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“credit”, la moneta unica mondiale per un illusorio azzeramento dei debiti

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bancordi MATTEO CORSINI

“Ed ecco il punto: personalmente ritengo fattibile l’azzeramento dei debiti sovrani nella fase di passaggio dalle vecchie monete, cioè dollaro, euro, sterlina, yen, a quella nuova, chiamiamola credit. Prima della conversione gli Stati pagano tutti i debiti in moneta vecchia, stampandola; i possessori della vecchia moneta ricevono la nuova con medesimo potere d’acquisto. E il debito pregresso? Diventa un massa monetaria sterilizzabile dalla gestione delle masse 1, 2 e 3 denominate in credit. Essenzialmente è questo il processo con cui è possibile azzerare i debiti, rimborsandoli ma senza aumentare l’inflazione. Piano che ritengo realizzabile tra il 2030 e il 2035”. Carlo Pelanda ritiene che gli accordi di libero scambio (un chiaro esempio di come la formula “libero scambio” sia usata in modo fuorviante) che stanno trattando Stati Uniti, Giappone e Unione europea dovrebbero portare, in futuro, a sostituire una nuova moneta globale a quelle attuali. Fin qui non è una grande novità, e dato che si tratterebbe pur sempre di una moneta fiat, il progetto non è poi così diverso da quello del “bancor” a cui Keynes pensava 70 anni fa.

Pelanda sostiene anche che per finanziare gli ingenti investimenti che si renderanno necessari per lo sviluppo delle economie, l’enorme massa dei debiti pubblici attualmente in circolazione sia un ostacolo da rimuovere. Non voglio entrare nel merito del finanziamento pubblico degli investimenti: mi limito a osservare che si dà per scontato che in futuro ogni centesimo di debito pubblico sarebbe destinato a investimenti selezionati con una lungimiranza tale da ripagare abbondantemente i debiti. Una promessa che i fautori degli investimenti pubblici hanno sempre fatto e che non si è mai concretizzata, se non in casi eccezionali. Cosa faccia supporre a Pelanda che non si torni ad accumulare debito come negli ultimi decenni, quindi, mi sfugge.

Ciò detto, veniamo al progetto di azzeramento dei debiti pubblici attuali. In sostanza, prima di sostituire le vecchie monete con il “credit”, i debiti pubblici dovrebbero essere monetizzati. Diamo pure per scontati e non significativi i passaggi tecnici per fissare le parità tra le vecchie monete e il credit (alla fin fine, si tratterebbe di accordi per lo più politici).

Secondo Pelanda, la monetizzazione dei debiti pubblici non genererebbe inflazione (qui intesa secondo la definizione mainstream di crescita dei prezzi al consumo), perché le banche centrali sarebbero in grado di sterilizzare la mega monetizzazione. I dettagli tecnici non vengono forniti, ma posso supporre che il progetto potrebbe prevedere una sorta di Qe che abbia per oggetto gli interi debiti pubblici. Poi le banche centrali condurrebbero operazioni di sterilizzazione drenando liquidità contro titoli mediante operazioni di breve termine in via continuativa.

Posto che un effetto distorsivo ci sarebbe inevitabilmente anche sui prezzi al consumo, a prescindere dall’andamento degli indici utilizzati a livello statistico, credo che Pelanda sottovaluti enormemente gli effetti sugli asset reali e finanziari. Se già i Qe attuali hanno generato compressioni dei premi per il rischio del tutto ingiustificabili stando ai fondamentali economici (l’altra faccia della medaglia di una bolla), figuriamoci cosa produrrebbe un Qe sulla totalità dei debiti pubblici. Senza considerare che una ipotesi del genere avrebbe effetti redistributivi peggiori di qualsiasi tassa, sia a livello individuale, sia favorendo gli Stati più indebitati rispetto a quelli meno indebitati.

Soprattutto, la sterilizzazione, per essere efficace, dovrebbe sostanzialmente contrastare gli effetti che si intendono raggiungere con la monetizzazione. Ma delle due l’una: o prevale la sterilizzazione, e allora non ha senso la monetizzazione; oppure prevale la monetizzazione, e allora non c’è espediente statistico che regga per nascondere la perdita di potere d’acquisto della moneta. Il tutto, poi, per introdurre una nuova moneta e riprendere ad accumulare debito. Ah, dimenticavo: questa volta solo per investimenti produttivi, e ovviamente senza che vi sia alcun azzardo morale da parte di chi farebbe nuovi debiti dopo che i vecchi sono stati monetizzati. Come no.

Che la strategia della monetizzazione sia quella che verrà seguita (di fatto è già in corso di implementazione) non ne dubito. Dubito, invece, che la cosa venga esplicitata in quei termini. In ogni caso, il progetto di Pelanda dovrebbe essere realizzato tra il 2030 e il 2035. Molto probabilmente i nodi saranno giunti al pettine prima di quel periodo.

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