“Da tempo c’è una campagna della destra contro lo Stato come forza positiva per la soluzione dei problemi, a cui ora si è saldato il populismo. I progressisti sono identificati con l’idea di usare il governo per il bene comune, e quindi sono sotto attacco. Bisogna rispondere modernizzando lo Stato, le istituzioni e il modo di fare politica, dimostrando che l’argomento secondo cui tutti sono corrotti e quindi bisogna sfasciare tutto non risolve i problemi”. Matt Brown, già braccio destro di Tony Blair, è consigliere del consigliere di Hillary Clinton per la campagna presidenziale negli Stati Uniti. Trovo sempre divertente leggere di questi parolai che fanno i consiglieri dei consiglieri, campano fondamentalmente di tasse altrui (ancorché indirettamente) e dedicano i loro sforzi quotidiani ad abbellire lo Stato agli occhi di un crescente numero di persone insoddisfatte.
Mentre fino a qualche tempo fa il nemico era genericamente la destra, oggi non c’è discorso progressista che non tiri in ballo il populismo, che rappresenta tutto quanto di male e becero c’è in circolazione. Non che nel variegato universo di soggetti che ricadono nella definizione progressista di populismo non vi sia abbondanza di cialtroni, ma sostenere che sia colpa loro se un numero crescente di persone è insoddisfatta di quello che fa lo Stato è come prendersela con il termometro quando segnala che si ha la febbre.
Un problema non irrilevante, a mio parere, è che molti di quelli che criticano lo Stato e sono genericamente definiti populisti sono in realtà statalisti della peggior specie. Ma non è di questo che intendo occuparmi.
Quando i progressisti come questo Mr. Brown, che bene o male sono nel back office della politica da almeno due decenni, difendono lo Stato come risolutore di problemi, dimostrano di non avere contatto con la realtà. Lo Stato ha certamente risolto i loro problemi, non quelli di milioni di loro concittadini. Paradossalmente, i cosiddetti progressisti, che si sono autonominati tutori dei meno abbienti, hanno finito per porre in essere politiche che hanno fatto aumentare la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, con un trasferimento a favore dei più abbienti. Sono costoro, infatti, i principali beneficiari delle politiche monetarie ultraespansive che hanno sempre ricevuto pieno sostegno da parte dei progressisti (non solo il loro, a onor del vero).
Il fatto stesso che costoro siano convinti che i progressisti siano “identificati con l’idea di usare il governo per il bene comune” significa che non si rendono conto che questa non è altro che la percezione che loro hanno di se stessi, che evidentemente non convince più un numero crescente di persone. Ciò detto, cercare di circoscrivere il problema al populismo è riduttivo, e credo che non si tratti di una strategia vincente. Sono decenni che questi signori vanno promettendo che la soluzione è lo Stato, ma i risultati ottenuti non depongono a loro favore. La stessa “modernizzazione” dello Stato è una proposta/promessa valida per ogni stagione elettorale, ma anche quella è priva di contenuto.
Possono pure lamentarsi, ma con quel mix di vittimismo e narcisistico senso di superiorità non si rendono conto di essere sempre meno sopportabili proprio a coloro dai quali vorrebbero essere votati.
Sono dei delinquenti , né più né meno.
I sinistri, gli attuali progressisti, ai bei tempi davano del fascista e del qualunquista a chi osava esporre o perorare idee diverse dalle loro.
Oggi, essendosi evoluti ideologicamente sulla base del politically correct, li denominano e bollano come populisti.
E i populisti sono dei babbei, perché parlano senza produrre fatti concreti.
Uno sopra tutti, una stringente e diffusa protesta fiscale.