di MATTEO CORSINI
Sono da tempo convinto che uno dei punti di debolezza insiti in molti tentativi di difesa del libero mercato consista nel fare appello esclusivamente ad argomentazioni sull’inefficienza dell’intervento dello Stato, soprattutto con riferimento all’Italia.
Non che non si tratti di argomenti condivisibili, né che si possa contestarne l’autoevidenza. Tuttavia, credo che avesse (anche in questo) ragione Murray Rothbard quando sosteneva che la difesa del libero mercato non possa essere efficace se non basata su principi etici. In questo Rothbard era critico perfino di Ludwig von Mises.
Ecco trovo sostanzialmente fallimentari, quando mi imbatto in una critica dell’intervento statale in cui si premette di non essere contrari “in linea di principio”.
Perché delle due l’una: o si fa quella premessa perché si teme di esprimere un punto di vista non politicamente corretto, cosa che può anche avere spiacevoli ripercussioni personali soprattutto se s
Se è vero che è meglio morire liberi che sopravvivere come schiavi, poco interessa ascoltare chi blatera di un supposto maggior benessere materiale di sopravvive come schiavo dello Stato
concordo
Borse drogate da false informazioni statali, emissione di moneta in eccesso, abbandono dell’oro come controvalore monetario, proibizionismo, intervento nella prima guerra mondiale, assenza di reale opposizione a tutto questo da parte repubblicana… Gli stati Uniti non sono più liberisti da prima della grande depressione, quanto meno dalla presidenza Wilson. Ma su alcuni aspetti anche da prima, forse dal 1866.
Anche a me pare così Alessando. Già nei tempi che precedono la guerra civile sono stati compromessi e corrotti gli umili auspici di quel nuovo mondo. Tutto cambia una volta che è stato incautamente inoculato il lievito a lenta fermentazione dell’arroganza cognitiva, sostanza indispensabile ad ogni uomo che ambisca a vivere di decisioni politiche.