Per quanto il termine libertarismo venga spesso associato a quello di libertinismo, molti libertari sono d’accordo con i conservatori sul fatto che in una società libera non prevarrebbero gli stili di vita anticonformisti, sperimentali o alternativi, ma quelli ispirati da solidi valori tradizionali. La storia sembra dimostrarlo: basti confrontare l’austera etica prevalente nell’antica e libera Roma repubblicana con il libertinismo morale caratteristico del basso impero burocratizzato e assistenzialista; oppure si confronti l’etica vittoriana in auge ai tempi del laissez-faire ottocentesco con il permissivismo morale dell’attuale epoca socialdemocratica. Come ha scritto il capofila dei paleolibertarian Lew Rockwell, il vecchio ordine del libero mercato non era affatto licenzioso e gaudente; non produceva una generica “libertà”, ma un rigido ambiente di lavoro e risparmio, e di punizioni per i fannulloni e gli imprevidenti.
Le strutture sociali influenzano il carattere degli individui, ma ancor più spesso è il secondo a forgiare le prime. Si potrebbe infatti ragionevolmente supporre che le istituzioni dell’economia di mercato (proprietà, contratti, imprese, mercati, libertà individuale, governo limitato) si siano affermate spontaneamente dal basso quando sul piano della cultura si sono diffusi determinati precetti morali, come la responsabilità individuale, lo sforzo e l’impegno personale, l’affidabilità, la fedeltà, l’onestà, la prudenza, la lungimiranza, la disciplina morale. Una società libertaria integralmente fondata sul capitalismo, in altre parole, è tale perché composta per la stragrande maggioranza da persone che condividono il valore della responsabilità individuale, che non intendono addossare al prossimo i propri problemi e che contano principalmente su se stessi. L’intero processo di civilizzazione si fonda su queste persone.
Queste virtù associate alla frugalità e al lavoro erano però largamente sconosciute nelle società antiche, dove si celebrava il consumo e si disprezzava il lavoro manuale, che veniva lasciato generalmente agli schiavi. Come ricorda il sociologo Rodney Stark, nozioni come la dignità delle attività manuali o la virtù del lavoro erano incomprensibili ad Atene, a Roma, in Cina e in ogni altra società precapitalistica. Solo con il cristianesimo questa attitudine cambia radicalmente, tanto che nei monasteri benedettini il lavoro fisico venne considerato un mezzo ed un’occasione per partecipare al disegno di Dio. Secondo Werner Sombart fu la teoria morale elaborata dalla Scolastica cattolica medievale, ancor prima dell’etica protestante, la vera preparatrice dello spirito capitalistico.
Oggi questo spirito, come ha osservato Paolo Zanotto nel libro Cattolicesimo, protestantesimo, capitalismo, è stato ripreso in particolar modo dall’Opus Dei, che celebra il lavoro professionale o famigliare come mezzo di santificazione personale. Nelle parole del fondatore San Josemarìa Escrivà, ogni tipo di lavoro testimonia la dignità dell’uomo e il suo dominio sulla creazione, promuove lo sviluppo della sua personalità, è vincolo di unione con gli altri uomini, fonte di risorse per sostenere la sua famiglia, mezzo per contribuire al miglioramento della società in cui vive e al progresso di tutta l’umanità.
Dopo la rivoluzione industriale è però l’Inghilterra a surclassare economicamente ogni altro paese del mondo. Alla metà del secolo XIX, quando le idee favorevoli al liberalismo economico raggiungono l’apice della popolarità, nei paesi più avanzati si assiste anche ad una enorme diffusione della letteratura del successo, che insegnava all’uomo comune a farsi strada nella vita attraverso l’autodisciplina e il rafforzamento del carattere. Il più instancabile predicatore dell’etica vittoriana e del vangelo del lavoro fu Samuel Smiles (1812-1904), il quale in libri dai titoli caratteristici come Self-Help (1859), Il Carattere (1871), Il Risparmio (1875), Il Dovere (1887), si proponeva di contribuire al miglioramento, in primo luogo morale, dell’intera popolazione e delle classi lavoratrici in particolare. I suoi libri raccontano le vicende di quanti hanno saputo elevarsi socialmente ed economicamente grazie alla volontà, alla fermezza del carattere, alla dedizione costante nel lavoro.
Il motivo di fondo del suo credo è che il successo nei diversi campi dell’attività umana è dovuto semplicemente alla buona volontà e al duro lavoro, e che la società moderna mette a disposizione di tutti gli uomini i mezzi e le condizioni per percorrere positivamente la strada del successo economico e della rispettabilità sociale. Smiles si rese conto che le istituzioni avevano un peso assai relativo nel favorire il progresso e che, al contrario, ciò che contava, ciò che costituiva il vero fondamento della ricchezza delle nazioni, era la virtù individuale, la fiducia che l’uomo deve avere in se stesso e nelle sue capacità, lo stimolo a far da sé e a non attendere l’aiuto altrui. Il miglioramento delle condizioni economiche e sociali di un paese non poteva essere raggiunto modificando le leggi e le istituzioni, ma stimolando gli uomini a migliorarsi con la loro azione individuale, libera e indipendente.
A conferma delle idee di Smiles, nell’Inghilterra del Novecento l’allontanamento dall’etica vittoriana portò con sé anche la decadenza delle idee liberali e il declino politico ed economico del paese. Gli Stati Uniti diventano così la nuova patria della letteratura del self-help. Già nell’Ottocento, a dire il vero, la letteratura del self-help aveva ricevuto un ottimo accoglimento negli Stati Uniti con i romanzi basati su storie di successo di Horatio Alger e gli scritti di Ralph Waldo Emerson, in particolare Self-Reliance, Spiritual Laws, e The Conduct of Life. Il fondatore del movimento del successo in America viene tuttavia considerato Orison Scott Marden (1850-1924), che pubblicò numerosi libri ispirati all’etica del carattere e del lavoro duro di Samuel Smiles; Pushing to the Front, uscito nel 1894, è stato il suo grande bestseller. Un’anticipazione della letteratura motivazionale americana, ancora oggi molto letta, si può ritrovare nell’autobiografia di Benjamin Franklin (1706-1790).
Ai primi del secolo James Allen, su incarico del famoso industriale automobilistico Henry Ford, scrisse As a Man Thinket (Sei come pensi di essere), un libro pionieristico nel campo dell’autosoccorso personale. Parte della fama del libro è dovuta all’affermazione secondo cui le circostanze non creano le persone, ma le rivelano. I pensieri oggetto della nostra attenzione, buoni o cattivi che siano, penetrano nell’inconscio e diventano materiale che alimenterà gli eventi successivi nel mondo reale. Dominando i nostri pensieri modelleremo anche le circostanze esterne. L’uomo infatti, nelle parole di Allen, è il signore del pensiero, il forgiatore del carattere, il creatore delle condizioni, dell’ambiente e del destino; in definitiva, l’uomo si crea e si disfa da sé.
Le stesse convinzioni, ma espresse in una forma meno dura, si ritrovano nei libri di Dale Carnegie (1888-1955), che ancora oggi è uno degli autori motivazionali americani più letti. Il suo bestseller How to Win Friends and Influence People (Come trattare gli altri e farseli amici) uscì nel 1937, in piena depressione, per aiutare la gente ad uscire dalle difficoltà avvalendosi dei lati migliori della propria personalità. Anticipando di decenni il concetto di intelligenza emotiva, Carnegie spiegò che anche le persone comuni, prive di conoscenze tecniche o eccezionali doti intellettuali, potevano farsi strada migliorando le proprie abilità relazionali, perché la capacità di gestire bene le persone è più preziosa di tutte le altre messe insieme. Contrariamente agli stereotipi sulla società capitalistica cane-mangia-cane, dove la competizione spinge gli individui a calpestare il prossimo, Carnegie dimostrò invece che il successo arride a coloro che sanno maggiormente apprezzare gli altrui lati positivi, che riconoscono il valore degli altri, che hanno la capacità di cogliere la bellezza delle persone.
Un’efficace fusione di morale cristiana e capitalista si ritrova anche nelle opere di Norman Vincent Peale (1898-1993). Peale era un pastore protestante di idee politiche conservatrici (Ronald Reagan gli conferì la Medaglia presidenziale della libertà), celebre come oratore e predicatore. Nel suo libro di maggior successo, The Power of Positive Thinking (Come acquistare fiducia e avere successo) sottolinea con forza l’importanza della fiducia, dei pensieri positivi e della fede in Dio, negli uomini, in se stessi, nella vita. In tutte le vicende dell’esistenza, secondo Peale, vince sempre che crede di più. Gli Stati Uniti, per Peale, rappresentano il miglior esempio di un paese costruito da milioni di persone che credevano in una visione. Successivamente però anche il carattere degli americani è stato rovinato dalla mentalità socialistoide, e gli intellettuali, ai quali Peale riservava spesso critiche pungenti, avevano forti responsabilità nella diseducazione morale.
La stessa miscela di ottimismo, fiducia, morale cristiana ed esaltazione della libera impresa si ritrova nei libri di numerosi altri autori motivazionali americani. Napoleon Hill, uno dei maggiori scrittori motivazionali del mondo, è l’ideatore dell’Atteggiamento Mentale Positivo, metodo che ha aiutato milioni di persone a realizzarsi. Il suo libro più noto è Think and Grow Rich (Pensa e arricchisci te stesso).
Og Mandino era amico di Norman Vicent Peale e Napoleon Hill, e come loro trasmette un messaggio che invita a credere in se stessi. Nel libro Il più grande successo del mondo tratta i consueti temi del self-help sotto forma di storia ambientata in epoca neotestamentaria.
Zig Ziglar è l’autore di diversi libri, tra cui Ci Vediamo sulla cima, che si basa sulla convinzione che è possibile ottenere quello che si desidera, se si aiutano gli altri a fare altrettanto. È una lettura gradevole imperniata su solidi valori cristiani.
Di Robert Ringer si può leggere un bestseller degli anni Settanta, Looking for No. 1, che mostra ai lettori come evitare i sacrifici inutili e perseguire ciò che desiderano senza sensi di colpa; e Action! Nothing Happens Until Something Moves , che spiega l’importanza del vecchio adagio “Dio aiuta coloro che aiutano se stessi”.
Nathaniel Branden, discepolo e amante di Ayn Rand, ha contribuito invece ad avviare il movimento dell’autostima cercando di attuare in pratica la teoria filosofica dell’oggettivismo. In italiano è stato tradotto I sette pilastri dell’autostima.
Anthony Robbins è forse il guru assoluto della trasformazione personale. I suoi libri Come ottenere il meglio da sé e da altri e Come migliorare il proprio stato mentale, fisico, finanziario sono due bestseller della PNL, la programmazione neurolinguistica. La PNL si basa sulla premessa che possiamo controllare il nostro sistema nervoso in modo che le nostre risposte ed azioni, anche se apparentemente naturali, siano in realtà programmate; e che se ricaviamo un modello dalle azioni e dal comportamento delle persone di successo, possiamo raggiungere quanto meno i loro stessi risultati.
Brian Tracy è attualmente uno dei più apprezzati autori sul tema dell’efficienza personale. In italiano sono stati tradotti: Non fare lo struzzo! , dove insegna alcune tecniche per non rimandare la soluzione dei problemi, e Goal! , nel quale insegna ventun regole per centrare gli obiettivi con rapidità ed efficacia. Di recente ha pubblicato un libro fortemente influenzato dagli economisti della scuola austriaca, Something for Nothing, in cui denuncia le pretese insaziabili e fuori controllo di milioni di persone di ottenere qualcosa in cambio di niente. Questo processo corruttivo sta distruggendo gli individui, minando la società e minacciando il futuro stesso della civiltà. Le istituzioni, le politiche e leggi possono cambiare in meglio solo se prima c’è stata una corrispondente elevazione caratteriale degli individui. Per questo Tracy propone a tutti i lettori di sottoscrivere un “Giuramento di Responsabilità”, con il quale ci si impegna a dare un esempio di autodisciplina interiore.
Conclusioni
Per gran parte delle persone di oggi, abituate ad un modo di pensare rivendicativo e vittimista, le idee propugnate dalla letteratura motivazionale appaiono come dei residui di una mentalità troppo austera e sorpassata. Il legame tra libertarismo e self-help è però, almeno a livello sociologico, molto stretto, perché le istituzioni di una società libera rappresentano spesso l’incarnazione vivente delle virtù morali insegnate da questo genere di letteratura. È importante quindi concentrarsi non solo sulle strutture sociali, ma anche sulle precondizioni culturali che permettono alle istituzioni di una società libera di essere pienamente vissute e sostenute dagli individui. La letteratura motivazionale, da questo punto di vista, può giocare un importante ruolo educativo del carattere.