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Dal 2000, la massa monetaria è aumentata di cinque volte. L’oro anche!

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di FRANCIS BACON

Sono costretto allo pseudonimo dalla cattiva fama che l’analisi tecnica dei mercati finanziari si porta dietro tra le persone di cultura. Tuttavia, in termini Intermarket, ideata da Michael Gayed e resa popolare da J.J. Murphy, essa può offrire un supporto visivo a chiunque e, per chi ci crede, dare anche qualche indicazione aggiuntiva sulle direzioni dei trend. Però solo la propulsione della teoria austriaca del ciclo economico (ABCT) può renderla logica e non circolare.

Inizio dunque la digressione dal motore del ciclo economico secondo la Scuola Austriaca: l’espansione monetaria operata della banca centrale (fig1). Infatti l’incremento della quantità di moneta, in forma di credito principalmente, modifica artificialmente la rete dei prezzi che si è formata nel corso degli anni e che porta al consumatore una materia prima grezza come componente trasformato di un complesso prodotto finito. Questa rete di prezzi, lunghissima nel tempo e nello spazio, è intricatissima, in continuo movimento, e, dovremmo dire, non intellegibile. Essa è preziosissima nella sua forma dinamica, ma indisturbata, perché le preferenze dei consumatori guidano le scelte di imprenditori, capitalisti, ricercatori, scienziati e di ogni operatore economico. Essa fornisce invece falsi segnali di investimento agli operatori in caso di espansione monetaria provocando il ciclo di boom and bust.

Fig.1 Incremento dell’espansione monetaria in forma di M2 del dollaro americano

Dal 2000 la massa monetaria è aumentata di cinque volte in poco più di vent’anni, con un tasso di crescita esponenziale. Il mercato più è sensibile all’espansione monetaria è una materia prima assai speciale, l’oro (fig.2), che reagisce, aumentando di prezzo in dollari.

Fig.2 Incremento dell’oro in dollari

Il prezzo dell’oro è aumentato nello stesso periodo a sua volta di cinque volte. Si notano due minimi crescenti, in divergenza con un indicatore generale delle materie prime, il CRB index, che vedremo tra poco, e una figura a triangolo simmetrico che indica continuazione del rialzo. Un indicatore complementare a questo punto dell’intermarket Analisys è il cambio euro-dollaro (fig.3)

Fig.3 Cambio euro dollaro

Si leggono chiaramente i massimi decrescenti (opposti ai minimi crescenti dell’oro), una discesa (opposta alla salita dell’oro) e una classica figura di continuazione a triangolo simmetrico, foriera di un ulteriore trend di ribasso. Tale schema conferma il trend dell’oro.

L’indice generale delle materie prime (Fig.4) ha reagito al trend di rialzo dell’oro e ribassista del dollaro con un secondo minimo più profondo del precedente, in divergenza rispetto all’oro, che l’attrae al rialzo. Questo è un segnale importante.

Fig.4 Indice generale delle materie prime CRBI

Infine, l’aumento delle materie prime causato dall’espansione monetaria, porterà alla rottura del lungo trend ribassista costante dei tassi di interesse (fig.5), causato dalla progressiva abbondanza di massa monetaria.

Fig.5 Rendimento del bond trentennale USA

Chiudiamo l’Intermarket Analysis con la classica previsione di borsa, ma depurata dell’inflazione.

Ho anche evidenziato alcuni momenti storici che aiutano a comprendere quando la possibilità di espandere moneta è stata progressivamente aumentata da provvedimenti legislativi. Si riconosce un trend secolare esponenziale che recentemente produce un flag di continuazione per la esplosione della bolla dot-com del 1999 e per la crisi del 2008, che ripristina il trend rialzista ancora in atto (Fig.6).

Fig.6 Borsa americana deflazionata

E’ lecito chiedersi se la borsa e l’economia dietro (dentro) di essa, potrà mantenere il trend rialzista nel caso i tassi d’interesse interrompessero il trend di ribasso e iniziassero a salire manifestando le distorsioni accumulate nella rete dei prezzi. Complementari all’Intermarket Analisys si presentano due popolari indicatori del surriscaldamento dei valori di borsa. Il primo (Fig.7) è il rapporto tra la capitalizzazione di borsa e gli utili di tutte le società della borsa americana. Esso è nuovamente a valori altissimi.

Figura 7 Prezzo diviso gli utili

Nel ’29, altri tempi certo, era arrivato a un massimo di 30; ai tempi delle dot-com a 44, oggi riquota 36-40.

Il secondo è il Tobin q index, che ha anch’esso a numeratore la capitalizzazione di borsa, ma al denominatore ha invece il costo di rimpiazzo di tutte le società che compongono il numeratore, numero questo calcolato direttamente dalla Federal Reserve; l’indice, elaborato per altri fini dal socialista Tobin, secondo alcuni studiosi di scuola austriaca indica quanto del rialzo è dovuto alla distorsione del ciclo economico causata dalla manipolazione della moneta.

Questo indicatore era tre deviazioni standard sopra la media ai tempi della bolla delle dot-com e oggi danza pericolosamente a valori ancora più alti.

Da questo quadro, apparentemente geometrico e matematico, si ha comunque un senso di incompletezza e di approssimazione che esigerebbe invece una meccanica assai più precisa, in modo da poter dominare anche il tempo, ma ad oggi non possediamo, popolarmente intendo, questa capacità.

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