di GIANLUCA MARCHI
Catalogna, come ampiamente annunciato, il dado giudiziario è tratto: poche ore fa la Procura generale dello Stato ha presentato al Tribunale superiore di giustizia catalano la denuncia contro il presidente della Generalitat Artur Mas, la vicepresidente Joana Ortega e l’assessore all’Istruzione Irene Rigau (nella foto i tre accusati). I capi di imputazione a carico dei tre esponenti del governo catalano sono: prevaricazione amministrativa continuata, disobbedienza grave commessa da un’autorità pubblica, ostruzione alla giustizia e malversazione di denaro pubblico.
Ai tre esponenti di CiU viene contestato un ruolo attivo nell’organizzazione del processo partecipativo per il voto del 9 Novembre scorso, nonostante la consultazione fosse stata sospesa dalla Corte Costituzionale. La malversazione di denaro pubblico vien contestata pe ril fatto che il governo catalano avrebbe pagato i sei milioni di schede e le oltre mille urne di cartone necessari per la consultazione. L’assessore Rigau viene coinvolta in quanto avrebbe messo a disposizione le scuole catalane per allestire i seggi.
Se Mas, Ortega e Rigau dovessero essere riconosciuti colpevoli per tutti e quattro i reati, rischiano un anno di carcere, sei anni di sospensione dagli incarichi pubblici e dodici anni di inibizione dagli stessi. In pratica si tratterebbe della fine della loro carriera politica e istituzionale.
Questo passo, imposto e voluto dal Procuratore generale dello Stato forzando la mano ai pm catalani che non erano d’accordo, complica l’apertura del dialogo, auspicata da molti, fra lo stesso Mas e il premier spagnolo Mariano Rajoy. Quest’ultimo venerdì 28 novembre è atteso a Barcellona, ufficialmente per partecipare a una manifestazione del suo partito, il PP. Al momento non è dato sapere se incontrerà il presidente Catalano. ma secondo i massimi dirigenti di CiU se incontro deve essere, dovrà essere Rajoy a chiamare Mas per proporre un faccia a faccia. Insomma, il gioco di posizione continua sulla scacchiera catalano-spagnola, senza che al momento sia facile intravvedere uno spiraglio positivo. Anche perché il governo di Madrid continua a ripetere che ogni possibile discorso è chiuso sui temi dell’autodeterminazione e del sovranismo. L’unica discussione possibile ammessa è quella sui 23 punti/richiesta avanzati la scorsa estate dallo steso Mas.
Intanto Artur Mas è alle prese anche con i problemi di governabilità della Catalogna. Gli indipendentisti repubblicani di ERC sembrano decisi a togliere l’appoggio esterno al governo minoritario di CiU se non si andrà subito a elezioni anticipate. Ma anche su questo voto plebiscitario le diversità fra Mas e Ortega (leader di ERC) non sono poche: il presidente vorrebbe una lista unica con dentro tutti gli indipendentisti e un solo punto nel programma, l’indipendenza della Catalogna. Ortega invece è per mantenere separate le liste dei quattro partiti indipendentisti, con punti comuni in ciascun programma e una scritta analoga in ognuno dei simboli, che potrebbe anche essere “Ara ès l’hora”, lo slogan con cui l’Assemblea nazionale catalana ha organizzato la Diada dell’11 settembre scorso. L’intento di Ortega è chiaro: siccome tutti i sondaggi indicano ERC ormai come primo partito in Catalogna, il leader non vuole perdere l’occasione di sancire ufficialmente tale primato.
Ma le lezioni anticipate non appaio dietro l’angolo e così il PSC, il partito socialista catalano, finora all’apposizione, si candida ad appoggiare il governo di Mas, facendo infuriare i vertici spagnoli, che con il nuovo e giovane leader Pedro Sanchez hanno cominciato a cavalcare la necessità di una riforma federalista della Costituzione, senza però ammettere il separatismo.
Insomma, la partita è quantomai complessa e difficile, anche perché dal suo esito finale uscirà comunque una Spagna diversa da quella che abbiamo conosciuto finora. Con quale grado di diversità, al momento è tutto da vedere.