di POLENTONE
Sarà perché mangio polenta, ma certe cose non riesco a capirle. Parliamo di “cerchio magico”. Questa presunta congrega di famili, parenti, amici e profittatori è stata affibbiata al povero Umberto Bossi e ne ha decretato la fine politica. Quel cerchio magico, o presunto tale (in realtà non sì e mai capito se fosse tutto vero o in parte millantato), ha relegato nell’oblio il Senatur molto più velocemente di quanto non abbia fatto la malattia. E stiamo parlando di un uomo che, nel bene e nel male, ha segnato la vicenda politica italiana degli ultimi trent’anni o quasi. Certo, in quella congrega avevano un posto di primo piano moglie e figli, con tutti gli annessi e connessi, e la cosa non è stata digerita nemmeno dal popolo leghista, che fino a qualche anno prima sarebbe stato disposto a perdonare qualsiasi cosa al Capo, ma non la storia del “tengo famiglia”.
Da allora “cerchio magico” è diventato, nell’immaginario collettivo, un qualcosa di non bello, tende cioè a identificare un gruppo di persone che, all’ombra del leader politico e con la sua benedizione, allunga i propri tentacoli su ogni dove a scapito di altri, che magari ritengono di averne più diritto. Così, in questa stagione di faide interne al partito berlusconiano, è spuntato il cerchio magico dell’ex Cavaliere.
Ma è di nuovo dalle parti di via Bellerio che si torna a parlare di “cerchio magico”, e stavolta per mano di Roberto Maroni. La questione ha avuto un’accelerazione in queste ore a seguito dell’avviso di garanzia per la presunta concussione (ora il reato si chiama in altro modo) esercitata nei confronti di società partecipate dalla Regione Lombardia al fine di far assumere, con contratti a tempo, due ex collaboratrici dell’ex ministro dell’Interno che non si era riusciti a sistemare nello staff della Giunta da lui presieduta. Ma è da ben prima che si chiacchiera del cerchio magico maroniano, che ovviamente s’è però allargato e consolidato con lo sbarco al vertice di Palazzo Lombardia.
Sia ben chiaro, nulla di illecito (a me non pare nemmeno irregolare la chiamata diretta delle due donzelle di cui si parla in questi giorni): insomma, tutto apparentemente secondo le regole italiche in vigore. Per di più Maroni, che è uno scaltro e attento, non ci mette di mezzo né figli né mogli né parenti. Solo “amici suoi”, che spesso nulla hanno a che fare con la Lega e la sua storia, e hanno la particolarità di provenire da una precisa area geografica, collocata tra la Campania e la Calabria. Come dire: prima il Nord, ma rispetto alla Sicilia…
Il cerchio magico maroniano ha quattro capisaldi: innanzitutto la portavoce Isabella Votino, colei che tutto o quasi puote e che a Palazzo Lombardia è vista come una sorta di vicepresidente; poi c’è il capo della segreteria Giacomo Ciriello (anche lui indagato nell’ultima vicenda); quindi la superdirigente Anna Maria Tavano, strappata alla Regione Calabria, e il marito di lei, avvocato Domenico Aiello. A parte la Votino e Ciriello, che già facevano asse al tempo del Viminale, l’avvocato Aiello è sbarcato in forze nelle vicende leghiste quando il Bobo era segretario federale. Ha soppiantato il mitico e sciagurato Matteo Brigandì, allontanato dalla sera alla mattina da via Bellerio come persona non gradita, ma poi riammesso perché nel frattempo ha fatto sequestrare quasi due milioni di euro sui conti leghisti per parcelle non pagate. Parcelle che invece, com’è giusto, vengono liquidate ad Aiello. Il quale è diventato anche il legale, per le vicende giudiziarie, di Infrastrutture Lombarde, la società interamente controllata dalla Regione e decapitata dalle inchieste milanesi.
Tutto regolare, lo ripeto, magari solo politicamente un po’ disinvolto. Ma nessuno sembra farne un peso a Maroni: apparentemente non dentro la Lega, ma nemmeno da parte di una buona fetta della stampa italica, che invece nulla ha risparmiato a Bossi. Potenza della bella… isa! E poi anche se fosse, Maroni non si cura di loro, ma guarda e passa: nel 2018 se ne va in pensione e saluti a tutti, così disse.
Come sempre, il proverbiale pelo femminile doppia, con estrema facilità, l’altrettanto proverbiale carro a trazione bovina. Resto comunque dell’idea che questi siano luogotenenti berlusconiani. La lega è roba di Berlusconi, che giustamente mette persone di fiducia a monitorare i propri “investimenti”.
L’incredibile è che ci sia ancora qualcuno disposto a votare questa “Lega”. Evidentemente il mondo è pieno di masochisti…
Portavoce e capo della segreteria campani, una “superdirigente trovata” nientemeno che in Calabria, il di lei marito diventato legale della società “Infrastrutture Lombarde”, il quale ha sostituito nei piani alti del partito l’altro leguleo azzeccagarbugli siculo, che per la buonuscita ha minacciato di chiedere al partito nientemeno che 2 milioni di euro, e che essendo reintegrato invece che al siculo andranno al napoletano… se a questo aggiungiamo che anche quando c’era Bossi la “badante” onnipresente non era proprio padana, e il tesoriere era un calabro che qualche danno d’immagine l’ha fatto… non c’è che dire proprio un bel quadretto…
Certo che l’Italia funzionasse così, con i “meridions” che riescono sempre a piazzarsi nei posti meglio paraculati, dirigenziali e parassitari, e quindi ben pagati, lo sapevamo bene…
Che questo sarebbe avvenuto anche dentro un partito come la Lega, e dentro le istituzioni del Nord che la Lega governa, era più difficile immaginarlo..
Comunque un applauso i “meridions” bisogna dire che se lo meritano, evidentemente hanno un’attitudine a “piazzarsi” nei posti migliori, più comodi, più imboscati, dove si guadagna di più e si suda molto meno, che non è assolutamente paragonabile con l’attitudine dei padani…