Quella che segue è solamente un’indagine giornalistica che vuole stimolare la riflessione degli spiriti indipendentisti più autentici, e nulla ha da dire agli “Zio Tom” o ai collaborazionisti già ampiamente descritti in questo giornale.
È necessario prendere atto che i principali riferimenti per l’indipendentismo – qui indicati senza una precisa gerarchia – sono:
1 – La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (QUI)
2 – La guida pratica su criteri di ammissibilità e le condizioni per un ricorso alla Corte (QUI)
3 – Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (QUI)
4 – L’Alto Commissario per le minoranze Nazionali (OSCE)
5 – L’ONU, prima attraverso il Consiglio di sicurezza (Articolo 34 della Carta delle Nazioni Unite [Capitolo VI]. Successivamente attraverso gli altri organismi ONU, tra i quali la Corte mondiale, conosciuta anche come International Court of Justice, (ICJ), che è il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, con sede all’Aia, nei Paesi Bassi.
Ciò premesso, supponiamo che un gruppo politico avesse già esaminato e deliberato su una serie di documenti atti a prefigurare un nuovo assetto istituzionale per un’area geografica determinata: Lombardia, Veneto, Sicilia, Sardegna o altro. Escludiamo il ricorso a referendum consultivi che sappiamo benissimo non hanno valore deliberativo. Ed eliminiamo anche ogni altra ipotesi di adire alle istituzioni di quello Stato italiano dal quale gli indipendentisti vogliono affrancarsi. Diamo per scontato che tale gruppo politico abbia agito sul proprio territorio con azioni culturali ed informative circa l’ipotesi d’indipendenza dell’area di sua competenza.
Quali argomentazioni allora si potranno addurre affinché la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo prenda in esame il caso e deliberi di conseguenza? Di seguito daremo alcune indicazioni non esaustive:
- A differenza di molte altre Costituzioni, quella italiana non fu mai approvata dal popolo. Qui abbiamo pubblicato una lista (parziale) delle Costituzioni votate dal popolo [QUI].
- L’articolo 1, Comma 2, di detta Costituzione dichiara la sovranità del popolo, ed i limiti che enuncia riguardano solo la forma democratica e repubblicana.
- La sovranità popolare è tuttavia preclusa da importanti articoli. Uno per tutti (per non dilungarci) l’articolo 75 non consente referendum su leggi tributarie, di bilancio, di amnistia, di indulto, di autorizzazione o ratifica di trattati internazionali.
- La sovranità popolare è preclusa anche dall’articolo 71, poiché l’iniziativa delle leggi non ha una regolamentazione. Sono circa 650 le iniziative (tutte corredate delle 50.000 firme richieste) che giacciono inevase in Parlamento.
- Innumerevoli sono i referendum votati e disattesi o aggirati dal Parlamento.
- L’Articolo 67 non consente una rappresentanza effettiva, né il rispetto dell’elettore, giacché il parlamentare esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato, e sono decine e decine – via via nel tempo – i parlamentari che eletti in un partito e con un determinato programma, hanno poi cambiato partito e programma.
- Anche l’Articolo 138, Comma 3, appare come una chiara elusione della sovranità popolare, poiché con una votazione di ciascuna Camera a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, non consente alla “popolo sovrano” di intervenire sulle leggi di revisione costituzionale.
- La Corte costituzionale con sentenza 1/2014 ha dichiarato illegittimi numerosi attuali Ne consegue che anche i due ultimi Presidenti della repubblica, eletti da tali parlamentari, sono illegittimi.
- Illegittimi, per le ragioni di cui sopra, gli ultimi tre Presidenti del Consiglio dei ministri; mai eletti dal cosiddetto “popolo sovrano”.
- L’autodeterminazione (per mezzo della corretta interpretazione dell’Articolo 10 della Costituzione, e Leggi ad esso combinate) è chiesta inoltre per:
- tutelare la libertà attraverso più efficaci strumenti democratici;
- per garantire la libertà dei media (oggi l’Italia è al 73° posto);
- per sottrarsi a una ridistribuzione discriminatoria del gettito fiscale;
- per aumentare l’efficienza della Pubblica amministrazione;
- per la salvaguardia della cultura autoctona;
- per rettificare le ingiustizie del passato. A quest’ultimo proposito si vedano le vicende storiche della Repubblica di Venezia.
È chiaro che potremmo andare avanti a lungo, ma riteniamo questo un compito da affidarsi più a un gruppo di specialisti formato da storici, costituzionalisti, economisti e giuristi, che non ad un esame di tipo giornalistico come questo.
Di contro i danni sono certi e verificabili. Senza farla tanto lunga, anche qui, basti il comportamento vessatorio e persecutorio di organismi come Equitalia, con il loro strascico di suicidi materializzati per l’impossibilità di far fronte alle pretese fiscali. Quindi per opporsi all’appropriazione illegittima.
Da ultimo, ma non ultimo, si potrebbe attivare una sorta di “soccorso internazionale indipendentista”. Laddove il gruppo di esperti più sopra indicati è autoctono e istruisce la vertenza, ma a sostenerla in sede di Corte Europea ed altri organismi internazionali sono chiamati, per esempio: avvocati catalani a difesa delle rivendicazioni venete; avvocati veneti a difesa dei fiamminghi, avvocati tirolesi a difesa dei baschi, e così via di seguito. Questo, perché il potere e quello che è sotto le più diverse latitudini.
Al di là della magniloquenza della Convenzione; va osservato che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non è propriamente un “giudice terzo”. Tuttavia, sia nel caso di rigetto dell’istanza, che nel caso di una condanna dello Stato italiano, ed in assenza di un consenso specifico all’autodeterminazione, i ricorrenti avrebbero ogni titolo per adire all’ONU e sue emanazioni, come a sededere sic et simpliciter.
S’intende che l’argomento, per la sua vastità e complessità, non si esaurisce qui. Il nostro lavoro è informare, sollecitare e stimolare. Agli spiriti sinceri accettare la sfida. Che non può essere raccolta se manca del tutto un consenso democratico ad un nuovo e innovativo progetto istituzionale, perché l’autogoverno non consiste nel cancellare tutte le preesistenti strutture della società, sostituendovi di punto in bianco quelle concepite (senza alcun collaudo ed esperienza) dalla propria ideologia; ma nell’applicare riforme incalzanti e graduali, tali da non inceppare i meccanismi produttivi che tra l’altro, assicurano al popolo il pane quotidiano e al paese l’indipendenza.
Capisco che Indipendenza Veneta non vi piaccia, ma leggetevi il libro di Morosin.
Non concordo comunque sull’inutilità del referendum. Non serve invinfatti a deliberare ma a mostrare la volontà del popolo. Di conseguenza si deve muovere la volontà politica. Senza la volontà del popolo non avrebbe senso parlare di autodeterminazione. Che non si chiede. Si esercita.
Questo è il libero pensiero di un collaboratore del MiglioVerde, così come altri collaboratori hanno espresso apprezzamento per Indipendenza Veneta, oppure come MiglioVerde ha scritto del libro di Morosin.