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D maio è figlio del brodo di coltura comunista

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di LUIGI FRESSOIA

Molti ridono di Di Maio frastornato come non mai, che pare destarsi e sentirsi spaesato come un passante catapultato al governo di una nazione, fosse anche di una cittadina. Facile sghignazzare ma c’è poco da ridere se andiamo a vedere il perché un simile ragazzotto senza arte né parte sia potuto diventare vicepremier, ministro degli esteri e capo del partito più grosso in parlamento.

Come sempre bisogna tornare alla storia del Pci e suoi succedanei, chiave di volta della politica italiana, poiché tutti gli altri in questi sessant’anni più di mero anti-comunismo non hanno mai saputo fare (tranne qualche conato del craxismo), quindi la comprensione della realtà passa necessariamente per l’esito del disegno egemonico comunista.

Finché il Pci ebbe il vento in poppa (1980) e anche finché non cadde il muro (1989), ragionò come forza di governo. Aveva ovviamente i suoi errori congeniti che lo avrebbero paralizzato/ucciso, ma finché i nodi non vennero al pettine (con l’89 per l’appunto), seppe avere intelligenza complessiva della società e con ciò guadagnare fiducia in strati e zone evolute della Nazione italiana. Il Pci era forte al nord molto più che al sud. Quel Pci respingeva gli estremismi dell’operaismo, dell’incipiente ambientalismo (ricordo le posizioni sul terzo valico autostradale, sull’espansione di Firenze verso Castello; i sindaci comunisti erano bravi a sviluppare le zone industriali), non ebbe ombra di atteggiamenti anti-occidentali ma molto marxisticamente rivendicava la pretesa di essere i migliori nel progresso, più bravi -più capaci di ricchezza- del capitalismo. Nessuno ha sottolineato la mutazione genetica dei primi anni ’90 o meglio dal ’94. Cosa successe in quegli anni?

Con la caduta del Muro la parola comunismo non era più presentabile e quindi anche se i duri e puri fondarono ugualmente alcun partiti comunisti, il vecchio Pci capì e si avviò ai necessari adeguamenti. Ma con mille difficoltà rimaste invitte sintetizzabili in questo: dovevano evitare a tutti i costi di riconoscere che sul piano teorico socialisti e socialdemocratici erano stati nel giusto e quindi la scissione di Livorno del ’21, come diceva il buon Pietro Nenni, fu e rimane “uno sproposito”. Non potevano accettare una cosa simile; disponibili a tutto, a ogni giravolta verso qualsiasi potentato (con una sfacciataggine che ai democristiani non sarebbe stata e non fu mai consentita), ma non si dovevano toccare i sacri lari. Questa indiscutibile esigenza fu alla base della eliminazione del Psi, Psdi e Dc, il sostituirsi ad essi e quindi il paradosso di andare al governo proprio quando la storia li aveva smentiti.

Un grandissimo guazzabuglio che è riuscito a reggere grazie al monopolio (o almeno sonante egemonia) nei mass media, nei sindacati, nelle università, soprattutto nella magistratura, Dio mio la magistratura, ove due pesi e due misure è stato ed è normale respiro. Ma a prezzo di una confusione terribile, gioco delle tre carte quotidiano.

In sintesi la bella pensata -o forse soluzione obbligata- fu ancora una volta la doppiezza togliattiana: da un lato affarismo a tutto spiano (“Ah ecco, sei il nuovo Andreotti” dissi al nostro vicesindaco che ridacchiava), dall’altro lato incredibile apertura ai rigurgiti millenaristici che allora tornarono in auge proprio per il vuoto culturale: ambientalismo antisistema (opposizione al nucleare, civetterie contro ferrovie e autostrade, perfino contro innocue prospezioni geologiche in ricerca di giacimenti), umori antindustriali, anticapitalismo teorico, solidarismo disgiunto dalla capacità di ricchezza, mitologia dei “diritti” disgiunti dalla ricchezza che costano, terzomondismo, vagheggiamenti ruralistici, odio di sé come intera civiltà occidentale. Perfino pauperismo, ma sono capaci d’assaltare il comune sol che manchi l’acqua appena mezz’ora.

“Consumismo”, ma capaci cinque minuti dopo di piangere “signora mia non si arriva alla terza settimana”. Non sto dicendo che il Pds, i Ds e il Pd si dichiararono per quei oscurantismi bensì si guardarono bene dal combatterli e soprattutto, quando nel ’94 saltò fuori l’imprevisto (Berlusconi), il panico e isteria generali portarono a civettare e incoraggiare di fatto tutti quei millenarismi. Esempio tuttora dei rifiuti: le aziende ex municipali come bancomat indefettibile dei partiti ma nel contempo rispetto rigoroso della superstizione anti-inceneritori! Mitologia della raccolta differenziata che in verità -pur dissimulata in ampi discorsi- non può che comportare anch’essa una quota di rifiuti che finisce in combustione o peggio in discarica. No al nucleare ma quando l’Urss aveva un centinaio di centrali non fiatarono mai, anzi, il Pci era favorevole e il suo professor Ippolito ne dovette pagare scotto giudiziario (similmente a Mattei insidiava i petrolieri).

Insomma dopo l’89 e col ’94 nessuno ebbe più utilità e voglia di confutare o meglio ridicolizzare gli estremisti, si preferì acclimatarsi a un colpo al cerchio e uno alla botte. Bertinotti inventò la parola “precario” come se precaria non fosse l’esistenza. Parallelamente scelta strategica del pubblico impiego e abbandono a sé della famosa classe operaia, abbandono dei famosi “ceti medi” che non fossero pubblico impiego diretto o indiretto. Inevitabile esplosione della spesa pubblica, quindi del debito, ancor più di tasse: ormai impossibilità di lavorare e produrre ricchezza. Depressione.

In questo brodo di coltura, palude, confusione, babele di linguaggi, malattia mentale, intellettuali e travestiti, non si poteva che arrivare presto al terrapiattismo, a sentimenti antitutto, contro i vaccini, contro la tecnologia, contro la velocità, contro la plastica, contro le “grandi opere” (che vorrà mai dire), contro il naturale progresso dei popoli; è colpa della Merkel, della “finanza”, del capitalismo cinico e baro; Grillo che chiama “Cancronesi” il prof. Veronesi solo perché guadagna(va) sulla cura del cancro! E di cosa dovrebbe vivere uno che fa l’oncologo? Il fornaio guadagna (fa profitto) vendendo il pane, il vinaio vendendo vino, l’oncologo curando il cancro.

Eccoci dunque alla stampante 3D che sostituisce la fabbrica, i mitili al posto dell’acciaio, il turismo al posto dell’industria (tenessero pulito almeno, quegli stronzi, che è pieno di cartacce e lattine arrugginite). E la parola “Cultura!” panacea di tutti gli ignoranti, un balletto di là, un filmaccio di qua, nessuno che studi e sudi sopra i libri. Per soprammercato si accoda perfino il papa “contro il profitto” (chissà secondo lui a cosa serve il lavoro), così tanto in favore dei poveri che di sicuro ne produrrà(nno) moltissimi. Solidarietà, mai parola più abusata, addirittura la pretesa di rovesciare in suo nome le cose più strutturali del mondo, migliorare la propria condizione, aiutare ma fino a un certo punto, la proprietà, la casa il confine, il frutto del lavoro, la ricchezza: tutto facilissimamente preda di furbi, piagnoni e parassiti, “solidarietà” la chiamano in tv.

Questa è la situazione cari amici, dopo decenni prima di comunismo classico poi di confusioni noglobal. In assenza totale di una parola liberale, che dico, di cognizione antropologica. Insomma c’è una massa di italiani ormai del tutto persi, vogliono il “lavoro” ma detestano l’impresa, maledicono le tasse ma chiedono sempre più intervento “pubblico”, chiamano sfruttamento la naturale fatica del lavoro. Fingono di non vedere che il denaro pubblico non esiste, è solo denaro degli stessi cittadini che fa un sacco di giri e i più furbi lo acchiappano con le mani. E’ così che sorte fuori un qualsiasi scugnizzo incravattato ai vertici del governo.

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1 COMMENT

  1. Ottimo articolo che condivido in pieno. L’unico punto che mi permetto di contestare riguarda: “..zone evolute della Nazione italiana”. E’ più opportuno scrivere: “….zone evolute dello Stato italiano.” In quanto il paese italiota è solo uno stato e non può essere una nazione non avendone i requisiti di base. Questo non è un dettaglio di poco conto.

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