e quindi la sua privacy (i portafogli e tutte le transazioni sono totalmente trasparenti, ma con semplici accorgimenti è possibile garantire l’anonimato di chi è il titolare dei diversi portafogli e di tutte le transazioni);
- b) quella di non essere aggredibili dallo stato, e quindi di non essere confiscabili, tassabili, “congelabili”, di non dover essere dichiarate, ecc.
La domanda di Coco può essere opportunamente formulata in quest’altro modo: «Ricordandosi che nel 1933 negli USA Roosevelt rese un crimine possedere oro e lo confiscò per intero; tenendo presente che l’oro oggi è aggredito ed è ulteriormente aggredibile dallo stato, nel senso che il suo possesso è o può essere ulteriormente tassato (sia in via ordinaria, attraverso le tasse di successione o sul capital gain per esempio, sia in via straordinaria, attraverso le cosiddette “tasse patrimoniali”, per esempio); tenendo presente che l’espansione monetaria senza precedenti (e concertata) da parte delle banche centrali sta portando molti altri paesi, fra cui l’Italia, a una situazione di tracollo finanziario che rende probabili questi prelievi fiscali straordinari anche sull’oro; tenendo conto del fatto che oggi l’oro non può essere usato come mezzo di pagamento; tenendo conto del fatto che, avendo accesso alle cassette di sicurezza e potendole bloccare a suo piacimento, lo stato può impedire in ogni momento per qualunque ragione a qualunque individuo di disporre liberamente del suo oro; e d’altra parte tenendo conto del fatto che Bitcon è una forma di denaro non aggredibile dallo stato, che toglie allo stato la capacità di “bloccare finanziariamente” ogni persona con un clic; che può essere usato senza limiti come mezzo di pagamento; che può essere trasferito da una parte all’altra del pianeta istantaneamente praticamente senza costi di transazione; che garantisce l’anonimato di chi lo possiede e di chi lo usa; tenuto conto di tutto questo, posto di fronte alla scelta tra un portafoglio di Bitcoin e uno di once d’oro, oggi quale dei due sceglieresti»?
Posta in questi termini, questa domanda smette di essere retorica, nel senso che ci sono pro e contro per una parte e per l’altra (i pro di detenere oro non li ho discussi perché erano impliciti nella domanda retorica di Coco) e il mix dei due strumenti dipende dalle inclinazioni di ciascuno. Come ho scritto a un amico dopo la pubblicazione del mio primo articolo di risposta a Coco, se ci fosse libero mercato del denaro l’oro probabilmente continuerebbe a essere il denaro migliore, e (data l’efficienza della blockchain) non mi stupirei se una criptomoneta ancorata all’oro (o più di una) emergesse come numerario. Affermai questo già nel 2013 alla conferenza Interlibertarians di Lugano, in cui dissi che «Bitcoin non è nata sostituendosi al denaro fiat. Lo sostituirà, prima di quanto si pensi. O forse lo sostituiranno altre monete digitali, magari basate sull’oro fisico, al cui ritorno potrebbero quindi aprire la strada.»[10] Tuttavia, in un regime di socialismo monetario come quello attuale, Bitcoin e simili sono le uniche possibili forme di denaro onesto non aggredibili dallo stato e in grado di proteggere la privacy delle persone. Il problema di Coco è che non riesce a capire queste due caratteristiche fondamentali di Bitcoin che, nella situazione di oggi, sono cruciali. Proprio perché l’oro è fisico deve stare da qualche parte, in qualche paese, e quindi è legalmente aggredibile dallo stato. Tant’è che quando hanno provato a creare una moneta digitale ancorata all’oro fisico (e-gold) gli stati l’hanno fatta chiudere allo stesso modo in cui hanno fatto chiudere Uber Pop. Di nuovo, nella sua risposta Coco ha evitato accuratamente di rispondere a questo argomento, o anche solo di prendere in considerazione queste due caratteristiche fondamentali delle criptomonete.
Conclusioni
In conclusione, confermo parola per parola quello che ho scritto nel mio articolo precedente. Non lo faccio per partito preso, per difendere a priori le mie tesi, perché «non tollero critiche» né, tantomeno, «in nome di Bitcoin». I tentativi da parte di Coco di screditare la mia persona («dogmatico», «mistico», «ideologo»[11]) invece che di rispondere ai miei argomenti non mi sfiorano minimamente. Non solo perché spesso questi tentativi discreditano chi li fa, ma anche perché so di essere una persona che è sempre pronta a mettere in discussione le proprie convinzioni quando trova argomenti contrari validi e interlocutori solidi che affrontano gli argomenti della controparte in modo coerente invece di “dribblarli”. Lo ho dimostrato in più occasioni e ne è rimasta testimonianza scritta. Ed è una mia caratteristica che mi è riconosciuta da diverse persone che mi conoscono e che stimo. Tuttavia non ho trovato questi argomenti e questo tipo di interlocutore in Gerardo Coco. Quindi continuo a pensare, con ancora maggior convinzione di prima, che l’analisi che egli fa delle criptomonete e gli argomenti economici che porta a sostegno della sua tesi, sono fondamentalmente sbagliati (e in effetti ancora più sbagliati di quello che pensavo che fossero).
Infine, ringrazio in ogni caso l’Autore per questo scambio.
NOTE
[1] https://www.miglioverde.eu/caro-birindelli-forse-bitcoin-non-alcun-senso-economico/
[2] https://www.miglioverde.eu/bitcoin-son-soldi-veri-altro-teoria-quantitativa-della-moneta/
[3] https://www.miglioverde.eu/bitcoin-criptovalute-denaro-non-puo-unentita-matematica/
[4] Da «Circa due secoli fa, … » vicino all’inizio a «… opposti a quelli desiderati» vicino alla fine.
[5] https://www.miglioverde.eu/bitcoin-son-soldi-veri-altro-teoria-quantitativa-della-moneta/ , in particolare il punto 5.
[6] Punto 2.
[7] https://www.miglioverde.eu/bitcoin-son-soldi-veri-altro-teoria-quantitativa-della-moneta/ , in particolare il punto 1
[8] Mises L., 2007 [1949], Human Action (Liberty Fund, Indianapolis), Vol. 1, pp. 222-23.
[9] vedi qui http://www.bloomberg.com/news/articles/2014-02-28/gold-fix-study-shows-signs-of-decade-of-bank-manipulation e qui http://www.bloomberg.com/news/articles/2016-04-13/deutsche-bank-settles-silver-price-fixing-claims-lawyers-say
[10] Qui il testo dell’intervento: http://www.movimentolibertario.com/2013/12/democrazia-e-legge-sono-incompatibili/
[11] Ho un grande rispetto per l’ideologia quando questa è intesa come sistema coerente e interdisciplinare di pensiero, ma non credo che sia questo il senso in cui Coco intende il termine.
Oro e Bcoin.
Sono possibili rimedi, anche preventivi, nel caso si materializzasse una bancarotta diffusa con defaults a catena?
Dopo tutte queste interessanti analisi e schermaglie teoriche , i valenti contendenti potrebbero fornire il loro approccio nei confronti del cataclisma finanziario prossimo venturo che in molti prevedono.
Limitatamente alle due materie di discussione.
Oro e Bcoin o criptovaluta in senso lato.
Coronerebbero e completerebbero il lato teorico della questione con l’aspetto prosaico e pratico.
Il lato umano.
Articolo minestrone, indigesto come il precedente che sa di imparaticcio. Tipico dei dikettanti che vogliono fare i maestrini. Con uno navigato come Coco che di economia austriaca scrive da anni e da cui Birendelli ha solo da imparare,
Da poco ho letto che i bitcoin in tre mesi hanno fatto un balzo di più del 60%. Immaginiamo come ha scritto Coco se l’unità di misura della lunghezza avesse simili oscillazioni, tutto sarebbe falsato.
Lo stesso vale per la moneta, deve avere stabilità, altrimenti non è moneta e sarebbe impossibile la contabilità. Si pensi a quelli che si fossero indebitati in bitcoin, e dovessero restituire moneta aumentata del 60%. Fallirebbero tutti. Birindelli non ha saputo rispondere a questa e altre semplici obiezioni sollevando un polverone di dieci pagine e facendo la caricatura dell’economia, perché quello che scrive lui, non si verifica nella vita reale.
Angela
Angela
Birindelli ha risposto chiairssimamente!
Osservo che incredibilmente devo dar ragione a Coco, nonostante moltissime volte gli sia contro.
Mi è piaciuta, in quanto diciamo “molto pittoresca” la sua osservazione sul fatto che non essendo i Bitcoin ancorati a ….. questi possono come valore raggiungere altezze inimmaginabili, vedere i precedenti valori raggiunti nel passato.
Ovvero i bitcoin sono la classica moneta piramidale, di cui i primi ci si avvantaggiano mentre gli ultimi “quelli che entrano per ultimi” si trovano il così detto cerino in mano.
Anche sul cambio mi lascia perplesso, ovvero il cambio con monete fiat, ancorate poi a che cosa? o su quale moneta d’oro che non la si possiede?
Poi altra domanda– come si può pensare che possa aver spessore tale moneta che più virtuale non ce ne è, con il fatto che lo Stato ruba attraverso le tasse in quanto non ha più la sovranità monetaria.
Pensate per caso che lo Stato alias banchieri massonici, vi lascino il potere di emettere un’altra moneta?
Lo Stato alias … quale massoneria? Tutti gli statali sono banchieri massonici? Madonna!
Per quello che conta, sto totalmente dalla parte di Birindelli. Interessante riuscire a distinguere, tra tutti quelli che gravitano attorno al mondo “libertario e austriaco”, i XXXari da quelli seri. In questo scambio, ho visto Argomenti contro Personalizzazione delle questioni, senza argomenti.
Sono d’accordo!