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Caso kyenge, quando per i socialisti l’“orango” era un indipendentista

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gremmorangoRICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Caro Direttore,

l’ammucchiata partitocratica convinta che la libertà d’opinione sia solo un suo monopolio, starnazza scompostamente berciando che non sarebbe riconducibile alla critica politica l’intemerata ed estemporanea battuta del senatore Calderoli che ha paragonato l’europarlamentare Kyenge ad un orango.

Purtroppo per loro, nella travagliata storia dell’indipendentismo alpino, c’è un vecchio episodio che li smentisce e te ne scrivo perché mi coivolse personalmente.

Nella primavera del 1988 capeggiai per le elezioni regionali della Valle d’Aosta la lista “Union Autonomiste” che sosteneva con forza una politica di difesa del ‘particolarismo’ della “Pètite Patrie”.

La mia iniziativa andava oltre il governativismo dell’“Union Valdôtaine” e, ovviamente, scatenò contro di me l’ira dei politicanti del partiti romani.

In questa scomposta ed anche violenta campagna si distinse soprattutto il Partito Socialista Italiano che giunse al punto di pubblicare sul suo periodico “Le progrès” un’insultante vignetta dove mi si attribuivano frasi che mai avevo pronunciato e nemmeno pensato, venivo raffigurato nei panni d’un peloso scimmione ed aggiungeva la scritta: “Gremmorango ovvero l’anello mancante”.

I socialisti valdostani, evidentemente, ritenvano questa pesante ed ingiuriosa presa in giro un modo legittimo di opporsi politicamente (satiricamente) ad un avversario ritenuto, come dissero chiaramente, una presenza devastante nella società valdostana.

Malgrado tutto e tutti, il “Gremmorango” venne eletto consigliere regionale e si fece una bella risata alle spalle di questi democratici, laici, pluralisti e liberopensatori… solo per i loro amici.

Chi obietta oggi che quella di Calderoli non sarebbe stata una critica politica (secondo me, espressa nel modo peggiore) deve sapere che c’é questo precedente. Un attacco che respinsi politicamente, non nella sede impropria dei tribunali. Ma io di argomenti ne avevo molti. E loro?

Una cordiale stretta di mano.

Roberto Gremmo – storiaribelle@gmail.com

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1 COMMENT

  1. L’ipocrisia è di tutti quelli che parlano di libertà quando vogliono insultare qualcuno e poi vanno in tribunale o chiedono comunque restrizioni, quando gli altri insultano loro. La decisione a monte è rispondere alle parole con le parole (in senso lato: parlando, scrivendo, manifestando, etc..) anzichè con la violenza, i tribunali, la polizia, etc.. questa è la sola distinzione da fare.

    Non c’è nessuna distinzione tra libertà di parola “corretta” e “scorretta”, tra “critica politica” e “insulto” da fare, e men che meno sono i politici a poter decidere in materia.

    Poi nel merito delle cose dette, delle vignette, degli insulti, della satira, etc.. ciascuno la pensa come vuole. Il punto non è stabilire se qualcosa è offensivo – se per esempio il paragone con l’orango era un innocente battuta o un’affermazione profondamente razzista – anche perchè la sensibilità di ciascuno è personale e insindacabile, quindi che una cosa sia offensiva è massimamente arbitrario. Il punto è stabilire che fosse pure offensivo, o fosse pure razzista, la libertà di espressione vale per tutti nello stesso identico modo e a monte del giudizio nel merito delle cose espresse. Quindi si può dire che Napolitano è indegno, che l’Italia è un paese di merda, che col tricolore ci si pulisce il culo, che evadere il fisco è una cosa bellissima, e così via.. si possono criticare l’occidente, le religioni, i cristiani, i musulmani, lo stato, etc.. e non bisogna subire alcuna ritorsione da parte delle autorità costituite. La regola più smeplice è smepre la migliore.

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