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Come (non) combattere l’inflazione dei beni alimentari

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di MATTEO CORSINI

Per coloro i quali ritengono che i soldi degli altri siano una fonte pressoché inesauribile dalla quale attingere ogni volta che una buona causa (buona a loro giudizio, ovviamente, anche se la presentano come una causa oggettivamente buona) lo giustifichi, l’intervento dello Stato per rendere gratuito qualche bene o servizio rappresenta sempre la soluzione ideale.

Capita così di leggere che per abbassare i prezzi dei generi alimentari la soluzione sia rendere ovunque i pasti delle mense scolastiche gratuiti per tutti gli alunni, a prescindere dal reddito delle famiglie. Lo fa, per esempio, Kathrin Edwards in un articolo in cui parte ricordando che una delle principali preoccupazioni delle famiglie americane è la crescita dei prezzi dei generi alimentari, che negli ultimi quattro anni è stata di 20 punti percentuali. Il che rappresenta una crescita superiore alla media dei prezzi al consumo, oltre a una non trascurabile erosione del potere d’acquisto.

E allora cosa fare? Di certo non prendersela con la politica monetaria della Fed degli anni scorsi, men che meno con l’amministrazione Biden (guai a gettare ombre sulla vicepresidente Kamala Harris nella sua corsa alla Casa Bianca). Basta pescare un paio di studi accademici che dalle correlazioni tra dati individuano nessi causali, giusto per ammantare di scientificità la proposta, per asserire che “meno pranzi preparati a casa significa meno bisogno di comprare alimentari nei negozi, e meno domanda nei negozi significa prezzi più bassi”. Oltre al miglioramento delle performance degli studenti, e non solo quelli provenienti da famiglie povere. Quindi la gratuità andrebbe estesa a tutti, a prescindere dal reddito familiare.

Si potrebbe ipotizzare che le scuole, avendo maggior potere contrattuale, possano in effetti ottenere prezzi inferiori, il che potrebbe abbassare il livello medio. Eppure estendendo la logica del ragionamento, si dovrebbe arrivare a centralizzare tutti gli acquisti, in stile socialista. E in un sistema perfettamente socialista i prezzi non sarebbero più un indicatore attendibile della reale domanda e offerta dei beni.

Per di più, non è affatto detto che “come politica sociale, pasti scolastici gratis sia difficile da contestare”. E’ contestabile e come. Non si tratta di un pasto gratis, perché qualcuno (i pagatori di tasse locali) il conto di quei pasti lo paga. Si potrebbe dire che le famiglie ricche pagherebbero comunque indirettamente, con maggiori tasse, quei pasti. Ma resterebbe il fatto che le famiglie ricche pagherebbero a prescindere dalla fruizione o meno del servizio, che di fatto è riservato agli alunni delle scuole in questione.

Il tutto, è bene ricordarlo, con l’obiettivo di abbassare l’inflazione dei beni alimentari. Pare proprio che a livello di fallacie economiche non ci sia limite al peggio.

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