Nel mondo degli indipendentismi padani appare sempre più razionale la credenza che le competizioni elettorali rappresentino un ostacolo al raggiungimento dell’indipendenza dei popoli; e che le battaglie per la libertà dei territori contro il loro naturale nemico, lo stato italiano, non si concludano nella ricerca del consenso elettorale ma richiederanno ribellione e disobbedienza civile.
Le varie forme di autonomia proposte dalla Lega Nord si sono rivelate null’altro che promesse elettorali. La neonata “macroregione alpina” non sostituisce gli stati-nazione e non rappresenta un ostacolo all’occupazione del Veneto e delle altre regioni che patiscono l’oppressione fiscale, culturale e politica esercitate dallo stato italiano. Nascono in continuazione nuove organizzazioni politiche indipendentiste che finiscono puntualmente imbrigliate nell’inestricabile selva dello stato italiano, dalla quale ne escono italianizzate.
Talvolta i capi della Lega Nord e dei piccoli partiti indipendentisti giustificano la loro manifesta timidezza verso lo stato italiano dicendo che il popolo non è pronto ad ingaggiare una lotta vincente contro l’Italia. Dicono che la gente si limita ad esprimere la propria indignazione sui social network, scrivendo e lamentandosi. E’ vero, ma la responsabilità di questo stato di cose è dei medesimi capi, non del popolo che attende.
Restano al coperto, nascosti all’ombra dei fitti boschi alpini, confusi nelle nebbie padane, mimetizzati tra milioni di persone che abitano la nostra immensa città gli eroi, i paladini dell’indipendenza, i condottieri coraggiosi. Sono loro che abbatteranno le mura del castello italiano; sono loro che guideranno le rivolte, sono loro che libereranno i popoli, che restituiranno l’indipendenza perduta, che travolgeranno l’apparato burocratico che sfrutta i produttori e nega loro la meritata prosperità. Ridesteranno dignità e fermezza nell’animo nobile della gente per bene. Sono loro, ancora per poco silenti, che alzeranno lo sguardo dei nostri timidi e fiacchi politici assoggettati moralmente, sapientemente ingannati, viziati, intimoriti dall’idea della rivolta. I nostri politici alzeranno lo sguardo e finalmente vedranno nella loro paura e nella loro furbizia i veri ostacoli alla nostra libertà; porgeranno ascolto alle gesta dei ribelli e ricorderanno che c’è un tempo per la mediazione ed un tempo per la minaccia, un tempo per guerra ed un tempo per la pace.
Descriverò episodi che dimostrano che non tutte le persone sono come i capi le descrivono e che capita sempre più spesso che ci si ribelli allo stato italiano. Qui prenderò in esame quanto accaduto a Sarezzano, in provincia di Alessandria, dove cinquanta persone hanno costituito per qualche settimana un servizio gratuito di vigilanza apertamente osteggiato dallo stato italiano. Ad una prima parte descrittiva, intitolata “La competizione per il controllo del territorio”, seguirà una più analitica intitolata “L’azione collettiva contro lo stato” (SECONDA PARTE DI QUESTO ARTICOLO).
Il caso di Sarezzano non è isolato ed è interessante perché esemplare illustrazione della competizione per il controllo del territorio e la difesa della proprietà privata.
Tanti altri esempi di disobbedienza contro lo stato italiano potrebbero essere oggetto di interesse per i movimenti dell’indipendentismo libertario; l’analisi quasi sempre dimostra che l’insorgenza di ribellione, disobbedienza e rivolta non dipende dal carattere di un popolo (i popoli non hanno un carattere, hanno abitudini, tradizioni, istituti, norme sociali diffuse) ma dalla diffusa percezione dell’urgenza di un problema e dall’attività dei promotori, ovvero dalle opportunità offerte ai potenziali partecipanti.
A questo proposito possediamo, oramai, informazioni utili a farci riflettere sulla necessità di sviluppare opportunità concrete di ribellione: i risultati dei sondaggi d’opinione dicono che se si conteggiano gli indifferenti l’indipendenza è una prospettiva gradita alla maggioranza delle persone nel nord Italia (da qui il recente incremento di pubblicità tricolore in televisione), i piccoli partiti indipendentisti votati alla competizione elettorale non ottengono risultati apprezzabili, cresce il movimentismo indipendentista ed il numero di persone per bene che manifestano sempre più spesso il semplice fatto che il limite di sopportazione è stato superato. Assorbire tutto questo fermento è per lo stato italiano, un’impresa che richiede una crescente quantità di risorse, peraltro sempre più inefficaci.
La competizione per il controllo del territorio
Si sono moltiplicate, nel corso degli ultimi anni, le iniziative di cittadini che si organizzano più o meno liberamente per controllare territori, piccoli paesi o quartieri difficili nelle città, flagellati da bande di ladri che profittano dell’inefficienza delle forze dell’ordine italiane.
Si tratta di esperienze molto differenti le une dalle altre, accumunate dall’urgenza. Iniziative che, indipendentemente dalle intenzioni dei promotori e dei partecipanti, sottolineano l’inefficienza dello stato italiano.
Reazioni diverse
Ci sono casi come quello di Villard Dora, in Val di Susa, dove il promotore, Giorgio Baratta, pur avendo sin dall’inizio precisato che le ronde dovevano essere intese come un supporto dato alle forze dell’ordine, si è visto in un primo momento stigmatizzare l’iniziativa dal sindaco del paese, dal prefetto e dai carabinieri di Rivoli. Nel paese vicino, a Condove, analoga iniziativa di “Vigilanza attiva di vicinato” ha invece ricevuto il plauso di tutti, soprattutto dei cittadini, puntualmente informati e coinvolti in assemblea. Casi come quello di Albenga dove un’applicazione per smartphone, gratuita ed accessibile a tutti gli abitanti che ne richiedevano l’uso, ha suscitato l’entusiasmo di cittadini e, poi, anche quello dei funzionari dello stato italiano.
L’interazione dei soggetti coinvolti
La differenza delle reazioni può essere, in parte, fatta risalire al modo in cui i soggetti coinvolti promettono di interagire con i funzionari dello stato italiano. Un sindaco può preoccuparsi della sua popolarità, minata dai promotori, potenziali competitori meno statalisti e più attenti al bisogno di sicurezza dei cittadini; il prefetto dovrà valutare le iniziative spontanee soprattutto in funzione delle conseguenze per lo stato italiano, ovvero della relazione che nell’opinione pubblica si avvertirà tra sicurezza e stato; i rappresentanti delle forze dell’ordine potranno vedere ridotta la loro autorevolezza, smascherata la loro inefficacia o potranno beneficiare della cooperazione degli abitanti; gli abitanti saranno più sicuri ma vedranno insistere sul territorio nuovi soggetti, con i quali intrattengono quotidiane relazioni che possono essere fondate sulla simpatia o sull’antipatia, sulla fiducia o sulla diffidenza o sull’indifferenza. Dovranno in ogni caso sopportare le ricadute immediate della competizione, se di competizione si tratta, tra lo stato italiano ed i nuovi soggetti.
Divergenza di interessi prioritari e negoziazione
Ma, indipendentemente dalle varie situazioni che si vengono a creare, tutti i casi manifestano una divergenza di interessi prioritari tra stato e cittadinanza. E’ la divergenza di interessi prioritari che genera i movimenti spontanei dei cittadini e che fa emergere quella necessità di coordinamento che preoccupa i funzionari dello stato, che intervengono, cooperando o in termini palesemente conflittuali, con lo scopo di conservare per se stessi l’esclusiva del controllo del territorio.
L’interesse prioritario dello stato italiano è quello di affermare il monopolio della violenza e con esso il controllo del territorio. L’interesse prioritario dei cittadini è quello di incrementare la qualità dell’abitare il territorio, quindi, in primo luogo, assicurare l’inviolabilità della proprietà privata.
Correttezza delle spiegazioni e ribellione
I comportamenti e le interazioni tra soggetti, individuali e collettivi, che abbiamo visto e che verranno descritte con più precisione esaminando il caso particolarmente interessante di Sarezzano, letti alla luce di quanto qui sopra ricordato possono offrire al mondo indipendentista degli utili spunti di riflessione, ovvero motivi di critica ad opinioni più o meno diffuse e certamente sbagliate: una su tutte la convinzione che all’annosa domanda sul perché i popoli padani non si ribellino allo sfruttamento economico ed alla mortificazione culturale, si debba rispondere dicendo che i popoli padani sono inclini all’ignavia. Più che una risposta corretta, questa, è una reazione individuale all’inazione che riguarda, per mancanza di opportunità o per convenienza, tanti potenziali ribelli. Ed è la falsa e conveniente argomentazione di chi preferisce in ogni caso rappresentare o immaginare un popolo piuttosto che rischiare di liberarlo dalle catene dello stato italiano.
Gennaio 2015, Sarezzano (AL)
Interessante, si è detto, il caso di Sarezzano, in provincia di Alessandria. Nel gennaio del 2015, dopo un lungo mese di furti rimasti puntualmente impuniti, un mese durante il quale, raccontano gli abitanti del paese, le forze dell’ordine italiane avevano assunto loro malgrado il ridicolo ruolo di certificatori dell’avvenuto reato, cinquanta abitanti si organizzano e, di notte, pattugliano il paese e le strade adiacenti. Non è, per Sarezzano, un’esperienza completamente nuova. Già cinque anni prima, a seguito di un’analoga ondata di furti, una parte della cittadinanza si era mobilitata per difendere il territorio.
La prima ridicola reazione dello stato italiano
Il sindaco non si pronuncia sull’iniziativa. Cinquanta adesioni su un migliaio di abitanti sono un bel numero: i partecipanti riescono a controllare il territorio efficacemente ed i furti si interrompono.
Interessante osservare il comportamento dei funzionari di stato di vario ordine e grado. Inizialmente, quando sembra non esserci più argine ai furti, la popolazione viene dai suddetti invitata ad informare su situazioni sospette e a dotarsi di tecnologie antifurto adeguate: le forze dell’ordine fanno pubblicità alle imprese di vigilanza privata di Tortona (dove lavorano degli ex carabinieri) che poco possono a causa della distanza che separa Sarezzano dalla città.
La seconda minacciosa reazione dello stato italiano
In un secondo momento il successo delle ronde spontanee, che rispondono solo ai loro promotori e non collaborano con le forze dell’ordine, getta nello sconcerto lo stato italiano, che manifesta, attraverso tutti i suoi più autorevoli rappresentanti, ferma contrarietà alle iniziative dei cittadini. La minaccia dello stato appare ora credibile, ma i soggetti a cui viene rivolta sono quelli sbagliati: le persone oneste. Lo stato italiano ora non corre soltanto il rischio di essere smascherato nella sua inefficienza contro il ladri, ma anche quello di suscitare la rabbia di un intero paese. Perché i cittadini, intimoriti dallo stato italiano, smettono temporaneamente di controllare il paese ed i furti riprendono.
Lo stato alla ricerca di un episodio riabilitante
Un episodio offre, ai funzionari di stato, l’occasione per contrattaccare. Due ragazzi, colpevoli di aver seguito un’auto sospetta, vengono accusati di aver quasi provocato un incidente e portati in caserma. A questo punto i carabinieri dichiarano che “certe iniziative, pur in buona fede, possono rivelarsi pericolose”. Già perché nel frattempo, anche in un paese vicino, a Villalvernia, i cittadini si stavano organizzando, questa volta in via preventiva. I giornali riportano in bella evidenza la notizia che i fermati rischiano una denuncia per violenza privata. Non potendo spaventare i ladri, lo stato se la prende con le ronde: gli abitanti del paese non sanno più che dire e cosa pensare.
Come sono andate le cose
A proposito dell’inseguimento i giornali locali scrivono: “L’altra notte i militari sono intervenuti per salvare due amici da altri giovani che giravano in auto tra Sarezzano e Montegioco per scovare qualche malintenzionato in cerca di abitazioni da svaligiare”. In realtà le ronde in auto, suonando il clacson, avevano invitato a fermarsi l’auto sospetta con a bordo i due. Quando questa aveva tentato la fuga i ragazzi avevano pensato che si trattasse di un ladro. In pochi minuti erano giunti i rinforzi: un esempio di efficienza e solidarietà gratuita. Gli incolpevoli fuggitivi non rimediarono altro che un bello spavento, che poteva essere evitato semplicemente rispondendo all’invito di fermarsi o in ogni caso comportandosi in modo da non destare sospetti.
La gaffe dei carabinieri
Qualche giorno prima erano stati, invece, proprio i carabinieri ad inseguire un’auto di ronda, perché il modello, una Golf, era identico ad un’auto rubata. Il comandante dei carabinieri di Tortona, la città più vicina, aveva aggiunto a quanto già detto: “Certe iniziative creano situazioni di apprensione ancora maggiore, considerando che si ostacola e si complica il lavoro delle forze dell’ordine”. Ma in paese ci si era ormai convinti che ad intralciare il buon lavoro contro i ladri fossero i carabinieri.
Ritorna la calma, ne approfitta lo stato
Di ladri in giro però, grazie alle ronde che erano tornate ad operare nonostante le minacce dello stato italiano, a Sarezzano non ce n’erano più. Ritornata la calma, la paura dei cittadini lentamente andava scemando. Tuttavia la minaccia dello stato ancora gravava sui ragazzi che in buona fede avevano offerto un servizio gratuito ed efficiente, facendo ciò che lo stato italiano non può fare. E’ una minaccia che, quando ancora si era nel culmine degli eventi, aveva generato disappunto e rabbia: a questo punto però la maggioranza delle persone voleva ritornare alle faccende quotidiane sgravata dal peso di dover sostenere pubblicamente avversione e contrarietà verso tutti i funzionari dello stato (alcuni dei quali abitano a Sarezzano).
Per la maggioranza delle persone, quella stessa che aveva condiviso l’iniziativa delle ronde ma non aveva partecipato direttamente, continuare a sostenere le ragioni delle ronde stava diventando socialmente troppo costoso. Non si trattava più, ora, della propria casa e delle proprie cose che possono finire nelle mani dei ladri. Ora si trattava di salvaguardare la propria pacifica adesione all’istituzione obbligatoria: lo stato italiano.
CONTINUA…
Ottimo articolo. “la responsabilità di questo stato di cose è dei medesimi capi, non del popolo che attende” sono d’accordo a l101%!!!!!!!
Complimenti ad Alessandro Morandini per questo interessante articolo che ci fa conoscere alcune esperienze locali di gestione privata della sicurezza (un tema importante per i libertari e gli indipendentisti), ovviamente osteggiate da uno Stato che ha paura di rivelare la propria clamorosa inefficienza e la propria manifesta inutilità.