di MATTEO CORSINI
Come è noto, lo scorso fine settimana Luigi Di Maio è salito al trono del M5S, sbaragliando alle primarie la concorrenza di sette individui sconosciuti ai più. Qualora dopo le prossime elezioni politiche il M5S ricevesse l’incarico di formare il governo, Di Maio sarebbe il presidente del Consiglio incaricato (con buona pace di chi credeva di aver toccato il fondo con Renzi).
Capita, quindi, di leggere alcuni articoli nei quali sono indicate le linee guida di quella che (senza senso del pudore) viene definita “dimaionomics”.
Uno dei punti principali è ovviamente il cosiddetto reddito di cittadinanza, per il quale i proponenti sono convinti che, se finanziato aumentando il deficit di 15 miliardi, produrrebbe un incremento del Pil superiore a quella cifra. Fin qui siamo al tanto noto quanto mitologico moltiplicatore keynesiano, che non si sa bene per quale motivo dovrebbe funzionare con il M5S non avendo mai funzionato con tutti gli altri.
Ma ecco cosa propone la deputata Laura Castelli: lo “Stato innovatore”, probabilmente ispirato al filone statalista che fa capo, tra gli altri, all’economista Mariana Mazzucato. Aggiunge Castelli: “Basta con la lotta tra gli statalisti e i liberisti”.
Come no: gli statalisti continuerebbero a stravincere senza dubbio.
5stelle si presentarono per far saltare governi e sistema.
Ora si stanno preparando per sedersi alla greppia.
Non mi attendo alcuna innovazione incisiva da costoro.
Ho letto il programma, ed è infarcito di statalismo, centralismo, giustizialismo.
Non ha alcun richiamo liberale.
Superati ed inefficaci.
L’unica cosa positiva dei 5 stelle è che una loro eventuale salita al potere potrebbe dare una bella accelerata al collasso del sistema statalista dalle cui ceneri forse poter, finalmente, ripartire verso una direzione libertaria. O almeno spero…