di PIETRO AGRIESTI
Nel mercato delle idee, per così dire, ci sono le stesse tentazioni che ci sono in ogni mercato. Per esempio la tentazione di non accettare la competizione e i suoi risultati, e di ricorrere a scorciatoie politiche.
È facile essere contro la censura e la propaganda e contro chi la promuove quando ad essere censurate sono le tue idee e ad essere spinte con carte false sono idee che detesti, ma quando chi comanda e chi censura la pensano molto vicino a come la pensi tu e a essere censurate sono le idee dei tuoi avversari politici, idee che tu effettivamente ritieni folli, sgangherate, irricevibili, perniciose, dannose per la società, etc…, quando a essere sostenute con incentivi, finanziamenti, obblighi, pressioni politiche, norme, etc… sono le tue idee?
È difficile essere contro la censura quando esserlo vorrebbe dire combattere per la libertà di espressione per idee e soggetti che pensi siano sbagliati e pericolosi, a discapito di idee e soggetti che pensi siano giusti e benefici. A chiunque a un certo punto verrebbe da pensare, ma perché tirarmi indietro quando posso vincere? Quando posso mettere al bando loro e le loro idee e liberamene per i prossimi cinquant’anni. Perché devo cercare di convincere, perché devo accettare la competizione, quando posso ricorrere alla coercizione e fare andare le cose come voglio che vadano?
Se si considera il tempo, nel tempo i principi del libero mercato, della proprietà privata, della competizione, della concorrenza, della libertà di associazione e dissociazione, della libertà di discriminare, etc… sono di gran lunga i più affidabili e sicuri, sono quelli che ci daranno maggiore benessere, che riusciranno a far convivere pacificamente il più alto numero di interessi, piani, bisogni, desideri, diversi, che veicoleranno comportamenti responsabili, che daranno modo alle persone di dedicarsi a ciò che gli piace anziché dover sempre mandare giù ciò che non gli piace per necessità, etc… sono i più convenienti. E sono quelli che sceglieremmo, non tutti chiaro, ma che molti sceglierebbero ragionando in modo astratto e generale.
Ma perché devo ragionare da un simile punto di vista? E nel concreto, nell’immediato, considerando il proprio singolo caso e il singolo risultato, il discorso è diverso. Per la società “non rubare” è sicuramente un buon principio, ma io personalmente starei meglio se potessi rapinare una banca senza farmi beccare. Se potessi avere un incentivo per la mia azienda. Se potessi farmi assumere come consulente politico a centocinquantamila euro all’anno. E non solo, anche ragionando altruisticamente: mettiamo io sia convinto che le opere della Liberilibri dovrebbero essere lette e e conosciute da tutti e che se questo avvenisse staremmo tutti molto meglio, mentre sono convinto che quelle delle edizioni di lotta comunista siano pericolose e che staremmo molto meglio se nessuno le leggesse.
Da sostenitore del libero mercato dovrei trovare una strategia imprenditoriale per vincere sul mercato, sarebbe il modo esemplare di battere le idee anticapitaliste di lotta comunista, ma per “realismo” se questa possibilità sul mercato non la vedo o non la so costruire, se ritengo che il gioco sia ormai troppo truccato, che i mezzi politici ormai ci siano e non se ne possa fare a meno, eccetera… perché non accettare i mezzi che ho a disposizione per raggiungere un risultato che per come la vedo io è onestamente – e sottolineo onestamente – positivo per la società nel suo complesso?
Questa tentazione, questa illusione sulla possibile efficacia della politica e della coercizione, è fortissima e molto comprensibile e non richiede affatto di avere cattive intenzioni.