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Con l’elettrico i contribuenti finiscono fuori strada

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di MATTEO CORSINI

Tra coloro che scrivono di transizione verso l’elettrico nel settore auto, l’attuale contesto è visto da punti di vista diametralmente opposti. Per chi non ha il paraocchi e un atteggiamento pregiudizialmente favorevole all’elettrificazione forzata, costi quel che costi, è evidente che la domanda da parte di chi compra automobili non sia sufficiente a giustificare la transizione accelerata.
La tecnologia disponibile non consente, infatti, di consegnare al compratore un prodotto competitivo in termini di prezzo, autonomia, tempi di ricarica e durata utile della vettura. Togliendo le code della distribuzione – ossia quelli che si sentono Greta Thunberg e passerebbero all’elettrico a prescindere (solitamente hanno anche il budget per farlo) e quelli che non sopportano l’idea di guidare un elettrodomestico con le ruote, anche se costasse poco (disclaimer: sono tra costoro) – l’automobilista mediano ne fa una questione di convenienza relativa. E questo rende ancora le auto a combustione interna preferibili, anche se non sussidiate dai soldi dei pagatori di tasse.
Ma tra chi scrive c’è anche chi vorrebbe che tutto il parco auto fosse elettrico domani mattina e prova disagio di fronte alle diverse scelte dei consumatori e alle perplessità di alcune case automobilistiche. Tra costoro c’è David Fickling, che scrive su Bloomberg Opinion e paventa il rischio che i costruttori “stiano andando fuori strada“.
Il tutto perché investono miliardi nell’elettrificazione, ma le vendite languono e il conto economico è sostenuto dai modelli a combustione interna. Nessuna casa automobilistica è palesemente contraria all’elettrificazione, perché sarebbe politicamente suicida. Però un giorno sì e l’altro pure battono cassa ai governi di tutto il mondo per ottenere (o mantenere) un regime di sussidi che dia sostegno a una domanda che sarebbe altrimenti insufficiente.
La stessa crescita, per esempio in Europa, delle immatricolazioni di ibride alla spina è per lo più riconducibile alla necessità di darsi una tinteggiata di verde da parte delle aziende con le flotte in dotazione ai dipendenti. Sarebbe però doveroso rilevare che buona parte delle persone a cui è assegnata l’auto aziendale ibrida alla spina, circola per lo più a benzina. E non serve essere un bambino prodigio per capire perché.
Le case automobilistiche rischiano certamente di andare fuori strada, ma la certezza è che fuori strada ci andranno i pagatori di tasse, costretti a supportare, volenti o nolenti, una transizione che non ha alcun senso di mercato e, per di più, non risolve nessun problema (vero o presunto) ambientale.

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