di MATTEO CORSINI
I vertici dell’Agenzia delle entrate sono stati in udienza dal Papa, secondo il quale la tassazione “è segno di legalità e giustizia. Deve favorire la redistribuzione delle ricchezze, tutelando la dignità dei poveri e degli ultimi, che rischiano sempre di finire schiacciati dai potenti. Il fisco, quando è giusto, è in funzione del bene comune. Lavoriamo perché cresca la cultura del bene comune, perché si prenda sul serio la destinazione universale dei beni.”
Dal canto suo, Ernesto Maria Ruffini, capo dell’Agenzia, ha detto: “Con il nostro lavoro di ogni giorno raccogliamo quelle risorse che consentono a tutti noi cittadini di vivere insieme, cercando di non lasciare indietro gli ultimi, i più poveri, i più piccoli, i più indifesi. Risorse che ci permettono di essere una comunità e di andare incontro al prossimo.”
Pare, quindi, che la tassazione sia uno strumento per fare il bene al prossimo, mediante la redistribuzione della ricchezza.
Credo che per condividere un punto di vista del genere sia necessario avere una pessima considerazione dei propri simili. E’ infatti evidente che la gran parte delle persone non ritiene piacevole pagare le tasse, anche quando non ha motivi etici di contrarietà alla tassazione.
Significa che alla gran parte delle persone non importa nulla del bene dei propri simili? Parrebbe di no, come dimostrano le tante iniziative benefiche private, non solo in occasione di catastrofi.
Evidentemente anche chi non ritiene che la tassazione sia ingiusta in quanto violazione del principio di non aggressione, considera sgradevole essere costretto a dare allo Stato somme più o meno consistenti di denaro senza avere peraltro alcun reale potere decisionale in merito alla destinazione delle stesse. Anzi, spesso non condividendo l’utilizzo di quelle somme da parte dello Stato.
Come si possa definire “giusta” l’imposizione di queste dazioni resta per me un mistero. A rigor di logica potrebbero essere giuste solo nel caso in cui le somme oggetto di tassazione avessero origine illegittima. Ma non può essere questo il caso, quanto meno a livello generale.
D’altra parte, se si intende difendere qualcuno affinché non sia “schiacciato dai potenti”, occorre stabilire in primo luogo a cosa ci si riferisce. Se lo “schiacciamento” è un’azione in violazione del principio di non aggressione, non può essere la tassazione lo strumento giusto. D’altra parte, se non vi è una provata violazione del principio di non aggressione, la ricchezza di per sé non dovrebbe essere considerata una colpa.
Per chi ritiene che non vi sia alcuna controindicazione etica, andrebbe per lo meno dimostrato a livello empirico che dove c’è più tassazione “gli ultimi, i più poveri, i più piccoli, i più indifesi”, per usare le parole di Ruffini, restano meno indietro che altrove.
Dubito che tale dimostrazione sarebbe fattibile, anche per un mago del cherry picking.
Non c’è una singola cosa con cui io sia d’accordo con questo Papa, che continua ad entrare pesantemente in ambiti che non sono i suoi, quelli temporali. Se date ancora importanza a queste cose, disertate le chiese e fatevi protestanti, possibilmente valdesi, se no semplicemente disertate le chiese in buona compagnia, visto che ormai nelle messe, con preti stranieri, perché nessuno in Europa fa più il prete cattolico, ci vanno solo le vecchiette.
Già
Non condivido l’idea che un pontefice non possa occuparsi di affari temporali e che tali affari non siano di sua competenza. Il problema è che se ne occupa male. Basterebbe che rileggesse Tommaso D’Aquino e Agostino d’Ippona per evitare di dire idiozie. Il guaio non è che non li conosca ma che non li mette in pratica. Il fisco giusto non esiste, è come se dicesse che il pizzo mafioso è giusto se non oltrepassa una determinata cifra. Non si rende conto. o vuole lasciarcelo credere, che è il principio in sé a essere sbagliato e non l’entità della cifra. Il titolo dell’articolo è sbagliato: non “ci mancava”, primo perché non ne sentivamo la mancanza; secondo perché l’aveva già detto in passato. Questo è un pontificato inutile, come il primo settennato dell’attuale presidente della repubblica italiana (rigorosamente tutto in minuscolo). Immagino, forse sbagliando, che il settennato successivo sarà ancora più inutile.