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Crederci sempre, crederci ancora: un messaggio di fine anno a tutti gli indipendentisti

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di PAOLO L. BERNARDINI

Quest’anno deve concludersi con una nota di ottimismo. Javier Milei ci ha insegnato tante cose, compreso il fatto che la macchina diabolica dello Stato può essere demolita, o quantomeno indebolita, anche agendo dall’interno.

Nella sua Argentina, paese federale da metà Ottocento, non si pone – almeno per ora – il problema dell’indipendenza delle sue componenti. Anzi, forse vista la piega presa dalle cose non sarebbe neppure positiva. In Italia il problema si pone, eccome. Se si considerano almeno tre decenni di stagnazione, la crisi demografica, il divario crescente tra Sud e Nord, ma soprattutto lo scarso risultato di politiche inflazionistiche europee e “soccorsi” di ogni tipo, potremmo vedere facilmente una crisi radicale all’orizzonte. Non che ce l’auguriamo, naturalmente.

La spada di Damocle del debito pubblico continua a pesare. La povertà crescente e diffusa anche. L’emigrazione verso lidi più fortunati dei colletti bianchi pure. Quanti miei studenti dotati vedo ogni anno prendere la strada dell’estero! Anche pochi chilometri, la Svizzera è lì.

Eppure, lavoro in una piccola università. Sono tutti “mala signa”. A metterli insieme, si rabbrividisce guardando il quadro che ne esce. L’Italia ha forze intellettuali, morali, personali, “nazionali” – nel senso dei vari popoli che la compongono, dai sardi ai lombardi, dai siciliani ai veneti – che potrebbero sprigionarsi nel modo migliore se venti regioni diventassero venti stati, liberi poi di confederarsi “a spot” , su questioni particolari, possibilmente occasionali, ma magari anche strutturali (in modo soft, quello che personalmente consiglio: un’unica nazionale di calcio, ad esempio). Altrimenti il declino proseguirà. Sarà lungo, doloroso, ma ad un certo punto inarrestabile, come accade per la progressiva decadenza dei corpi animali, quando giunge la fine.

Esiste un serio partito indipendentista che si presenti alle regionali del Veneto? Prima domanda concreta. Occorre crederci, “against all odds”. Oppure, esiste di converso una grande gioia nella rassegnazione, quella che fa morire molti col sorriso sulle labbra. “Stasis” è parola greca che significa tante cose, ma soprattutto il processo del marcire. Da quando l’Italia non cresce? Certamente in un contesto complesso possono crescere ricchezze individuali, apparire “nuovi ricchi” , ma nel momento in cui – purtroppo – si ha a che fare con un collettivo, e il collettivo in questo caso si chiama “stato- Italia” , ebbene la valutazione avviene sul collettivo stesso, non su alcune sue singole componenti. E la valutazione è negativa.

Altro è vero per collettivi assai più ampi e complessi, come gli Stati Uniti: ebbene, la loro crescita è costante, e fa il paio con la costanza con cui cresce la loro popolazione. Economia e demografia vanno a braccetto, se la crescita è armonica moderatamente, ma costantemente, cresce anche la popolazione.

Qualcuno potrebbe opporre al discorso indipendentistico quello…argentino! E anche da una prospettiva libertaria. Perché se Milei sta agendo in questo modo in Argentina, non viene fuori un Milei italiano che faccia lo stesso da noi? E senza cambiare confini? Credo che sia impossibile, poiché si troverebbe un mostro di spesa e debito pubblico non paragonabile a quelli – pur vasti – dell’Argentina. 2,1 trilioni contro 434 milioni. Questo per il debito. Per la spesa le proporzioni sono le stesse.

In attesa di vedere i miei studenti scegliere l’Argentina tra le loro mete, mi permetto di invitare tutti gli indipendentisti a non deporre le armi. A crederci ancora. Per chi come me sia solo, è un onere morale grande, ma soprattutto intellettuale. Per chi abbia dei figli e dei nipoti, è questione di vita o di morte.

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