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Catalogna, elisabet nebreda: nessuna costituzione prevede il diritto di secedere

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nebreda-faccodi LEONARDO FACCO

“Per capire il motivo per cui la Catalogna, domenica 27 settembre prossimo, voterà per decidere la propria autodeterminazione, è necessario conoscere 3 ragioni fondamentali che ci caratterizzano. La prima, è che siamo un’antica nazione europea; la seconda, è l’amore per la nostra lingua e la nostra cultura; la terza, è che la nostra è sempre stata una storia caratterizzata dall’autogoverno”. Lo ha detto Elisabet Nebreda, esponente di Esquerra Republicana, ospite al Forum dell’Europa dei Popoli, organizzato da Pro-Lombardia Indipendenza, lo scorso week-end, in quel di Induno Olona (Va).

Ci sono delle date importanti, e incancellabili, nel tormentato rapporto fra Spagna e Catalogna. Intanto, quella dell’11 settembre del 1714, allorquando i Borbone stroncarono con la forza la resistenza catalana, per annetterli poi al proprio regno. Poi, c’è la storia recente: “In primis, quella che ha inizio con la caduta di Franco e la stesura della costituzione della Spagna democratica, a metà anni Settanta. Già allora – spiega Nebreda – il governo di Madrid non volle riconoscere le diverse nazioni e i diversi popoli che abitavano la penisola. Ma l’affronto vero e proprio è arrivato, recentemente. Nel 2006, il parlamento catalano approvò un nuovo statuto di autonomia, che diceva chiaramente che i catalani sono una nazione. Ebbene, quello statuto è praticamente diventato carta straccia, prima ad opera del parlamento spagnolo, che ha stralciato il termine nazione per relegarlo in un preambolo; ma peggio ancora è quel che ha fatto la Corte suprema, che, su sollecitazione del Partido Popular, nel 2010, ha definito incostituzionali molti articoli del nostro statuto”.

nebreda2Da allora, i catalani hanno mostrato i “muscoli”, scendendo per strada a milioni per celebrare la Diada, ogni 11 settembre. Dopodiché, in poco tempo, la società civile s’è organizzata ed ha fatto pressioni enormi sulla classe politica, per portarla ad abbracciare definitivamente la strada secessionista, che in vero è sempre stata la strada maestra di Esquerra.

“La politica – racconta sempre Elisabet Nebreda – ha provato in tutti i modi a trovare un accordo ragionevole con Madrid, ma non c’è stato nulla da fare. Se Mas ha scelto di dimettersi, se oggi esiste una lista unitaria indipendentista candidata alle prossime elezioni del 27 settembre, se si vuole arrivare ad una dichiarazione unilaterale di indipendenza, lo si deve soprattutto alla volontà e alla pressione di quel movimento spontaneo sociale e trasversale che s’è stancato di sentirsi preso a sberle in faccia. «Junts pel sì» è una lista elettorale, creata – seppur non senza discussioni – proprio per ottenere l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna. Ciò che mi interessa particolarmente sottolineare – aggiunge – è che la nostra è una rivoluzione democratica, ecco perché non esiste alcuna ragione da parte di soggetti stranieri di interferire nei nostri affari, affermando che la Spagna deve rimanere unita. Eppoi, a noi va bene che la Spagna resti unita, ma senza la Catalogna”.

L’obbiettivo è chiaro, lo è sempre stato a dire il vero, ma ora esiste una tabella di marcia precisa: “Molto precisa. Intanto, non dimenticate mai che le elezioni di domenica prossima sono elezioni regionali, ovvero elezioni che servono a scegliere chi governerà il nostro paese, come prevede la Costituzione esistente. Dopodiché, noi abbiamo un’idea chiara in testa. Primo, bisogna vincere le elezioni ed ottenere la maggioranza dei seggi intanto; secondo, si darà vita ad un governo di unità nazionale, che si adopererà per definire le istituzioni necessarie alla nostra indipendenza. Questo processo durerà 18 mesi; terzo, allo scadere dei 18 mesi, faremo la dichiarazione solenne per avviare il processo di autodeterminazione; quarto, avvieremo una fase costituente, che non coinvolgerà solo i partiti politici, ma tutta la società civile catalana”.

Ma a Madrid non ne vogliono sapere, nonostante la Scozia abbia dato un esempio col suo referendum, che a Barcellona volevano celebrare nel novembre dello scorso anno. Dicono, i nazionalisti spagnoli, che la Costituzione ritiene la Spagna una e indivisibile. “Ah sì? – conclude Elisabet Nebreda – Beh, effettivamente non ho mai saputo di costituzioni che prevedessero il diritto di secedere, eppure di secessioni ne abbiamo viste parecchie negli ultimi 25 anni. Ara es l’hora dei catalani”.

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