Egregio Direttore, mi sono preso tre giorni di ferie per andare in Scozia in occasione del referendum e devo dire che ne valeva la pena; certo, quando sono partito avevo la speranza di poter festeggiare con gli amici scozzesi l’indipendenza della loro Patria, ma mi rendevo conto che le probabilità non erano tantissime. Soprattutto dopo la diffusione di quel sondaggio taroccato che dava gli “Yes” in vantaggio sul “No”: per me era chiarissimo che l’unico obiettivo di quel dato, pubblicizzato a destra e a manca, era quello di mobilitare il fronte del no fino a quel momento piuttosto freddo e sonnacchioso, cosa che puntualmente è accaduta.
Ma la cosa che più mi ha sorpreso è stata la grande partecipazione, il grande entusiasmo dei giovani indipendentisti scozzesi: sia ad Edinburgo che nelle Highlands tanti banchetti e tanti giovani che sventolavano la bandiera scozzese, altri che suonavano la classica cornamusa.
E leggendo il “Times” di venerdì 19 ho trovato conferma delle mie impressioni: secondo uno studio pubblicato nel prestigioso quotidiano (che non è il foglio degli indipendentisti…) nella fascia d’età fra i 25 e i 39 anni il 56% ha votato “Yes”, rovesciando completamente, quindi, il risultato delle urne.
E’ un dato importantissimo che fa ben sperare per il futuro: anche in Scozia, come nel Veneto, la legge naturale porterà a un cambio radicale della società; peccato che come al solito la politica italiana si dimostra in clamoroso ritardo, basta leggere il patetico parallelo proposto da Enrico Letta sul Corriere del 16 settembre fra Sarajevo 1914 ed Edinburgo 2014.
Ma il referendum scozzese passerà anche alla storia per la chiara lezione di autentica democrazia che Londra e il Regno Unito hanno dato a Roma e all’Italia: Londra ha accettato di mettersi in discussione dando il proprio consenso a un libero referendum, dimostrando chiaramente che considera gli scozzesi dei cittadini con precisi diritti; Roma boccia i due referendum proposti dal Veneto dimostrando chiaramente quanto antidemocratica sia la costituzione italiana (altro che la costituzione più bella del mondo come sostiene un noto comico italiano) dimostrando chiaramente che considera i veneti come sudditi buoni sono a lavorare e a mantenere uno stato sempre più lontano, estraneo ed ostile grazie alla rapina annua di 21 miliardi di euro (tanta è la differenza fra quanto mandiamo e quanto riceviamo da Roma).
Ma da Londra arriva anche, chiaro e forte, un altro messaggio; l’unità dello stato NON è un dogma di fede, e se quanto vale per il Regno Unito (di cui tutti conosciamo la storia, nel bene e nel male), tanto più vale per una repubblichetta come l’Italia.
Ed è una lezione che il mondo anglosassone dà, nel complesso al mondo latino: non dimentichiamo che nel Canada ci sono già stati due referendum per l’indipendenza del Quebec (1980 e 1995) e non mi sembra sia successo nulla di catastrofico…ecco Italia e Spagna dovrebbero capire che le legittime aspettative dei popoli non si possono reprimere in eterno, e conviene a tutti privilegiare un percorso democratico, secondo quel diritto all’autodeterminazione che formalmente viene riconosciuto sia dall’Italia che dalla Spagna.
Un’ultima cosa: quando spiegavo agli amici scozzesi che il Veneto lascia a Roma 21 miliardi di euro all’anno, questi mi guardavano sbigottiti ed ero costretto a scrivere la cifra su un foglio ci carta e ancora non mi credevano: per un qualsiasi europeo una situazione del genere è inaccettabile …tanti, troppi veneti accettano invece passivamente questa situazione di tipo coloniale… per quanto tempo ancora?
Ettore Beggiato
Già assessore regionale del Veneto
Dal momento che tutte le votazioni per la secessione nel mondo anglosassone sono fallite all urne non credo che esista alcuna lezione di democrazia da trarre. Volendo essere un po’ cinici, le si potrebbe interpretare semplicemente come una valvola di sfogo.